di Antonio Corona*

immigrazioneBicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto?

Sia consentito vagheggiare che sia anche un po’ merito della insistenza di AP se il Ministero abbia infine partorito una qualche indicazione su (almeno) uno degli aspetti maggiormente delicati della assistenza ai migranti richiedenti asilo.

Il riferimento è alla circolare n. 1724 del 20 febbraio u.s.(Tempi di permanenza nei centri) del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.

Si permetta altresì di manifestare un pizzico di legittimo e comprensibile compiacimento per la piena coincidenza delle linee giuridico-normative, ivi tracciate, con le considerazioni anticipate dallo scrivente nelle raccolte II e III 2015 de il commento(www.ilcommento.it).

In particolare, riguardo i migranti cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale abbia respinto la domanda di asilo.

Fino, infatti, alla scadenza del termine per la impugnazione, nonché nella ulteriore situazione di attesa della decisione sulla istanza di sospensione ex art. 19 d.lgs n. 150/2011, lo straniero, autorizzato a rimanere comunque nel territorio nazionale, continua a essere ospitato nel centro di accoglienza.

Condizione che viene ovviamente meno allo spirare del termine suddetto e al respingimento della cennata istanza.

Nei casi invece di presentazione di ricorso o di accoglimento della istanza di sospensione, ove quindi il ricorrente sia autorizzato a permanere nel territorio nazionale sino alla conclusione dell’iter giurisdizionale, si applica – come correttamente da sempre sostenuto da AP – l’art. 5, c. 7, del d.lgs n. 140/2005.

In siffatte ipotesi, dunque, al ricorrente o istante sono assicurate le misure di accoglienza, ma limitatamente al periodo durante il quale non gli sia ancora consentito l’accesso al lavoro – e salvo che a ciò sia impedito dalle condizioni fisiche – ai sensi dell’art. 11 del medesimo decreto, possibilità preclusa per i sei mesi successivi alla presentazione della domanda di asilo.

Tanto premesso.

La ammissione iniziale alle misure di accoglienza è subordinata alla evenienza che il richiedente asilo, che ne faccia richiesta, risulti privo di mezzi sufficienti al proprio sostentamento(art. 5, c. 2, d.lgs n. 140/2005).

È perciò decisamente opportuno che la Questura fornisca alla Prefettura ogni elemento utile per la conseguente valutazione(art. 5, c. 3, d.lgs n.140/2005).

Altrettanto importante è la tempestiva informazione, sempre da parte della Questura, rispetto ogni determinazione, e correlati motivi, della competente Commissione riguardo ciascuna istanza di asilo, nonché circa il venire a evidenziarsi delle (riportate) circostanze che determinano la cessazione delle misure in parola.

Eventuali ritardi, infatti, oltre a potere pregiudicare il necessario e fisiologico turn over nel circuito della ospitalità, farebbero insorgere i presupposti di doverosa comunicazione, all’organo territoriale di giurisdizione contabile, per i possibili profili di danno erariale.

Per il resto(accoglienza nei C.A.R.A. o in strutture temporanee utilizzate con le stesse finalità ex art. 20 d.lgs n. 25/2008; riconoscimento della protezione internazionale, altro), nel ribadire la esigenza della immediatezza dei flussi informativi, si rinvia alla ministeriale in parola.

Ministeriale che… dopo avere disquisito in senso favorevole alla erogazione, oltre il consentito dalla corrente legislazione(!), delle misure di accoglienza ai ricorrenti che non siano in grado di provvedere al proprio sostentamento, conclude rimettendo  però(!!) al “prudente(!!!) apprezzamento delle SS.LL.(i prefetti, n.d.r.) la valutazione, caso per caso, dell’applicabilità(!!!!) delle norme vigenti.”(!!!!!).

Chissà cosa potrebbe avere mai da dire in proposito la Corte di Conti…

Senza volere considerare il paradosso che verrebbe a determinarsi accedendo a tale indirizzo.

