di Maurizio Guaitoli

macigno_cottarelli"Il Macigno"… che vien giù dalla Montagna del Debito Pubblico.

Nel libro dal titolo omonimo, per le Edizioni Feltrinelli-Serie Bianca, il Prof. Carlo Cottarelli ci parla del dinosauro dell'indebitamento pubblico che lui conosce molto bene, essendo stato Direttore del Dipartimento Affari Fiscali del FMI e Commissario straordinario per la Revisione della spesa pubblica durante il Governo Letta. Di facile lettura, il libro – confezionato in modo chiaro e lineare a beneficio di una categoria molto ampia di lettori non specializzati – dimostra come l'indebitamento produca danni sensibili all'economia, facendo mancare le necessarie risorse per gli investimenti privati destinati all'aumento della produzione e, quindi, alla crescita del Pil nominale.

L'opera è un vero regalo per il cittadino comune, in quanto lo mette in grado di orientarsi con facilità all'interno di fenomeni macroeconomici piuttosto complessi, rivelandosi come un piccolo manuale universale – con annesso, dettagliato ricettario – per muoversi nelle politiche fiscali e monetarie dei singoli Stati e in quelle dell'Unione Europea. Preziosissima è, tra l'altro, la ricostruzione storica – per quanto riguarda l'Italia – di come si sia giunti all'attuale, insidioso valore del 133% nel rapporto Debito Pubblico/Pil.

Così, veniamo a sapere che negli anni ‘50 e ‘60 il nostro Debito sul Pil era pari al 25%, mentre dagli anni ‘60 in poi il rapporto cresce più del doppio e la conseguente prassi governativa di prendere a prestito il denaro da Bankitalia provoca una impennata dell'inflazione per eccesso di moneta. Nel decennio successivo è il notevole aumento delle spese per indennità e pensioni a far salire drammaticamente l'indebitamento pubblico. A partire dagli anni ‘80, il venire meno del supporto monetario di Bankitalia costringe lo Stato a indebitarsi con i mercati finanziari e, in assenza di un consistente aumento delle entrate, negli anni ‘90 il debito sale dal 60% al 120% del Pil. Poi, arrivano puntuali le crisi monetarie e finanziarie. La prima, nel 1992, è affrontata con un forte inasprimento della pressione fiscale contemperato da un contenuto taglio delle spese. La crisi del 2008 vede l'asticella fissata al 100% del rapporto tra Debito e Pil e un netto peggioramento dei conti pubblici a partire da quella data. "Il Macigno" italiano è, in particolare, rappresentato dal servizio sul debito, che impone allo Stato il pagamento di 80miliardi di interessi all'anno.

Cottarelli si sofferma in più riprese sui possibili rimedi, sulla loro efficacia sempre relativa e parziale e mai risolutiva, perché gli attori e le variabili in gioco sono molteplici e assoggettati a forti fluttuazioni. I mercati finanziari, infatti, sono come belve che fiutano l'aria e hanno orecchie di elefante per scoprire quei comportamenti pubblici fraudolenti, che spacciano politiche keynesiane di spesa di medio-lungo periodo per tendenze estemporanee e contingenti. E le soluzioni più pericolose sono proprio quelle rappresentate dalle false scorciatoie, che non possono funzionare per definizione. L'utopia più frequentata(sopratutto dai leader populisti) è l'uscita dall'euro di cui, certo, si può discutere. Ma, da esperto, Cottarelli mostra come gli svantaggi di questo auspicato ritorno alla Lira siano ben maggiori della riconquistata libertà di stampare moneta in una valuta che, per come stanno attualmente le cose in Italia, aumenterebbe notevolmente il rischio per gli investitori internazionali(che chiederebbero un ulteriore premio, facendo così lievitare i tassi di interesse!) di essere ripagati con… carta straccia, creando per di più una inflazione a due cifre.

