…Luciana, Matteo…

Messa così, in ordine alfabetico, sembra non suscitare particolare stupore.

A ben vedere, si è già visto un prefetto alla guida del ministero dell’Interno.

Persino la successione da prefetto a prefetto può non sorprendere.

Si pensi a Luciana Lamorgese, titolare, appunto, del Viminale dal 5 dicembre 2019 al 13 febbraio 2021, succeduta a se stessa da quella medesima data.

Varrà nondimeno rammentare che, pur se valentissimi, si è pur sempre trattato di prefetti da tempo collocati in quiescenza, Lamorgese compresa, nominata ministro già da consigliere di Stato.

Stavolta, invece, l’avvicendamento, da prefetto a prefetto, riguarda, sì, un prefetto: con quello subentrante, però, in servizio, ben lontano dalla pensione.

“Strappato” alla provincia di Roma, gli è stata affidata la scomodissima poltrona del dicastero, in origine, di Marco Minghetti.

A ciò hanno fattivamente contribuito entrambi i due cennati protagonisti.

Luciana, per ciò che la riguarda, con l’indubbio merito di avere ulteriormente evidenziato prestigio, capacità di sapere stare sul pezzo – affidabilità, quindi – degli uffici centrali e sul territorio del Viminale.

Per dire, non ha esitato, con successo, a schierarli in prima linea nel corso della interminabile stagione attraversata dalla pandemia da covid 19: come non ricordare tra l’altro il potere, assegnato ai prefetti, di stabilire quali imprese potessero o meno continuare a operare; i tavoli provinciali di coordinamento del trasporto scolastico e quant’altro.

Matteo, dalla sua, oltre a una carriera di primissimo ordine, traendo profitto dalla brillante conduzione dell’incarico di Capo di gabinetto del Ministro Salvini, al punto da esserne considerato “in quota” nell’Esecutivo appena formatosi, conduzione durante la quale ha avuto modo di mettere in mostra le sue straordinarie qualità.

Per altro verso, Luciana Lamorgese, che pure può fregiarsi della firma apposta in calce a un attesissimo rinnovo del contratto di lavoro del personale della carriera prefettizia, lascia sostanzialmente irrisolta la questione “immigrazione”, probabilmente per la carenza di un deciso input politico che non si poteva forse pretendere provenisse dal “solo” Viminale, con uffici centrali e prefetture lasciati oggettivamente ad annaspare con il fiato corto.

E proprio l’immigrazione potrà costituire materia di immediato impegno anche per il neo-nominato ministro.

Cosa attendersi?

Non dall’oggi al domani, e sebbene consapevoli delle enormi difficoltà che si profilano all’orizzonte, una risposta adeguata alla dilagante desertificazione in atto degli uffici, in quanto tale da minarne perfino le condizioni minime di sopravvivenza.

Desertificazione che, per lungaggine delle relative procedure di arruolamento e messa in “produzione”, difficilmente potrà peraltro essere almeno mitigata soltanto con le auspicate, massicce immissioni di personale.

Quanto piuttosto, si è dell’opinione, con il superamento del principio per il quale tutte le prefetture debbano svolgere le medesime competenze.

Sede per sede, ad avviso di chi scrive, andrebbe pertanto stabilito il personale(prefettizio e contrattualizzato) realmente indispensabile in loco per la gestione di quali procedimenti provvedendo contestualmente all’accorpamento degli altri, in linea di ipotesi di norma presso la prefettura del capoluogo di regione, così al contempo cercando di risolvere la ormai annosa, disperante, situazione dei dirigenti dei servizi economici e finanziari.

Alla suddetta riduzione di personale, conseguirebbe una economia di scala che potrebbe consentire di indirizzare e utilizzare altrove le unità che risultassero in eccesso nei singoli territori.

Il tutto, accompagnato da un massiccio ricorso al lavoro a distanza, che permetterebbe altresì l’impiego dei dipendenti a prescindere dal luogo di effettivo svolgimento della prestazione.

Corollario, la profonda revisione di una mobilità che ancora oggi si continua a pretendere solo su base volontaria, con le inevitabili storture determinate da una procedura che subordina le esigenze organizzative a quelle personali.

Fermo ovviamente restando, in proposito, lo spazio per idee anche di diversa natura, sarà il caso di tenere presente come le guerre siano state infine spesso vinte sul piano della logistica, ancor prima che su quello dello scontro aperto sul campo di battaglia.

Beninteso, tutto questo non potrà comunque, se non in parte, lenire i problemi derivanti dal blocco, per anni, del turn over, che in concreto ha tra l’altro impedito il progressivo e fisiologico amalgama generazionale.

Ma, come si dice, quel che è fatto, è fatto.

Pur con detti limiti, già per questo occorrerebbe una granitica volontà politica perché la realizzazione concreta di un disegno tanto ambizioso abbisognerebbe di una altrettanto ferrea determinazione.

Poi, tutto il resto.

Che non è assolutamente poco né di minore importanza.

Difficilmente, però, si potranno sostenere le tremende sfide che la corrente congiuntura propone se, prima di tutto, non si sarà avviato a soluzione il problema degli organici effettivamente assegnati ai diversi uffici e ivi presenti.

La patata, bollentissima, sta per passare dalle mani di Luciana a quelle di Matteo.

Sarà assai breve il tempo concesso per brindisi e congratulazioni.

La speranza, la fiducia in Matteo e nelle sue qualità sono però senza pari e precedenti, questa stagione di instabilità ha se non altro portato in dote un formidabile attore, ritenuto assolutamente all’altezza del compito.

A suo tempo, da queste stesse colonne, è stato fatto il tifo per Luciana.

Lo stesso, se non addirittura assai di più, è oggi per Matteo.

E, allora, avanti, non rimane altro da formulare se non un sentito, caloroso…

forza, Matteo!

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi