di Leopoldo Falco

toto_riinaCommissario antimafia a Salemi, sono stato più volte invitato nelle scuole per confrontarmi con gli studenti su temi istituzionali, quali la legalità e l’antimafia.

In uno di questi incontri, nel quale i ragazzi esprimevano con canti, musica e poesie, nella libertà e immediatezza dei loro 14-18 anni, la speranza in un futuro migliore, nel rispetto dei valori della legalità, e il loro amore per gli eroi antimafia, Falcone e Borsellino su tutti, fu esibito un cartellone raffigurante la Sicilia colorata per metà in bianco e per l’altra in nero: nella parte bianca erano inseriti i ritratti dei paladini della legalità; nell’altra, a comporre due squadre avversarie, quelli di boss mafiosi.

Mi complimentai per quanto rappresentato, che apriva il cuore alla speranza, perché quei ragazzi operavano una scelta di campo netta.

Osservai però che, se era normale che dei giovani vedessero nella realtà un bianco e un nero, non condividevo quella raffigurazione bicolore, in quanto quel bianco aveva una espansione minore di quella rappresentata e il nero, per fortuna, una ancora più limitata; mentre invece l’area più ampia, centrale e degradante verso l’uno e l’altro colore, aveva un colore diverso e triste, espressione di mediocrità: il grigio.

E il “nostro” compito era quello di far divenire bianco prima il grigio tenue, rappresentativo di coloro ai quali manca un po’ di coraggio e di fiducia per operare una netta scelta di legalità; per poi intaccare il grigio più scuro, sino ad isolare ed eliminare il nero. Perché la lotta alla mafia è soprattutto culturale e si vince operando, tutti insieme, scelte di campo nette come facevano loro, quei ragazzi,  che avevano scelto il campo bianco.

Mi è ritornata alla mente questa vicenda quando, da Prefetto di Trapani, ho firmato una interdittiva antimafia nei confronti di un imprenditore che aveva tra i propri dipendenti la figlia di Gaetano Riina, mafioso e fratello del noto Totò Riina.

Il provvedimento, poi impugnato al TAR sia dall’imprenditore che dalla Riina, evidenziava nelle motivazioni che era da ritenersi inquietante la presenza di una stretta parente di un boss in una impresa che aspirava a un riconoscimento di legalità da parte dello Stato, in quanto vi era “il fondato sospetto” di compiacenze nei confronti della famiglia.

L’imprenditore in questione, oltre ad adire le vie legali, ha licenziato la Riina, evidenziando che lo si costringeva a danneggiare una incensurata: la polemica, anche poco condivisa dalla opinione pubblica, è comunque proseguita sino a suscitare l’interesse della redazione delle “Iene” che, dopo una telefonata nella quale sono state fornite esaurienti informazioni, ha chiesto una intervista televisiva.

Ho osservato che le valutazioni relative alle certificazioni antimafia e alla iscrizione alla white list sono sempre delicate, e sono attenzionate con il massimo scrupolo…; che in contesti difficili quali quello trapanese vi è necessità, anche a tutela degli imprenditori onesti che pagano spesso a duro prezzo la scelta di legalità operata, di operare scelte rigorose…; che i Prefetti si assumono la responsabilità di decisioni difficili e spesso scomode rispondendo di eventuali errori, come recenti avvenimenti dimostrano…; per cui declinavo l’invito, non condividendo l’attenzione mediatica che si dava a una vicenda nella quale si asserivano verità solo presunte e si poneva quale parte lesa chi era tutto da dimostrare lo fosse…

Ma “Le Iene” non demordono e dopo qualche giorno l’inviato Giulio Golia si presenta in Prefettura rinnovando la richiesta di intervista televisiva. Invitandoli a lasciare spenti microfoni e telecamere, li ho ricevuti e ho delineato il contesto nel quale lavoriamo, evidenziando che il destinatario della misura era l’imprenditore e che la motivazione si incentrava sui suoi rapporti con la famiglia Riina.

Che quindi il licenziamento della Riina, da lui artatamente disposto, impropriamente spostava la attenzione su un personaggio incensurato ma terzo, mentre il focus andava mantenuto sul fondato sospetto che il destinatario della interdittiva fosse in rapporti di affari o di collusione con i fratelli Riina.

Hanno ascoltato, ma interessati a una diversa prospettazione della vicenda, hanno ribadito la richiesta di intervista televisiva, che ho di nuovo declinato… e dichiarato che avrebbero tentato di “prendersi” l’intervista…

Successivamente, il TAR di Palermo ha deliberato la sospensiva della interdittiva ritenendola adottata con motivazione fondata sul solo legame parentale, rinviando l’esame del merito.

E “Le Iene” sono tornate, presentandosi alla conferenza-stampa che svolgo mensilmente sui temi del territorio.

In apertura ho preannunciato che non avrei trattato un unico argomento, la cd. “vicenda Riina”, né consentito l’utilizzo di telecamere.

Golia ha partecipato, anche attivamente, alla disamina dei diversi temi: nel finale ha però cercato, anche attivando le telecamere, di strapparmi dei commenti sulla predetta vicenda,  ottenendo una serie di no comment.

Il servizio è poi andato in onda, proponendo una prima intervista alla Riina, che si è dichiarata incensurata, estranea alle attività del padre e dello zio e vittima di cattiveria gratuita; una seconda all’imprenditore destinatario della misura che, col volto celato, ha affermato di aver conosciuto la Riina sulla spiaggia, di averla assunta per simpatia e di non conoscere gli ingombranti parenti; il sottoscritto veniva inquadrato infine mentre ribadiva il suo no comment sulla vicenda.

I toni usati sono stati rispettosi, non sono state impropriamente estrapolate frasi dal colloquio avuto a microfoni spenti; le domande rivolte alla Riina(come hai comprato questa bella casa con uno stipendio di 800euro? Facendo un mutuo… Hai interrotto ogni rapporto  con tuo padre? No, è sempre mio padre…) hanno almeno indotto sospetti sulla dichiarata irreprensibilità…

Non è stata resa adeguata informazione, tutt’altro, non è certo gratificante per chi crede e si impegna nella comunicazione dovere esprimere una serie di no comment, ma si è obbligati alla prudenza laddove le circostanze lo richiedano… confidando sulla maturità e fiducia dello spettatore nelle Istituzioni…

Alcune riflessioni.

La attività in questione è delicata in quanto è “misura preventiva di massima anticipazione” e comporta decisioni fondate su elementi che spesso attestano zone di ombra più che comprovate commistioni. E le interdittive e i dinieghi possono provocare contenziosi e la ostilità di soggetti spesso influenti e sempre interessati alla tutela della propria immagine, nonché abili a celare complicità e giochi di potere.

Siamo chiamati a distinguere “il bianco” dal “grigio” in un contesto spesso incerto e caratterizzato da una frequente resistenza alla azione di legalità, nel quale è difficile distinguere la sola difficoltà culturale a rispettare le regole da commistioni e interessi…

E chi vuole che nulla cambi trasformerà quella passività in manifesta ostilità nei confronti di chi “si dà troppo da fare” per sovvertire equilibri che devono rimanere immutati…

Dobbiamo crederci: un rappresentante di Libera ha di recente dichiarato che due secoli di mafia in Sicilia sono nulla rispetto a una storia millenaria…, che tutto, anche la mafia, come inizia è destinato a finire…, che 5000 mafiosi non possono continuare a condizionare la vita di 5milioni di siciliani onesti che vogliono affrancarsi da questa piaga…

Penso ai tanti ragazzi che hanno operato una scelta di campo netta, anche attiva, impegnandosi nelle associazioni antimafia che operano sul territorio: per loro, per il futuro di questa terra, si deve incidere soprattutto su quel “grigio”, utilizzando tutti gli strumenti, e le collaborazioni, a disposizione.

Anche guardando il mondo con gli occhi puliti di quegli studenti che il grigio non riescono a vederlo.