E a chi sostiene che l'abbandono dell'euro favorisca la crescita, Cottarelli cita le statistiche che vedono gli altri Paesi dell'area euro in crescita, mentre l'Italia è rimasta ferma in questo ultimo decennio semplicemente perché ha accumulato un tasso di competitività più basso. Controprova del tutto è la Spagna, che ha sfruttato le politiche di austerità e i bassi tassi di interesse per tornare a crescere. L'altra soluzione drastica per la riduzione del debito è la sua cancellazione totale o parziale, del tipo: hai investito 100 e te ne restituisco 50. Il che andrebbe quasi bene se i creditori fossero tutti esteri(anche se, poi, subentrerebbe un tremendo problema di credibilità internazionale), ma non se i 2/3 del debito è detenuto dagli italiani stessi. In questo caso, infatti, il ripudio è una tassa su coloro che hanno investito sul proprio debito pubblico.

Terza ipotesi alternativa di frantumazione del "Macigno": lo Sharing Burden, ovvero tutti gli altri Paesi dell'area euro si fanno garanti del debito pubblico italiano. Pia illusione, in un momento in cui la stessa idea dell'Europa e i crescenti egoismi nazionali vanno in direzione esattamente opposta a quella della condivisione delle responsabilità! Del resto, nota Cottarelli, gli Stati federali non rispondono dei debiti contratti dagli Stati membri, come accade negli Usa e in Germania.

Idem per la quarta opzione: la vendita di asset pubblici. Non può funzionare nemmeno così, dato che stime ottimistiche ci dicono che nell'arco di 10/15 anni si può arrivare al 15% del Pil, quando servirebbe il 70%!

In conclusione: mai esagerare con l'austerità come visione morale dell'economia. L'Austerity va somministrata con moderazione e affiancata da politiche strutturali. Basterà, ad es. mantenere invariata in termini reali e per 3/4 anni la spesa delle PP.AA.. L'attuale deficit pubblico dal 2,4 deve essere azzerato, congelando la spesa in termini reali, in modo che il debito non cambi più e il Pil continui a aumentare nel tempo, anche se ci vorrà qualche anno per arrivare al 70%. L'importante è che lo Stato non spenda ciò che nel frattempo entrerà in più, perché la vera soluzione dei nostri problemi di bilancio è il congelamento della spesa.

Sul tema degli sprechi e del taglio della spesa pubblica rimane da quantificare il superfluo, tenuto conto che dal 2009 al 2014 la spesa stessa è aumentata solo del 5%. Secondo Cottarelli la si può ridurre ancora almeno del 2% senza fare cose drammatiche. L'importante è innescare un circolo virtuoso, ricordandosi che, storicamente, il pareggio di bilancio è stato possibile solo nel 1876 e 1877. Quindi, solo due anni su 155, dall'Unità d'Italia in poi!

C'è un messaggio positivo che si ricava dalla lettura del libro: il debito pubblico non si restituisce ma va riportato nei limiti fisiologici richiesti dai Trattati attraverso una reale crescita economica. Più debito può anche far bene all'economia, però… attenzione ai tassi bassi che danno speranze illusorie! Tra l'altro, c'è la grande incognita del “dopo-Draghi” nella gestione dell'euro e, quindi, nelle politiche monetarie di sostegno dei Paesi con un elevato indebitamento pubblico strutturale. Nota di costume: è sbagliato parlare di complotto contro l'Italia e il suo debito pubblico essendo più corretto – per quanto riguarda gli investitori internazionali – accennare a una loro insufficiente informazione.

In tal senso, è bene ricordare che esiste un debito esplicito connesso al rinnovo dei vari titoli in scadenza, mentre per debito implicito si deve intendere quello riferito alla spesa pensionistica che, invece, può essere azzerato. Ma, in definitiva, la morale che si ricava dalla lettura complessiva de "Il Macigno" è l'esistenza di un peso reputazionale sul debito(gli investitori internazionali sono interessati ai trend reali – sul medio periodo – delle politiche governative di rientro dal debito), tenendo pur sempre fermo il concetto che Paesi con debito elevato costituiscono, obiettivamente, una minaccia per la stabilità del mondo.

Mi fermo qui.

L'ottimo libro di Cottarelli(spiegato con esempi contabili al limite della semplificazione necessaria a far capire le cose alla… casalinga di Voghera) è una vera miniera d'oro su cui vale la pena di soffermarsi a lungo e ritornare più volte sui passaggi chiave.