di Antonio Corona*

È  stato in ogni dove autorevolmente e solennemente affermato e ribadito che la minaccia terroristica non avrebbe cambiato e non cambierà il nostro stile di vita.

Ci riusciranno i fatti di piazza San Carlo a Torino?

Ricapitolando:

  • il telex del M.I.-Dip. P.S. n. 555/OP/0001991/2017/1 del 7 giugno 2017, nel fare salve le competenze degli organismi previsti dalle rispettive normative di settore, si sofferma su aspetti di safety e security e afferenti prescrizioni;
  • la lettera del M.I.-Dip. VV.F.-Soccorso pubblico e Difesa civile n. Staffcadip 0011464 del 19 giugno 2017 tra l’altro individua, in prima istanza, in quello che regola l’attività delle Commissioni provinciali e comunali di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo, il quadro normativo di riferimento riguardo le misure da applicare ai singoli eventi e per la valutazione della sussistenza o meno delle necessarie condizioni di sicurezza;
  • la nota del M.I.-Gabinetto del Ministro n. 11001/110(10) Uff. II-Ord. Sic. Pub. del 28 luglio 2017, stabilisce il coinvolgimento del C.P.O.S.P. a opera:
  • del Questore, per tutti gli eventi ex 18 T.U.L.P.S. – conferenti un semplice onere di preavviso in capo agli organizzatori – che implichino un innalzamento del livello di rischio tale da imporre una valutazione coordinata e integrata delle autorità preposte;
  • con relazione alla Prefettura, della Commissione comunale o provinciale di vigilanza di pubblico spettacolo, all’uopo interessata dall’ufficio comunale competente per il rilascio delle licenze ex 68 T.U.L.P.S., per le manifestazioni di pubblico spettacolo che possano comportare una elevazione, anche solo potenziale, del livello di rischio per i partecipanti o più in generale per la popolazione.

In ambito art. 68 T.U.L.P.S., strategico è il ruolo assolto dalle Commissioni di vigilanza.

Tuttavia.

Oltre alle manifestazioni in luogo pubblico(piazze, strade cittadine, parchi pubblici, ecc.) soggette al cennato, mero onere di preavviso al Questore ai sensi dell’art. 18 T.U.L.P.S., vi sono casi nei quali, a normativa vigente, non sia necessaria la loro convocazione.

Ovvero, per:

  1. a) locali, impianti, eventi di pubblico spettacolo con presenze inferiori alle duecento persone;
  2. b) manifestazioni pubbliche in area all’aperto non recintata e priva di attrezzature destinate allo stazionamento del pubblico.

Viene logicamente da desumere che, ai fini qui di interesse e in via di principio, ciò sia dovuto in definitiva alla circostanza che per il “normatore”, per convinzione o convenzione, le manifestazioni riconducibili a siffatte tipologie non costituiscano, in sé, situazioni di potenziale pericolo per quanti di partecipino.

Ergo, le Commissioni, a che pro?

Tranne nella ipotesi sub a), ciò pure a prescindere da una significativa, prevedibile affluenza di persone.

Almeno, si soggiunge, sotto il profilo della safety.

Tanto che, al netto di sempre possibili, future novelle e sempre in linea di principio, pare potersi ipotizzare che, per eventi di tal fatta, la corrente disciplina non abbia ravvisato l’esigenza di regimi e prescrizioni ad hoc, se non semplicemente certificative(es., di corretto montaggio del palco).

D’altronde, ove invece si ritenessero comunque e in ogni caso applicabili in via ordinaria anche a tali eventi misure similari(v., supra, lettera M.I.-Dip. VV.F.), se non persino ulteriori, a quelle rientranti nella pertinenza delle Commissioni di vigilanza, occorrerebbe però porre previamente in essere le condizioni per la loro attuazione.

Con riguardo, per esempio, alle manifestazioni pubbliche sub b): innanzitutto… recintando l’area interessata(!).

Sarà forse un limite di chi scrive, ma non si comprende come potrebbero altrimenti essere realizzati vie di fuga, corridoi per i mezzi di soccorso, contingentazione del numero delle persone partecipanti nei limiti consentiti dalla capienza del luogo, ecc..

Un vero e proprio paradosso.

Insomma, in nome della “sicurezza”, si finirebbe con il rendere di per sé insidioso un evento in origine non considerabile tale(!!).

Ancor più – sembra ragionevole asserire – se dal dato storico dello svolgimento di analoghe, precedenti manifestazioni, non si evidenziassero motivi particolari di apprensione.

Viceversa, è anche nelle circostanze in esame(riconducibili all’art. 18 nonché, per analogia, all’art. 68 T.U.L.P.S. nei casi, giova ripetere, di non convocazione delle Commissioni di vigilanza) che:

  • ove siffatti motivi possano fondatamente sussistere(quando si ritenga prevedibile, per esempio, la consumazione di atti di violenza di qualsiasi genere e matrice in una determinata occasione);
  • su iniziativa del Questore, nell’ambito delle relative competenze istituzionali,

il C.P.O.S.P. andrà tempestivamente coinvolto per le valutazioni e conseguenti decisioni.

Meritorio, doveroso se si preferisca, ambire a mettere in sicurezza ogni possibile situazione.

Ineludibili, al contempo, conti con la realtà e contemperamento di obiettivi, esigenze, interessi in gioco.

Un equilibrio certo disagevole e impegnativo, il suddetto, in ispecie se da conseguire in una materia già di suo particolarmente scivolosa.

Pensare peraltro di rendere a prova di bomba un centro cittadino che neppure un canonico locale da “abballo”…

La professionalità degli addetti ai lavori può in qualche modo permettere di individuare le soluzioni maggiormente efficaci.

Quanto fattibili, a che prezzo e limitazioni, però?

E in relazione, proporzionate a quale rischio concreto?

Rapporto costi/benefici?

Possono certamente verificarsi situazioni straordinarie che, appunto, impongano misure parimenti straordinarie.

Senza nondimeno pretendere di elevare ogni sagra della patata a… sessioni del World Economic Forum o del G7 ai massimi livelli!

Perché, come starebbe già accadendo, un chiunque organizzatore, pubblico o privato che sia, alla fine, per sopravvenuta onerosità, può essere costretto a “passare”, a rinunciare alla realizzazione della manifestazione.

Privandone così una intera comunità.

Importante, nell’ottica di favorire la ripresa e lenire la pressione fiscale sulle imprese, l’impegno profuso dai diversi Esecutivi avvicendatisi in questi anni alla guida del Paese.

Sarebbe dunque in vero bizzarro se, di converso, a maggior ragione se non più che sufficientemente giustificati, si abbattesse un macigno di costi supplementari e insostenibili sulla organizzazione di eventi pubblici.

Di norma gratuiti.

In generale, su diverso versante, per mettere chi di dovere al riparo da possibili responsabilità, non sarà bastevole disporre prescrizioni a pioggia, quasi “a prescindere”, all’insegna magari di inconfessabili “non si sa mai”, “intanto io gliel’ho detto”.

Aperti al confronto.

Tuttavia – in coerenza con il vigente impianto normativo e perlomeno nei casi dove non specificamente previste, quindi per le manifestazioni in parola(si ripete, a scanso di equivoci, ex art. 18 T.U.L.P.S., ecc.) – va in ogni sede ribadito con convinzione il principio che si possa e debba essere eventualmente chiamati a giustificarsi semmai dell’imposizione ingiustificata di misure e non pure, al contrario, della loro mancata prescrizione.

Una questione, si comprenderà, di importanza vitale.

Sarebbe assai preoccupante quanto incomprensibile se, anche a causa della diffusione di indicazioni disorganiche, nell’opinione pubblica, negli ambienti giudiziari, si insinuasse erroneamente la convinzione “prima le misure!”, sorta di corollario… sovranista in tema di eventi pubblici.

Non può inoltre sottacersi, date le peculiarità e atipicità delle multiformi situazioni in argomento alle quali sono finalizzate, che le prescrizioni di cui è cenno nelle indicazioni ministeriali, come nelle medesime precisato, in quota almeno significativa paiono di non agevole standardizzazione.

Esse sono piuttosto rimesse alla discrezionalità, per non dire alla… creatività, dei soggetti deputati(pregevoli le linee-guida sperimentali elaborate dalla Prefettura di Roma, peraltro di non immediata fruibilità per ciò qui di interesse).

Se mai prevalesse l’indirizzo “prima le misure!”, vi sarebbe da scommettere che, se qualcosa dovesse poi non andare per il verso giusto, ci si potrebbe ritrovare(rectius, ci si ritroverà), per effetto della “liquidità” del quadro dispositivo di riferimento, a essere chiamati in ogni caso a rispondere per non avere saputo prevedere(!!!) e prevenire(!!!!) l’accaduto.

Dice niente la figura dell’“agente modello”?

Allo stato delle cose sarebbe decisamente positivo se venissero intanto rispettate alcune norme di base e diffusamente adottate misure minime di buon senso:

  • l’installazione presso gli ingressi delle aree pedonali, o comunque interdette al transito veicolare per particolari situazioni – e, se occorrente, pure al loro interno – di idonei impedimenti(new jersey/altro analogo) a protezione delle aree stesse, posizionati in modo da lasciare libero il passaggio delle persone e dei mezzi di soccorso;
  • la scrupolosa osservanza del combinato disposto dei commi 1/n.5) e 4 del d.P.R. n. 616/1977, per il quale i provvedimenti ex 68 T.U.L.P.S. – una volta, ove previsto, acquisito il parere ex 80 T.U.L.P.S. della competente Commissione di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo – vanno adottati, e possibilmente per tempo, previa comunicazione al Prefetto, comunicazione da estendere anche alle Questure per la predisposizione dei servizi di pertinenza della Autorità di polizia;
  • ancora, a tali ultimi fini, l’assolvimento per tempo, non riducendolo al terzo giorno antecedente l’evento, dell’obbligo di preventiva comunicazione al Questore ex 18 T.U.L.P.S., non ultimo onde evitare di incorrere nelle conseguenze di legge in caso di inadempienza;
  • il divieto, a tutela della pubblica incolumità, di vendita e consumo di bevande in recipienti di vetro in occasione di manifestazioni pubbliche di qualsivoglia tipo.

Sono esempi.

Sarebbe già molto.

Immediato, semplice.

Soprattutto, poco invasivo.

Si è perfettamente consapevoli che, al pari di ogni altro, l’excursus sviluppato in questa sede possa suscitare riflessioni di diverso se non opposto tenore.

Nondimeno, a bocce ferme, questa, al di là di singoli contenuti ovviamente opinabili, pare la strada da battere, ovviamente nel rigoroso rispetto del perimetro tracciato dal complesso delle disposizioni in atto in una materia di estrema delicatezza.

A meno che, beninteso, non si voglia invece procedere, con adeguato strumento giuridico, a una rivisitazione completa, dalla A alla Z però, in una visione d’insieme, della disciplina in parola.

Se possibile, evitando nel frattempo, per quanto animate dai migliori ed encomiabili propositi, soluzioni(contingenti) purché siano, iniziative-spot non previamente concordate tra tutti gli attori interessati, che possano poi tradursi in quella che Wilhelm Wundt definisce eterogenesi dei fini.

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi