di Maurizio Guaitoli

Amarcord!

mani_puliteSì, certo che mi ricordo di quegli anni ruggenti del 1992 e più ancora del 1994, quando la semplice minaccia di dimissioni del pool di Mani Pulite fece fare al governo Berlusconi una repentina marcia indietro sul decreto Biondi, gentilmente denominato "salvaladri", in cui si aboliva la custodia cautelare, allora mantenuta soltanto in previsione di reati gravissimi(omicidio e crimine organizzato).

Con quel provvedimento, si intendevano evitare gli innumerevoli casi di… "manette d'argento"(il 17 febbraio scorso si è, infatti, celebrato il venticinquennale di Mani Pulite), che colpirono molte persone incensurate le cui accuse caddero ancora prima del rinvio a giudizio, rovinando comunque la reputazione di non pochi uomini pubblici. In quel fatidico ‘92, mi trovai a scrivere un saggio sulla società “faxista” dell’epoca, in cui analizzavo l’impatto straordinario che avevano avuto decine di migliaia di testimonianze inviate, per l’appunto, via fax, da persone assolutamente comuni all’indirizzo di politici di governo e parlamentari, per offrire un sostegno documentale e popolare alle iniziative di Mani Pulite.

Dopo un quarto di secolo, a che punto siamo?

Regrediti. Alla grande, peraltro, stando alle statistiche di quanto pesa la corruzione in rapporto al Pil.

Del resto, difficile sbagliare: si veda qual è stata la crescita da allora del deficit pubblico e si faccia un rapido conto dei valori assoluti in gioco, ragionando sul fatto che il tasso di corruzione in Italia è circa direttamente proporzionale ai flussi di spesa pubblica, per appalti e assistenza sanitaria.

Tra l'altro, fa notare “Torquemada” Davigo(che dice, però, sacrosante verità. Certo, come Presidente di una corporazione, questo è vero…) nel suo ultimo libro, la statistica italiana di coloro che sono finiti in galera per corruzione è inferiore ai numeri della Finlandia, Paese virtuosissimo in materia di legalità!

Ma c'è un "ma" fortemente peggiorativo.

E mi spiego ricorrendo alla parabola evangelica di Primo Greganti.

Per molti di voi giovani, forse, un quisque de populo.

Un eroe, invece, eroe per vecchi lupi di mare come Occhetto e D'Alema.

Greganti aveva le chiavi delle casseforti di Pci/Pds e, quindi, conosceva bene le fonti occulte di finanziamento dei comunisti storici, che non hanno mai mangiato bambini ma macinato rubli e dollari questo sì.

Il nostro uomo si fece la galera senza fiatare.

Compagno omertoso per ideologia e fede politica sino in fondo, dunque. Tanto più che tutti gli altri suoi pari del Psi e della Dc avevano cantato alla grande nel confessionale dipietrino. Di quell'epoca rimase scolpito a fuoco il discorso nudo e crudo di Craxi in Parlamento, del “così  fan  tutti…  e, suvvia, non fate le verginelle!”. Si noti che, allora, le famose bustarelle transitavano e venivano, in un certo senso, autorizzate dalle tre grandi… “Chiese” per finire nelle casse dei relativi Partiti, mentre oggi invece gli enormi flussi corruttivi di denaro pubblico vengono dispersi in una miriade di rivoli, sia individuali sia gestiti da ristretti clan locali. Quindi, per un aggiornamento dei metodi del pool milanese del 1992 occorrerebbe moltiplicare per cento, anzi permille lo spazio disponibile nelle patrie galere. Ma, nessun miglioramento, anzi un vero disastro, ha fatto seguito alla subito tramontata democrazia dal basso, adombrata allora dalla società faxista. L'era dei social, di twitter e di facebook ha ribattezzato in opinionisti e leaderini centinaia di milioni di persone, alzando senza limiti il livello di litigiosità, di faking-news, di settarietà, di prassi diffamatorie e calunniose sostanzialmente impunibili, grazie a trolls, falsi profili e similaria.

Oggi, per di più, anche i responsabili di governo e religiosi(tra gli altri: Renzi, Trump, Papa Francesco) propalano i loro programmi e proclami nello spazio famoso dei 140 caratteri, raggiungendo molti milioni di follower  in  modo  da  dialogare  direttamente con il famoso "popolo". Che, però, anche così non decide un bel nulla se non si convoca da solo in piazza, come in Romania e in Turchia.

Società fluida, dicono… ma tacciono sulla qualità e la composizione del… fluido.

E, voi, ce l'avreste il nome giusto per questo? Quindi, non sarà mica una moda questo del "Tutti contro Renzi"? Qualcuno sogna qualcosa di simile alla sua eliminazione non soltanto… politica?

Allora, fate attenzione: gli italiani votano anche a dispetto, meglio ricordarselo.

Soprattutto, poi, se il fiorentino – da bravo tribuno – dovesse accelerare sulla sacrosanta critica all'establishment, sottraendo ossigeno a M5S e agli eredi di Occhetto. E lo potrebbe fare prendendo spunto intellettuale da una accorta rilettura del recente libro di Federico Rampini, sul tradimento e le menzogne delle élite filo-Clinton e Bremain, che hanno portato alla vittoria di Trump e dato corda lunga ai populismi europei anti-Ue e ai sovranisti di casa nostra.

Un'altra balla stratosferica è rappresentata dal calo degli iscritti al Pd, del cui allontanamento sembra non abbia risentito in nulla il voto del 4 dicembre, visto che nei numeri il 40% pro-Matteo delle scorse europee è stato riconfermato dalla recente occasione referendaria.

Ma mi viene da dire anche un'altra cosa:

e se Renzi guardasse a Shultz?

Che, poi, sarebbe l'immagine speculare italiana di se stesso.

Come si spiega la sua risalita ai vertici del gradimento pre-elettorale dei tedeschi, in base agli eterni, tirannici sondaggi che poco spiegano e mal ci azzeccano? Con la giustificazione, forse, di un errore di apprezzamento?

Tutte domande, per ora, senza risposta. Suggerirei una visione controcorrente delle cose italiane, in materia di scissione del Pd. Anche una persona digiuna di storia partitica, guardando agli ultimi 40anni di litigi interni alla sinistra può serenamente arrivare alla seguente conclusione: tutti i rami staccatisi dal tronco principale si sono gradualmente ma inesorabilmente seccati nel tempo. E questo per due ottimi motivi.

Il primo è anagrafico: l'invecchiamento sia dei dirigenti scissionisti, già in avanti con gli anni, sia dei loro elettori storici.

Il secondo, invece, riguarda l'offerta politica: all'infuori della pura demagogia nostalgica, nessuno, ma proprio nessuno dei "separatisti" ha saputo né proporre  alle giovani  generazioni  qualcosa di  diverso  dal welfare pauperista dello Stato-Provvidenza sovietico, né formulare soluzioni originali in materia di nuova occupazione, a seguito dell’avvento della globalizzazione e della finanziarizzazione dei mercati internazionali, per cui il motore economico si è spostato dal lavoro alla automazione e al denaro fine a se stesso. Il tutto, acuito dalla rinuncia alla sovranità della moneta nazionale e, soprattutto, dalla introduzione via Trattati di vincoli di bilancio e monetari gestiti arcignamente dagli eurocrati di Bruxelles   e da Francoforte.

Facile predizione, quindi: finiranno ben presto Bersani, D'Alema, Pisapia, Vendola, Emiliano, etc., nel calderone delle fabbriche di bolle di sapone decretate dalla Storia("S" maiuscola!). Anche perché di populismo neocomunista nessuno sente un gran bisogno, essendoci oggi in campo attori ben più rodati: a destra i sovranisti; a sinistra(?) M5S e il suo reddito di cittadinanza che, detto per inciso, per stare in piedi con i suoi circa 20miliardi di euro all’anno, necessiterebbe di un rapido ritorno all'antico e spregiudicato… deficit spending.

In cambio di che cosa?

Di ulteriore debito pubblico che nessun investitore internazionale sarà interessato a pagare. Visto che simili iniziative demagogiche presuppongono l’uscita dall'Euro e la denuncia unilaterale dei Trattati europei. Né i nazionalismi incombenti possono sperare di incontrare il favore di Trump, spostando tutto l'interesse su accordi e trattati bilaterali di libero scambio.

Con quale forza lo potrebbero fare da soli, Italia e Francia?

E qui prende corpo l'altro mistero.

Ipotizzato in futuro il ritorno a un sistema di dazi e protezionismo di vario genere, in presenza di barriere doganali di nuovo diffuse e di svalutazioni competitive, noi italiani che cosa ce ne faremmo, se il ritorno degli impianti ad alta densità di manodopera oggi dislocati in Asia presuppongono salari operai pari a un quinto di quelli attuali?

Per salvarci dalla guerra commerciale e tariffaria a tutto campo avremmo "già" dovuto realizzare da decenni una Silicon Valley italiana capace di produrre lo stesso Pil dei tempi della nostra seconda industrializzazione, Fiat e Iri in testa a tutti.

Quindi, una nuovissima socialdemocrazia(renziana?) o un liberalismo conservatore(vagamente trumpiano, ma più significativamente thatcheriano) potrebbero, forse, trovare la chiave della rinascita della fiducia nei Partiti.

Non certo gli zombie già bruciati dalla Storia.