German soldiers load tank howitzers for transport to Lithuania at the Bundeswehr army base in Munster, northern Germany, Monday, Feb. 14, 2022. Germany gears up the Enhanced Forward Presence Battle Group in Lithuania at the NATO eastern front. (AP Photo/Martin Meissner)

Sui carri(armati) ci sono gli uomini.

I quali, quando il loro mezzo soccombe in una battaglia di tank per l’azione congiunta di aerei anticarro, droni e missili, bruciano semplicemente vivi o finiscono in minuscoli frammenti che nessuna madre potrà mai piangere. Questa è la guerra; questo è il cinismo che sta dietro le strategie dei generali per i quali (soprattutto nel caso di Mosca) conta solo l’esito e non importa a quale prezzo di vite umane.  I russi non hanno problemi a inviare sul fronte milioni di uomini, vantando una netta superiorità per numero di riserve ed effettivi da mettere in campo. Il vero tallone d’Achille, per Putin, è l’esasperata gerarchizzazione delle catene di comando, che rendono assai poco flessibile il suo esercito nei moderni campi di battaglia. La premessa era doverosa, analizzando le centinaia di articoli “tecnici” di stampa internazionale e nazionale, che hanno per oggetto le forniture di armi all’Ucraina sotto assedio, ma che perdono puntualmente di vista le vere vittime militari e civili di questa assurda guerra.

La domanda è: possono pochi carri armati ultramoderni cambiare le sorti di questa guerra?

Gli Abrams americani, tra l’altro, soffrono le temperature estreme, sono macchine bulimiche di carburante e complesse da manovrare, manutenere e riparare! Per fermare Hitler occorse, innanzitutto, ridurre in cenere le sue industrie pesanti, con bombardamenti  insistenti e a tappeto portati molto in profondità nel territorio tedesco.

Oggi – che il conflitto in Ucraina ricorda in modo impressionante quelli mondiali dei primi anni cinquanta del secolo scorso, con le sue trincee, il suo assalto di uomini in combattimenti ravvicinati, la sua guerriglia spietata dietro le rovine delle case distrutte – come si pensa di poter “vincere” senza andare a colpire con la stessa profondità di allora le linee di rifornimento russe, collocate molto all’interno del loro territorio, nella Crimea annessa e persino in Bielorussia?

Possono poche armi pesanti (qualche decina di Leopard, Abrams, F-16) cambiare minimamente questo elementare dato di fatto?

La Russia sta seguendo le strategie campali adottate dai suoi marescialli negli anni quaranta: fare terra bruciata davanti a sé con una pioggia ininterrotta di tiri martellanti di artiglieria; distruggere tutto ciò che sta davanti a sé e, poi, finire il lavoro facendo intervenire la fanteria corazzata, i cui ordini sono di avanzare a ogni costo, indipendentemente dalle perdite subite.

Hanno gli Ucraini da dare tutto l’immenso fiume di sangue necessario per fermare questa primitiva, poderosa ed efficace macchina da guerra?

I russi possiedono un’industria pesante assolutamente intatta che consente loro di fare arrivare ogni giorno sul fronte decine di migliaia di proiettili, abbinandoli a una pioggia inesauribile di missili che colpiscono a ben maggiori distanze, creando così l’impressione di un diluvio di ferro e fuoco sulle postazioni ucraine e sulle città indifese.

E l’Occidente che fa?

Ha tergiversato fin troppo, da parte sua, prima di inviare le sofisticate batterie missile-antimissile indispensabili alla difesa delle città: sistemi che, però, a causa degli illusori dividendi della pace, scarseggiano anche negli arsenali dei Paesi Nato europei e degli Usa! Per cui abbiamo constatato che se diamo tutto ciò che abbiamo oggi agli ucraini noi resteremmo a breve con le difese scoperte, alla mercé di qualsivoglia aggressore! Sotto il profilo prettamente militare, le forze e l’economia di guerra russe sono destinate a prevalere in una guerra convenzionale di lunga durata, così detta “di attrito”. L’Armata Rossa, infatti, è tradizionalmente meccanizzata per cui il parco dei blindati rimane molto ampio, nonostante che più di un migliaio di mezzi siano già andati perduti nel corso della campagna ucraina. L’arrivo (tra qualche mese!) a Kiev di un centinaio di moderni tank occidentali non servirà pertanto a cambiare gli attuali equilibri, dato che il loro impiego sul campo necessita di un lungo addestramento per renderli efficacemente operativi, essendo armamenti molto sofisticati di puntamento e tiro in corsa che necessitano di una logistica complessa per manutenzione, riparazione e rotazione degli equipaggi. Diversamente dal nucleare, dove la “deterrenza”(equilibrio del terrore) tra Occidente, Cina e Russia è acquisita da tempo, viceversa nell’armamento convenzionale Mosca ha un netto vantaggio rispetto alla Nato e agli Usa, che hanno insormontabili difficoltà a rinnovare gli stock già insufficienti e sottodimensionati degli eserciti europei.

Ma sull’Ucraina si registra da parte dell’Occidente una mancata chiarezza sugli obiettivi, ovvero: fino a che punto si è disposti a sostenere Kiev in una guerra di attrito che potrebbe durare anni?

Non è chiaro, in particolare quale sia il così detto end-of-state, ovvero il risultato atteso per cui un soldato (l’Occidente) può considerare conclusa la propria missione. In una lunga guerra d’attrito destinata a logorare a distanza l’Ucraina e l’Occidente, sono fortemente in dubbio le capacità di Usa e Europa di rifornire in toto di armi pesanti l’Ucraina per resistere all’invasore, dato che Kiev è impossibilitato a coprire anche in parte le proprie esigenze belliche, a causa delle devastazioni subite dalla sua industria nazionale degli armamenti. Agli attuali ritmi da tempo di pace con i quali gli alleati Nato provvedono ad assegnare commesse militari e a realizzare i prodotti finiti (che, spesso, per i componenti da assemblare, coinvolgono decine di differenti siti produttivi, disseminati in più Stati americani) non sarà possibile fermare la macchina bellica russa. Per capire il problema al quale si va incontro, è sufficiente notare che gli ucraini stanno consumando un numero di proiettili per obici da 155 a un tasso due volte superiore all’output attuale delle manifatture congiunte di Europa e Usa. A questi ritmi, Kiev potrebbe prosciugare le riserve dell’Occidente portandole entro l’estate al di sotto della relativa soglia critica. Quindi, nel prossimo autunno, se dovessimo combattere un nemico esterno ci troveremmo in breve tempo disarmati! Certo, Usa ed Europa potrebbero invertire la rotta investendo in nuove linee produttive di munizionamento, ma ci vorrà non meno di un anno per adeguarsi alle attuali necessità dell’Ucraina e nel frattempo dopo l’estate si sarà creato un pericoloso gap tra la potenza di fuoco russa e quella ucraina, a tutto vantaggio di Mosca.

Secondo il Generale Martin Herem – che ha un’approfondita conoscenza delle forze armate russe e della loro capacità di armamento e di deterrenza ed è Capo di Stato Maggiore dell’Estonia – prima della guerra l’industria bellica post-sovietica produceva 1,7 milioni di proiettili di artiglieria, con riserve di magazzino stimate pari a più di 10 milioni di ogive, con la possibilità di raddoppiare la produzione corrente a seguito della mobilitazione. Per non parlare poi delle riserve che ancora rimangono ai russi di missili antinave X22 e antiaerei S300 che, pur non essendo molto precisi, mettono a dura prova le difese antiaeree ucraine. Per abbattere un drone iraniano da 20.000 euro, occorre un missile che ne costa un milione! Il vero problema sono gli uomini: i russi non esitano a sostenere perdite di 600 militari ogni giorno per sfiancare la resistenza ucraina, dato che non hanno la stessa percezione degli occidentali in merito alla morte di un soldato. Più aumentano le loro perdite sul campo, maggiore è l’odio che le famiglie russe dei caduti risentono nei nostri confronti di alleati de facto dell’Ucraina, sostiene Herem.

Idem per la fornitura degli Abrams, che non saranno prelevati dagli arsenali del Pentagono ma forniti tra non meno di un anno dai fabbricanti statunitensi, che usufruiranno di un fondo ad hoc. Ecco perché i responsabili ucraini hanno urgenza di acquisire il maggior numero di Leopard-2 tedeschi, di cui sono equipaggiati la maggioranza degli eserciti dei Paesi europei della Nato. Oggi, tuttavia, le grandi offensive delle due prime Guerre Mondiali, in grado di determinare le sorti di una guerra, sono ormai un ricordo storico dato che le grandi manovre non possono sfuggire ai satelliti, allo spionaggio elettronico, ai droni e ai radar più evoluti che rivelano in tempo reale la concentrazione di truppe. Anche la più recente e pressante richiesta di Kiev di ricevere al più presto gli F-16 americani per contrastare la supremazia aerea dei russi, potrebbe rivelarsi un’illusione: essendo aerei complessi da guidare, la formazione dei piloti ucraini potrebbe richiedere molti mesi. Ma le armi in sé, in generale, non sono garanzia di successo. Per condurre una guerra ci vogliono innanzitutto uomini preparati e determinati, assistiti da una buona logistica, da un supporto adeguato per le trasmissioni, da un servizio informativo efficiente e dalla capacità di comando delle operazioni in modo combinato e ordinato, con testa e sangue freddo per far fronte agli imprevisti e ai rovesciamenti di fronte in battaglia.

Senza intervento diretto delle truppe Nato, quanti ne hanno di uomini così gli ucraini?