di Antonio Corona

referendum-costituzionaleReferendum costituzionale, sondaggio Ipr Marketing(da il Resto del Carlino, pag. 8, 16 ottobre 2016).

Degli aventi diritto, il:

  • 52%, sono intenzionati a non votare;
  • 28%, non conoscono i temi della consultazione ma si recheranno alle urne;
  • 20%, si ritengono informati ed eserciteranno consapevolmente il loro diritto.

La Costituzione è il patto sul quale una intera comunità fonda la edificazione della pacifica e civile convivenza.

Al netto di una possibile, limitata, fisiologica minoranza contraria, contiene i principî che a tal fine quella stessa comunità dichiara di accettare e si impegna a rispettare.

In ogni autentica democrazia, è stipulato e sancito tra persone libere.

Ogni autentica democrazia non ha radiosi presente e futuro ove quel patto non sia avvertito come proprio (almeno) dalla massima parte dei consociati.

Il suo eventuale disconoscimento, determinerebbe lo sfaldamento della collettività potendo infine farla perfino sprofondare nel caos.

Come interpretare il 52% (a oggi) intenzionato a non votare?

Forse, che, in fondo, la questione non sia così fondamentale e dirimente.

Incomprensibile, allora, lo strepitio che sta caratterizzando la campagna referendaria.

Forse, che tanto non serva comunque a cambiare qualcosa.

Forse, ancora, che, agli occhi della gente comune, questo referendum si stia in realtà rivelando come una mera disputa all’arma bianca tra fazioni contrapposte, il cui principale obiettivo sia la sopraffazione dell’avversario.

Con la vittoria degli uni a suscitare il rancore negli altri, un rancore destinato a covare sotto la cenere in attesa di tempi migliori per la rivincita.

Non essendo previsto il quorum, a decidere le sorti del quesito sarebbe, stando al sondaggio, non oltre il 28% del corpo elettorale(non importa davvero se per il o per il no).

Tutta la sezione relativa all’assetto istituzionale, ovvero alle regole di funzionamento della democrazia, nelle mani di un manipolo…

A cosa si ridurrebbe la Costituzione?

Qui non si fa il tifo per uno dei due schieramenti.

Lo si fa per una consultazione che, per la posta in gioco, necessiterebbe di una ampissima partecipazione e di un analogo, incontestabile netto esito, quale che sia, favorevole o contrario.

In mancanza…

Lo si può su di una singola materia.

Ma non ci si può dividere sulla Costituzione, specie quando ne siano in gioco gli assetti istituzionali.

In particolare in momenti di crisi, come i correnti, quando vi sia cioè maggiore bisogno di vogare insieme nella stessa direzione, la responsabilità, prima, di una intera classe politica, è unire, non dividere.

Come si è arrivati a oggi?

In e per un clima da tutti contro tutti, di delegittimazione che, a turno, ha colpito e colpisce interi strati sociali e solletica la pancia dei delusi, degli insoddisfatti, degli arrabbiati spesso a prescindere: che peraltro, in non radi casi, niente o ben poco hanno fatto e fanno per meritarsi qualcosa con i propri impegno, sacrificio, forze, qualità.

Nel tempo, sotto accusa e randellati classe politica, “popolo delle partite I.V.A.”, scuola, pubblico impiego, sanità, e chi più ne ha ne metta.

Fino a mettere addirittura “giovani vs meno giovani”, così potendo altresì minare irrimediabilmente quel patto generazionale indispensabile per la tenuta di ogni società.

Divide et impera?

L’incipit è più o meno sempre il medesimo: occorre la riforma x perché il settore y è infarcito di lestofanti/incapaci/fannulloni/altri, sebbene(!) in esso operino anche(!!) persone capaci e scrupolose.

Ma non dovrebbe essere il contrario?

Ovvero, tra le tante persone capaci e scrupolose si annidano pure, purtroppo, dei lestofanti/incapaci/fannulloni/altri che vanno snidati.

Possibile, altrimenti, considerare il nostro come un popolo sostanzialmente infarcito di cialtroni, tutt’al più con qualche lodevole eccezione?

Ci si rifiuta di crederlo.

Non ci si illuda che esistano regole che garantiscano assolutamente il risultato.

Non si scarichi sulle regole la responsabilità di impropri comportamenti individuali.

Il bicameralismo può essere perfetto o meno ma, se ci sono sincere volontà e determinazione di essere al servizio della generalità, alla fine comunque funziona, pure nella diversità delle posizioni.

La democrazia non può, non deve ridursi a un mero insieme di disposizioni formali.

Se osservate lealmente, queste servono a far sì che il sistema funzioni utilmente.

Non pretendendo che suppliscano alla manchevolezza degli intenti.

Il prossimo 4 dicembre, a votare.

Una bassa affluenza potrebbe delegittimare gravemente qualsiasi risultato.

Analogamente potrebbe accadere se quel risultato risultasse in bilico, potendo inoltre innescare processi dagli imprevedibili sviluppi.

Servirebbe un riscontro chiaro, con una netta prevalenza, quale che sia.

Quello di cui non si avverte proprio il bisogno, è che ci si ritrovi infine con una profonda spaccatura.

Almeno, non sulla Carta fondamentale.

Almeno, non sulla Costituzione di noi tutti.