di Paola Gentile

Forse non ce ne siamo accorti, ma siamo già (o quasi) alle soglie della terza guerra mondiale.

Una guerra combattuta con o senza i mezzi tradizionali, che stravolge non solo il medio-oriente, ma anche l’Europa, vittima, ancora una volta, di violenza nei confronti dei propri civili, persone inermi che, come fu nel passato anche se con diverse modalità, non sono più completamente libere di spostarsi e di svolgere la propria attività quotidiana senza il timore che da un momento all’altro possa accadergli qualcosa.

Se ci pensiamo, alla faccia degli accordi di Schengen, che hanno segnato uno dei momenti più alti del processo di integrazione europea, oggi i nostri concittadini hanno timori fino a poco tempo fa impensabili, quali quello di prendere un aereo, di salire su un treno, di visitare un sito che accoglie beni culturali in assoluta tranquillità.

Perché mai tutto questo?

La risposta, ovviamente, è assai articolata ma, a mio avviso, una cosa è certa: tra i vari attori internazionali alla ribalta nelle guerre locali e negli atti di terrorismo non c’è, come fu a suo tempo nel conflitto balcanico, una voce unica dell’Europa che, con la sua tradizione di libertà e di welfare che la connota, potrebbe fungere da bilanciere tra i diversi interessi in gioco.

L’Unione Europea, nata come un sogno che, negli anni ‘50, ispirò il pensiero di grandi statisti e di un europeista convinto come Altiero Spinelli, è a mio avviso defunta ancora prima di decollare, se pensiamo a una figura “sbiadita” come quella della Mogherini, sebbene non per sue responsabilità, che dovrebbe essere l’Alto Rappresentante della Politica Estera e Sicurezza Comune, la cui voce appare fievole se non addirittura afona.

Per non parlare poi della Brexit, che ha segnato un duro colpo alla sopravvivenza dell’Unione e che rischia, come sappiamo, di aprire il varco ad altre defezioni, assestando un processo di frantumazione che potrebbe essere foriero di ulteriori conflitti.

La sensazione che provo, in questo momento storico dell’Europa, è che gli egoismi abbiano preso il sopravvento su quelli che furono i principi fondanti di questo nuovo soggetto internazionale, nato, come ebbe a dire a suo tempo l'allora Presidente della Commissione Prodi, per 50milioni di buone ragioni, quanti furono i morti causati dalla seconda guerra mondiale.

Chi crede ancora oggi in un ruolo determinante nello scenario politico internazionale dell’Europa?

Per dirla con Kissinger, “peccato che quando si cerchi il numero di telefono dell’Europa non si riesca mai a trovarlo”.

Dopo il picco raggiunto nel 2002 con la nascita dell’euro, la sensazione è che il percorso sia tutto in salita, se pensiamo anche alle iniziative nostrane che ne vorrebbero la abolizione e il ritorno alla lira.

Io vorrei che l’Unione Europea, invece che subire e tacere, parlasse, si facesse parte attiva nei conflitti in atto, perché, ancora una volta, come fu nella prima e nella seconda guerra mondiale, è nel suo territorio che si piangono le vittime civili di guerre che hanno origine e scenari molto lontani e che vengono orchestrate per ragioni che le sono in gran parte estranee, come dimostrano i recenti attentati a Berlino e a Londra.

Come cittadina europea che nonostante tutto si ostina a credere nell’Europa dei suoi fondatori, spero con tutto il cuore che la recentissima Dichiarazione di Roma, sottoscritta da tutti i 27 Paesi dell’Unione, segni la ripresa di un percorso forse faticoso, quanto indispensabilmente necessario.