La cessazione delle misure di accoglienza nelle fattispecie qui considerate non appare necessitare di apposito provvedimento(da non confondere con quelli occorrenti per il diniego e, nei casi indicati dalla norma, per la revoca delle misure medesime, artt. 6, c. 8, e 12, c. 1, d.lgs n. 140/2005).

È sufficiente una semplice comunicazione, di mera natura dichiarativa, al gestore della struttura e all’interessato.

Viceversa, risulterebbe proprio indispensabile un provvedimento corredato di motivazione, comunque passibile di censura per ragioni di illegittimità, che spiegasse articolatamente la decisione di prorogare le misure oltre il termine fissato dalla legge.

Francamente?

Una forzatura.

Beninteso, a normativa vigente.

Insomma,  bicchiere  mezzo  pieno  o  mezzo vuoto?

Dipende.

Rimangono finora inevase questioni cruciali poste da questa AP nelle ricordate raccolte II e III 2015 de il commento.

Quella che si sta affrontando ormai da un anno tra innumerevoli problemi e ostacoli, è o non è una vera e propria emergenza, dai connotati prossimi a quelli di una catastrofe umanitaria?

Nella affermativa, occorrono allora strumenti appropriati, non potendosi pretendere di andare avanti, come se nulla fosse, “a botte” di convenzioni e bandi di concorso.

Diversamente, lo si dica.

Senza però poi meravigliarsi per episodi come quello accaduto di recente in una provincia del settentrione dove, stando ai mass media, esaurite le disponibilità alloggiative, i migranti, dopo la identificazione di rito, sono stati accompagnati alla locale stazione ferroviaria e invitati a disperdersi.

Insomma, da tempo le Prefetture ci stanno mettendo la faccia, tirandosene addosso di ogni.

Ma, più di tanto, ed è veramente tantissimo…

Potrà obiettarsi, a quanto sta reclamando AP a gran voce, che non sia politicamente “opportuno” ripristinare il  contributo erogabile direttamente al richiedente asilo in caso di temporanea indisponibilità delle strutture di accoglienza.

Che risulti probabilmente non esattamente… agevole “convincere” molti Comuni a fare finalmente la propria parte.

Che le requisizioni abbiano un “costo” non soltanto economico.

Che possa apparire difficile  da “digerire” una norma che preveda, per le strutture allestite in gran fretta per la ospitalità, la deroga(perlomeno parziale) alla corrente disciplina in materia di prevenzione incendi e igienico-sanitaria.

Per carità, potrà essere.

Si è aperti a qualsiasi alternativa, ma efficace e degna di questo nome.

Intanto, però, sul territorio si annaspa, si fa grande fatica a mantenere la testa appena sopra il pelo dell’acqua.

Occorre aspettare il crack, inveterata consuetudine di questo Paese?

Le Prefetture, ci mancherebbe altro, non mancheranno e non smetteranno di fare fino in fondo, e oltre, ciò che sia nelle rispettive canne.

Non temono certo di ritrovarsi in mezzo, ben che vada, a polemiche dal sapore squisitamente politico.

Ci sono abituate, sono abituate a guardare e a portare avanti, lealmente e con determinazione, i compiti loro assegnati.

Ma anche la invincibile Vecchia Guardia Imperiale a Waterloo…

Anche il  Titanic, l’inaffondabile Titanic…

Lì, in verità, fu un tragico incidente.

Qui, con il massimo del rispetto per i tanti che sono rimasti dolorosamente coinvolti nella vicenda, si rischia piuttosto la sorte della… Concordia.

Sono mesi e mesi che si sta bordeggiando a rischio di collisione, con un 2015 che si sta preannunciando perfino più procelloso del 2014.

Occorre un vigoroso colpo di timone.

Onorevole Signor Ministro,

Signor Capo del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, confidiamo nelle Loro qualità e capacità di esperti e collaudati comandanti.

Ci piace e ci seduce immaginarLi lì, impavidi, ritti sulla tolda, lo sguardo penetrante a scrutare l’orizzonte, il vento e gli spruzzi delle onde gelide a flagellare  e scavare il viso, a tenere rotta, con mano ferma e sicura.

Verso Trebisonda.

In attesa (tuttora) di cortese riscontro.

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi