di Antonio Corona*

Lo Stato non arretra.

I tagli si faranno.

Non a scapito, però, dei presidî sul territorio.

La paventata riduzione delle Prefetture starebbe dunque per scomparire dalla linea dell’orizzonte.

Notizia confortante.

Sempre che, la prudenza è d’obbligo, trovi conferma nei fatti.

Si provi a tratteggiare la nostra organizzazione amministrativa senza Prefetture.

Per rimanere a tempi recenti.

Chi mai – viene immediatamente da chiedersi – tra innumerevoli difficoltà, per di più sotto “fuoco amico”, sarebbe stato altrettanto in grado di fare fronte da un momento all’altro alla accoglienza di disperati approdati, a decine e decine di migliaia, alle coste italiche?

Sia consentito un personale flashback in proposito.

La quiete di un fino ad allora tranquillo pomeriggio inoltrato, venne di punto in bianco lacerata dall’arrivo, dal Viminale, della perentoria disposizione di provvedere senza indugio, di lì ad appena qualche ora dopo, in una provincia tra l’altro dalle limitatissime capacità recettive, alla ospitalità di oltre quaranta persone tratte in salvo dal mare.

Non si era ancora consapevoli che sarebbe stato solo il primo dei numerosi salti mortali da lì in poi richiesti alle Prefetture.

Così fu per lo scrivente.

Così fu per i tanti altri colleghi sparsi sul territorio nazionale.

Quella rammentata è soltanto una tra le innumerevoli situazioni cui le Prefetture sono chiamate a dare risposta, per di più complicata nella circostanza dal contesto normativo di riferimento.

All’arrivo sul continente, provenienti o meno da teatri di guerra o similari, i migranti sottratti alle insidie del Canale di Sicilia sono stati immediatamente e magicamente trasformati tutti in richiedenti asilo.

A prescindere dalla fondatezza e nelle more del loro esame e afferenti decisioni, la presentazione delle relative istanze, fatte frettolosamente sottoscrivere, avrebbe intanto comunque garantito mesi e mesi, se non persino anni, di permanenza, assistita, sul suolo nostrano.

In attesa, magari, di una qualche sanatoria.

Un grimaldello.

A torto o a ragione, tale si è in fine sovente rivelata la richiesta di asilo, un espediente per eludere le disposizioni in materia di immigrazione.

Un machiavello, insomma, che ha inoltre messo in profonda crisi lo S.P.R.A.R.(Sistema Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati), parametrato comprensibilmente su numeri assai minori, la cui riscontrata inadeguatezza è finita per essere scaricata sulle Prefetture.

Oltre al compulsivo reperimento di sempre ulteriori strutture di ospitalità, in un clima di peraltro diffusa indisponibilità di amministratori e comunità locali, alle Prefetture è stato chiesto di assicurare non soltanto, come viceversa indicato dalla legge in conseguenza di provvisoria saturazione dello S.P.R.A.R., le condizioni minime di una accoglienza, appunto, temporanea e straordinaria.

Bensì, anche, di avviare un generalizzato processo di integrazione che, a rigor di logica, avrebbe dovuto eventualmente riguardare solamente coloro in possesso, potenzialmente o già, di un qualche effettivo titolo a rimanere.

Non intende certo essere, questa, una valutazione delle politiche immigratorie passate e presenti.

Quanto, piuttosto, la sintetica narrazione delle condizioni in cui ci si è trovati a operare, non disgiunta dal legittimo orgoglio suscitato in ciascuno di noi dall’essersi dimostrato per l’ennesima volta pronto a rispondere alla chiamata del Paese.

Preme qui evidenziare come sia (pure) nella imprevedibilità delle situazioni che risiedano forza e ragioni profonde della esistenza delle Prefetture.

Quello prefettizio è un istituto estremamente flessibile, a competenza generale, geneticamente volto ad adattarsi alle circostanze più disparate, una sorta di recipiente a contenuto variabile.

Parafrasando uno spot commerciale di tempi andati, non sorprende allora che più lo mandi giù, più lo ritrovi su, specie di quell’Ercolino sempre in piedi tanto caro alla infanzia di tanti di noi.

Quando periodicamente si ritenga che abbia fatto ormai il suo tempo, ecco che accade o necessita qualcosa che, spesso suo malgrado, lo riscaraventa imperiosamente sulla ribalta.

Beninteso, magari non sempre può rivelarsi all’altezza delle attese e dei compiti assegnati.

Al netto di miracoli che non possono essere pretesi quanto garantiti, ciò nondimeno dipende significativamente dalla mano che lo maneggia, non dallo strumento in sé.

Al pari di un bisturi.

Fondamentale è la sua attitudine al coordinamento.

Con un doveroso distinguo.

Un conto è quello svolto dal Prefetto in tema di ordine e sicurezza pubblica o di protezione civile, dove il coordinamento può risultare di rilevante incisività.

Un altro, è quello dal medesimo esplicato in seno alla Conferenza provinciale permanente, con una amministrazione periferica dello Stato ridotta ai minimi termini, sostanzialmente soggetto agli umori e alla… accondiscendente disposizione dei relativi componenti – tra gli altri, degli Enti locali – cui non giova altresì la farraginosità delle procedure dirette a promuovere il miglioramento della qualità dei servizi resi alla utenza.

In prospettiva, una possibile riconfigurazione delle Prefetture passa per l’idea, per la vision che di esse si abbiano.

Flessibili e a competenza generale, piace pensare, non tuttavia “tuttologhe”.

Non ultimo, per la crescente complessità di una società che impone competenze altamente specializzate e dove, accanto a quella della pena, sembra insinuarsi l’incertezza del diritto, sempre maggiormente legato alla mutevole interpretazione della norma.

Sarà forse per questo che, il commissario incaricato dello smantellamento dei resti e della ricostruzione del tragicamente noto ponte di Genova, avrà pieni poteri e potrà bypassare tutta la normativa vigente.

Perché altrimenti, viene da ipotizzare, la nuova opera d’arte difficilmente vedrà mai la luce.

Una Prefettura agile e snella, in conclusione.

Con una struttura funzionale ad assecondarne innanzitutto la fisiologica vocazione al coordinamento e alla gestione dell’imprevedibile nei tanti campi diuturnamente presidiati.

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi