Tanto tuonò, che piovve!, verrebbe da dire.

Non soltanto da ora, lo scrivente, nella qualità di Presidente di AP-Associazione Prefettizi, aveva ripetutamente insistito e messo in guardia sul carattere di assoluta emergenzialità della gestione dei continui approdi alle coste nostrane, e non solo, di migranti: in un numero in costante, allarmante crescita(v., da ultimo, sempre su queste colonne, il recentissimo Immigrazione: già, di nuovo, apparso sulla III raccolta 2023, 20 marzo 2023).

Sia come sia, nella seduta dell’11 aprile u.s., il Consiglio dei ministri ha deliberato il relativo stato d’emergenza per la durata (intanto…) di sei mesi(ovvero, tutta l’estate).

Come poi si dirà, il provvedimento ha destato reazioni anche di segno negativo, se non persino oppositivo.

Lo stato di emergenza di rilievo nazionale, è disciplinato dall’art. 24 del Codice della protezione civile(decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1): “1. Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), (…), il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l’intesa, delibera lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l’emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all’articolo 25. (…)”.

L’art. 7/c.1, lett. c), testualmente recita: emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall’attività dell’uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell’articolo 24 (…)”.

La conseguente ordinanza del Capo del Dipartimento della protezione civile n. 984 del 16 aprile u.s., reca le “prime disposizioni urgenti per fronteggiare, sul territorio delle regioni Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Umbria, Marche, Lazio, Abruzzo, Molise, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia e delle Province autonome di Trento e Bolzano, lo stato di emergenza in conseguenza dell’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo”.

Il provvedimento, oltre alla nomina del Commissario delegato, costituisce lo strumento occorrente, il presupposto indispensabile per permettere, temporaneamente, il ricorso alle numerose deroghe, ivi puntualmente elencate, alla normativa ordinaria in tema di reperimento e/o realizzazione di ulteriori disponibilità di accoglienza.

Nondimeno, come si sarà già avuto modo di constatare, detta ordinanza non riguarda l’Emilia-Romagna, la Campania, la Puglia, la Toscana – rette tutte dal centrosinistra, si osserva, pertanto di “colore avverso” a quello della corrente compagine governativa – in quanto le stesse hanno rifiutato la necessaria intesa.

In soldoni, questo sta a significare che, almeno per il momento, in detti territori non trovano applicazione le disposizioni contenute nella ripetuta ordinanza.

Dunque, a differenza del restante ambito nazionale, dove si può fruire della facoltà di derogare a norme ordinarie di settore, analogamente non è consentito nei suddetti territori.

Con il risultato che, lì, le prefetture, per fare fronte alla impellente necessità di disporre di sempre ulteriori disponibilità di accoglienza, sono giocoforza costrette ad arrangiarsi esattamente come avvenuto finora.

Con quel che è agevole comprendere.

Quale e di chi sia la responsabilità, pura, vera e propria schizofrenia istituzionale, della quale fanno in definitiva le spese sia coloro che più sono chiamati a prodigarsi per l’ospitalità(leggi, prefetture), sia i relativi beneficiari(leggi, migranti).

Si potrà discutere all’inverosimile sulla potenziale efficacia o meno in concreto del provvedimento a firma del Capo del Dipartimento della protezione civile che se non altro, va riconosciuto, è almeno un tentativo di risposta al “grido di dolore” che si leva ogni sacrosanto giorno da ogni angolo del Paese.

Perlomeno nelle intenzioni, la suddetta ordinanza dovrebbe infatti consentire di non essere travolti dagli inesauribili arrivi, specie nella prospettiva della prossima estate, così al contempo permettendo al Governo di continuare a esplorare ogni possibilità di soluzione in radice della questione in essere.

Con l’avvertenza che, nella malaugurata eventualità di fallimento, il tutto si risolverebbe in un mero palliativo, per non dire in un disastro.

Non sta allo scrivente, quale Presidente di AP, stabilire come debba operarsi riguardo il fenomeno(epocale) dell’immigrazione.

Ci si limita a osservare come, qualsiasi soluzione di una qualche ragionevolezza, appaia passare per la gestione delle partenze: ma, s’intende, prima che esse si verifichino.

Pure su siffatto aspetto si è avuto modo di esprimersi in precedenza su queste colonne, cui pertanto si rinvia.

Quali che siano i motivi che hanno portato al “grande rifiuto” – alla intesa sulla deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale – di tutte le Regioni di centrosinistra, rimane da chiedersi come possa risultare accettabile che, per effetto di tale scelta, le prefetture si trovino a operare in regime diverso in una medesima materia a seconda del territorio ove siano ubicate, di fatto in tal guisa segnando una sorta di riga divisoria tra i beneficiari della iniziativa governativa e gli altri.

Per lungo, troppo tempo, si è parlato di immigrazione preoccupandosi principalmente delle (peraltro lodevolissime e importantissime) attività di salvataggio di esseri umani in mare.

Dimenticando completamente, però, le difficoltà nelle quali continuano a dibattersi le prefetture costrette a (letteralmente) “inzeppare” oltremisura strutture di accoglienza “straordinarie” di loro già allo stremo e sulle quali, comunque, grava la tenuta dell’intero sistema della ospitalità.

Che esistano i presupposti di emergenza del provvedimento in narrativa è dato dalla lucida constatazione della realtà: niente di più, niente di meno.

Il Governo ne ha infine preso atto e sembra essersi mosso di conseguenza.

Stiamo a vedere cosa accadrà in campo avverso.

Certo, per quanto consta e per esempio, non sembra esattamente quella idonea la strada imboccata da (almeno) uno dei Presidenti delle citate Regioni.

Al quale, va soggiunto, già lo scorso anno, in tempi non sospetti quindi, il sottoscritto – venendo inopinatamente da egli con fastidio bruscamente interrotto, nel corso di un incontro formale dal predetto presieduto in tema di accoglienza dei profughi ucraini – aveva evidenziato a latere come suscitassero preoccupazione, più che l’arrivo di siffatti profughi, quello dei migranti “ordinari”, considerata altresì la imminenza della stagione estiva.

La storia ha poi inappellabilmente sentenziato in proposito.

Ma non è questo, ora, il punto.

Suscita invece fortissime perplessità non tanto la riunione indetta in fretta e furia dal menzionato Presidente per i prossimi giorni con i Sindaci dei comuni capoluogo e il Presidente UPI regionale, riunione motivata – in relazione, come dal medesimo rappresentato, alla non “immediata” applicabilità in quella regione delle disposizioni prima succintamente illustrate – dalla estrema importanza di favorire in ogni caso il coordinamento(?) delle Istituzioni preposte alla gestione della accoglienza(??).

Quanto, piuttosto, e per comprensibilissime considerazioni, che abbia ritenuto di essere nella… potestà di convocare – in primis in indirizzo, tra l’altro – pure le… prefetture(!!!).

Per carità, tutto, da qui all’incontro in parola, può accadere, per cui non ci si azzarda a fare previsioni.

Tuttavia, se la situazione dovesse rimanere invariata, si fa fatica a immaginare l’esito della riunione, per la improbabile presenza di alcuni degli invitati: segnatamente, per intuibili considerazioni, delle prefetture.

Ma, che si vuole, sono, questi, i soliti vagheggiamenti di un semplice prefetto di campagna.

E in fondo deve essere proprio così, atteso il silenzio(imbarazzante) sulla questione “immigrazione” delle altre sigle sindacali prefettizie.

Ah!, con l’occasione.

Converrebbe forse togliere dal titolo del provvedimento del Capo del Dipartimento della protezione civile le parole “attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo”.

Che la forza sia con noi!…

Presidente di AP-Associazione Prefettizi