di Maurizio Guaitoli

Conoscete il Gioco dell’Oca?

No?

Poco importa. Su di un tabellone è tracciato un percorso a forma di spirale e il giro delle caselle è determinato dal lancio dei dadi, per cui molto spesso si torna alla casella di partenza. L’Oca è, in questo quadro, Grillo(solo che gli animali, assai migliori di noi, lanciano richiami mentre invece i grilli nostrani articolano i… “Vaffa!”) e il dado è Renzi: si lancia da Rignano o dal Senato e, poi, la perfidia e la sorte truccata dettata dal suo Autore determineranno l’outcome, ovvero il risultato di un processo, in questo caso l’inizio e la fine di un percorso politico. Così Di Maio perde e si ferma per un giro, confinato nella comoda casa della Farnesina.

Lunga premessa e metafora per dire cosa?

Semplice: in questo momento storico, Grillo e Renzi sono divenuti oggi il Giano Bifronte della politica italiana, sodali e compari del Gioco delle Tre Carte. L’uno mescola(Renzi), l’altro fa finta di puntare e vincere cospicue somme per attrarre i gonzi: soldi che fanno parte di una cassa comune creata dai voti validamente espressi dagli elettori italiani..

Secondo voi, il “Garante” ha deciso di ibridare i suoi Cinque Astri con il Pd(fino a stemperarli gli uni nell’altro) solo per sfilarsi dalle sabbie mobili del Papeete?

O vale anche per il Movimento il detto andreottiano de “Il Potere logora chi non ce l’ha”?

La progressiva ibridazione del M5S con il Pd colloca definitivamente il primo nell’area di sinistra portando con sé tutti i frutti dolci del Potere, tra cui: il mining (approvvigionamento) delle competenze; l’utilizzo surrogato(che transita cioè per la conduzione dei ministeri attribuiti al Movimento) delle leadership dirigenziali e burocratiche, formatesi e stratificatesi nel tempo con l’esperienza pluridecennale di governo del Pd che, ricordiamolo, vinse qualcosa con l’Ulivo di Prodi per poi abbarbicarsi al Potere con esclusive manovre di Palazzo.

Ciascuno è libero e in grado di valutare serenamente se, in proposito, vi sia stato un atteggiamento neutrale o piuttosto benevolo dei Presidenti della Repubblica pro-tempore, tra l’altro eletti con il concorso fondamentale dei voti del Pds e dei suoi succedanei, incrociati con i democristiani di sinistra, i quali a loro volta, scambiati per pesciolini biancorossi, si sono rivelati dei veri piranha(vedi Renzi, Gentiloni, Letta Enrico, Franceschini e bella compagnia cantando) che hanno divorato dall’interno quel che restava dell’antica schiatta politica comunista.

Sia come sia, l’impressione è che appaia di fondamentale importanza per il Pd assicurarsi una maggioranza pure per la elezione del successore di Mattarella.

Ma, qui, giocherà la sua parte da protagonista l’esoterismo del M5S che ha sempre preteso di candidare al Quirinale personalità nettamente super partes e indipendenti, come lo scomparso Stefano Rodotà. La mossa quasi disperata di Grillo, però, come ben sappiamo è stata favorita, anzi realizzata in radice, dal lancio del dado truccato renziano che prima aveva finto di essere il più acerrimo nemico dei Cinque Stelle, per poi atterrare comodo e morbido sull’erba vellutata del Conte-bis e da lì, da bravo Scorpione di Rignano, avventare il suo bel colpo di coda della scissione soltanto dopo che la Rana Gialla lo aveva ormai condotto in salvo sulla spiaggia dell’anti-salvinismo e del non ritorno alle elezioni, a seguito della mossa sciagurata e suicida del Segretario leghista.

Quel Matteo Lo Scuro, cioè, accecato come una talpa dai sondaggi favorevoli e convinto di vincere la partita con il suo probabile ma futuribile 40% che gli avrebbe assegnato la maggioranza assoluta in Parlamento per governare con le… “mani libere”!

A questo punto, dove andrà la parte anti-Pd del M5S?

Probabilmente convergerà nel futuro populismo ben temperato del Salvini 2.0, fedele al motto: “meno grida belluine e più fatti”.

E nel futuro, chi vincerà il Palio nazionale della Politica italiana?

Probabilmente, il… cavallo scosso del Populismo temperato.

Al centro, è possibile che per un Nazareno che va un altro ne arrivi.

E come sarà questo futuro, secondo il divino Tiresia?

Diamo un acronimo a quel tempo che verrà e, inventandoci una biochimica politologica, indichiamo con MMRS questo nuovo e ben strano DNA che si presenta con due basi incrociate, Matteo Salvini(allele salvinismo 2.0) e Matteo Renzi (allele renzismo 2.1), connotate da robuste dosi di leaderismo. L’auspicio tiresiano è che alla fine della ricombinazione del sistema politico prevarrà una sorta di “Populismo ben temperato”.

Dunque, uno strano acronimo con quale fine?

Per indicare in sintesi l’assoluta necessità di gestire con politiche apparentemente diverse la stessa categoria di fenomeni, investendo molto sulla caratura dei leader per convincere il “popolo” che vota.

La loro biochimica?

Quella di mantenere in buona sostanza l’attuale, comune strategia di disintermediazione alleggerendo così i vincoli intrecciati, ridondanti e ultra sovrannumerari che rendono molto poco fluida l’azione di governo. Ad esempio, come venne proposto dal renzismo 2.0 e mai attuato, si tratta di ridurre di un fattore diecimila i centri di spesa, fluidificando poi il più possibile la discesa verso il basso delle decisioni e delle scelte adottate dal vertice.

Anche la nuova Commissione Ue dovrà essere confrontata con un approccio molto diverso dalla pura invettiva, in modo da creare una vera alternativa alla furbizia franco-tedesca che fa premio su tutto. Esempio recente: la Von der Leyen ha mandato a stendere sovranisti e politicamente corretti rosso-verdi asserendo che “l’identità europea è già scolpita nel testo dei Trattati”.

Ed è molto probabile che l’allele costituito dal trio Renzi-Letta(Gianni)-Verdini andrà a colludere con questo atteggiamento, costruendo una chimera che sarà a metà Ppe e per il resto avrà le sembianze dei socialdemocratici europei, pronta quindi a fare da pontiere tra l’uno e l’altro blocco. E sarà l’MMRS a dover regolare il problema vero dell’immigrazione irregolare che riguarda all’incirca un milione di overstayer. Gente cioè che entra con un regolare visto temporaneo e, alla scadenza relativa, non rientra più nel Paese di origine, svolgendo in Italia mille mestieri, per lo più leciti ma rigorosamente in nero e regolarmente sfruttati da cittadini italiani! Non v’è dubbio, in proposito, che il vero banco di prova del populismo ben temperato di MMRS sarà la procedura di regolarizzazione con cui si discrimineranno gli irregolari idonei a sostenere il Pil del nostro Paese da chi, invece, non ha atteggiamenti costruttivi o delinque.

È poi verosimile che le migliori risorse liberaldemocratiche presenti oggi in Fi si riverseranno progressivamente nella più ampia piattaforma di MMRS, allargata a Calenda e similari. Il nuovo soggetto dovrà, altresì (il Nord lo impone!), pigiare il pedale della questione meritocratica affermando localmente e regionalmente la logica degli standard delle prestazioni, graduando sul merito i contributi e i trasferimenti erariali dello Stato in modo da rafforzare l’autonomismo salviniano delle regioni del Nord e la strategia renziana di modernizzazione del Paese.

Nel rapporto con l’Ue il populismo ben temperato guarderà alle soluzioni di compromesso per la revisione dei Trattati e alla liquidazione silenziosa del rigore teutonico sui conti pubblici a favore dei grandi progetti infrastrutturali per il rilancio dei sistemi-paese.

Infatti, una parte benestante dell’Europa tende a dimenticare i mali atavici del Sud, beneficiando del suo ottimo welfare pagato consensualmente da cittadini che accettano una tassazione del 65% sui loro redditi.

Nel caso dei paesi “somari”, proprio sul livello di efficienza e di qualità dei servizi pubblici nazionali e sugli investimenti infrastrutturali si giocherà la partita della convergenza, avvalendosi di adeguate flessibilità di bilancio che, tuttavia, necessiteranno del controllo ferreo di Bruxelles sulle modalità del loro impiego e sui tempi di realizzazione.