di Ilaria Tortelli e Roberto Di Renzo

PennadomoPennadomo, un piccolo comune di circa 300abitanti in provincia di Chieti, è stato al centro di un contenzioso di interesse nazionale.

La vicenda giudiziaria, durata oltre due anni, ha inizio nel novembre del 2012 e ha per oggetto la corretta applicazione del regime della ineleggibilità del sindaco al terzo mandato consecutivo.

Il primo mandato del Sindaco di Pennadomo dura più di 2 anni, sei mesi e un giorno.

Più precisamente, ha inizio il 13 giugno 2004 e termine il 29 marzo 2007, con il provvedimento del Ministro dell’Interno che scioglie il Consiglio comunale e nomina il Commissario Straordinario ai sensi  del d.lgs n.267/2000.

Esaurito il periodo di commissariamento, all’esito della tornata elettorale, viene riconfermato il medesimo Sindaco che stavolta resta in carica dal 14 aprile 2008 per tutti i cinque anni di mandato.

In prossimità della scadenza di questo secondo mandato, il Sindaco chiede al Prefetto se può candidarsi per la terza volta.

Il ragionamento è il seguente.

L’art. 51, c. 2, del d.lgs n. 267/2000, prevede che “Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco non è, allo scadere del secondo mandato, immediatamente “rieleggibile” alla medesima carica (…)”.

Nel caso di specie, invece, il periodo di commissariamento del Comune, dal 29 marzo 2007 al 14 aprile 2008, avrebbe interrotto la sequenza dei mandati e non potrebbe perciò essere applicato il divieto di eleggibilità al terzo mandato consecutivo.

Il problema posto con il quesito, dunque, è sostanzialmente se il periodo di gestione commissariale, intervenuto tra il primo e il secondo mandato, abbia o meno interrotto la continuità tra detti incarichi e, di conseguenza, se ricorra o meno la fattispecie di terzo mandato consecutivo alla carica di sindaco vietato dall’art. 51, c. 2, del d.lgs n. 267/2000.

Al quesito, il Prefetto risponde negativamente richiamando il parere  del Ministero dell’Interno 15900/TU/00/51 del 23 febbraio 2008 motivato per relationem con la sentenza della Cassazione n.13181 del 5 giugno 2007.

Il Sindaco si dichiara insoddisfatto, giudicando il proprio caso “difforme” da quello richiamato nel parere del Ministero dell’Interno e conferma, pertanto, la volontà di ricandidarsi alla carica, con il dichiarato obiettivo della rielezione.

Il Prefetto rivolge alla Direzione Centrale delle Autonomie Locali del DAIT un quesito più circostanziato, senza però ottenere risposta.

A trarre d'impaccio la Prefettura e la Direzione Centrale per le Autonomie Locali è la sottocommissione elettorale di Atessa che, chiamata ad esaminare le liste, ammette la «candidatura».

Il Sindaco uscente così partecipa alle elezioni comunali del 26 e 27 maggio 2013 e viene riconfermato con il 48,40% dei voti; quindi, nella prima seduta dell’8 giugno 2013 il Consiglio Comunale delibera la convalida degli eletti e concede il definitivo via libera all’insediamento del Primo Cittadino.

A questo punto il Prefetto chiede all'Avvocatura dello Stato di valutare “la possibilità di promuovere l'azione di decadenza del sindaco” il quale “potrebbe essere incorso nella fattispecie  del divieto di terzo mandato, ai sensi dell'articolo 51 del Tuel".

Sul punto l’Avvocatura si esprime nel senso che nel caso specifico l'«ineleggibilità» del sindaco deve essere esclusa “in quanto tra i due mandati è intervenuta una gestione commissariale che deve ritenersi utile a interrompere la continuità dei mandati richiesti ai fini della disposizione in esame”.

Nel frattempo, due Consiglieri di opposizione promuovono una azione popolare presso il Tribunale civile di Lanciano con cui chiedono “dichiararsi la «ineleggibilità» del sindaco di Pennadomo”.

Il Tribunale di Lanciano però rigetta il ricorso e convalida l'elezione del Sindaco.

L’ordinanza si basa sul principio che la limitazione al diritto di elettorato passivo prevista dalla norma ha carattere eccezionale e, nel dubbio, va interpretata in senso favorevole all’eletto.

Nella motivazione, il Tribunale cita anche la sentenza n.13181 della Cassazione del 5 giugno 2007 e il parere del Ministero del 23 febbraio 2008 per escludere la consecutività dei due mandati elettorali, intervallati da una gestione commissariale, in quanto anche in questo caso verrebbe meno il motivo che fa presumere l’esistenza di un vantaggio per il Sindaco ricandidato.

I due Consiglieri di opposizione però insistono presentando ricorso alla Corte d’ Appello de l’Aquila.

Con la sentenza dell’8 aprile 2014, la Corte ribalta completamente la decisione del Tribunale di Lanciano.

A tal fine sostiene che il contenuto precettivo dell’art. 51, c. 2, del d.lgs n. 267/2000 è di porre una causa tipizzata(elezioni e non commissariamento) preclusiva della eleggibilità e non già della candidabilità.

La norma, infatti, parla di successione di mandati, non di continuità dell’espletamento delle funzioni pubbliche.

Insomma, per la Corte di Appello è necessario e sufficiente attenersi al computo dei giorni in cui il sindaco è rimasto in carica.

Il Prefetto di Chieti, quindi, avvia subito le procedure per lo scioglimento del Consiglio Comunale inoltrando la richiesta al Ministero dell’Interno.

A questo punto, i legali dei due Consiglieri ricorrenti chiedono alla Prefettura e al D.A.I.T.-Direzione Centrale delle Autonomie locali l’immediato commissariamento del Comune, citando la sentenza della VI Sezione del Consiglio di Stato del 9 ottobre 2007 n. 5309 e una circolare del 2007 del Ministero dell’Interno in cui si afferma che la permanenza  del Consiglio e della Giunta in regime di prorogatio sino alle nuove elezioni e la sostituzione del Sindaco con il suo vice, a seguito di una competizione elettorale definita «non genuina», “non rappresentano una adeguata risposta a una situazione di chiara, consapevole illegalità, rappresentata dalla violazione del divieto di elezione al terzo mandato”.

Il D.A.I.T.-Direzione Centrale delle Autonomie locali risponde al Prefetto di Chieti, richiamando il parere n. 1392 del 22 maggio 2002 con cui il Consiglio di Stato afferma che “solo la sentenza passata in giudicato o la sentenza di ultima istanza determina un accertamento definitivo della decadenza”.

Quindi occorre attendere, ove richiesto,  il definitivo pronunciamento della Corte di Cassazione.

“Nel frattempo  – ricorda la Direzione delle Autonomie – l’efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado con la quale il sindaco è stato dichiarato decaduto dalla carica comporta l’affidamento delle funzioni sindacali al vice sindaco”.

I legali del Sindaco dichiarato decaduto ricorrono intanto alla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione che, nel respingere il ricorso con un giudizio piuttosto severo nei confronti del Sindaco illegittimamente eletto nel 2013, conferma in pieno la sentenza della Corte d’Appello.

Secondo la Corte, il computo temporale dei due mandati, da considerare interi nel caso di specie, esclude l’applicabilità della eccezione al limite del terzo mandato introdotta dal comma e dell’art.51.

La ratio della norma – ribadisce la Suprema Corte – è di “evitare l'alterazione della par conditio alle elezioni successive alla seconda e le rendite di posizione nelle funzioni di governo locale”(v. Cass. n. 7949/2013). Rispetto a questa ratio, è evidente che la possibilità che durante uno dei mandati vi sia stata una gestione commissariale non incide sull'operatività della norma”.

Con questa sentenza definitiva i legali dei Consiglieri ricorrenti tornano a chiedere  al Ministero dell’Interno lo scioglimento del Consiglio comunale e la nomina di un Commissario prefettizio per la gestione del Comune  fino alle elezioni.

Il 9 giugno 2015 il Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell’Interno, scioglie il Consiglio Comunale di Pennadomo.

Il provvedimento, però, è assunto ai sensi del comma 1, dell'art. 53, del d.lgs n. 267/2000 che cita testualmente: “In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la Giunta decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente”.

La sentenza della Corte di Cassazione, che ha definitivamente chiuso la vicenda giudiziaria in esame, ha ribadito che l’art. 51 T.U.E.L. è una norma che limita il diritto di elettorato passivo e non è suscettibile di applicazioni analogiche.

Pertanto, la gestione commissariale non può ritenersi utile a interrompere la continuità dei mandati.

Inoltre con l’approvazione, il 3 aprile 2014, del ddl Delrio, il limite del terzo mandato per i Comuni sotto ai 3mila abitanti(circa 4550) è stato abolito.

Il rischio di un altro «caso Pennadomo» è quindi ormai superato, ma può comunque costituire un utile spunto per la formulazione di riflessioni de iure condendo.

Infatti la vicenda giudiziaria di Pennadomo potrebbe portare a un chiarimento definitivo anche per gli altri 3500comuni, superiori ai 3mila abitanti, per i quali, continuando ad applicarsi il divieto del terzo mandato, si potrebbero riproporre problemi interpretativi della normativa in vigore.