di Paola Gentile

immigrazioneDa un anno e mezzo, presso la Prefettura di Treviso mi occupo della accoglienza dei migranti e da meno di un mese faccio parte, in qualità di Presidente di turno, della neonata Commissione Territoriale per il riconoscimento della Protezione internazionale, di recente istituita in quella città.

Vorrei raccontarvi la mia esperienza, perché grande è stata la mia delusione nel trovarmi faccia a faccia con i richiedenti asilo che chiedevano la “protezione” e che raccontavano le loro storie: né guerre, né persecuzioni, ma soltanto beghe familiari, molto simili tra loro, che finivano quasi sempre in un carcere libico e poi in un barcone che li ha portati in Italia.

Persone senza una chiara visione del proprio futuro, senza progetti di vita, poco integrati in quanto, sebbene siano sul territorio nazionale da più di un anno, non conoscono la lingua italiana, principale veicolo per adattarsi a nuova vita che dovrebbero costruirsi una volta giunti in Europa.

Grandi, in tutti questi mesi, sono state le energie da me profuse per accogliere dignitosamente queste persone, alcune delle quali giunte via terra, a piedi, dall’Afghanistan o dal Pakistan, terre nelle quali vivere non è certamente semplice, stante la instabilità dominante e la fame che ne consegue.

Vedersi di fronte tale gente, credetemi, non è molto edificante e quello che si fa per agevolarli è certamente un atto di pietà dovuto a chi, non per propria colpa, si trova in condizioni miserevoli.

Dico questo perché credo che l’Europa, di fronte al problema dell’immigrazione che tanto la affligge, non è scevra da colpe, avendo in qualche modo contribuito a destabilizzare le zone dalle quali provengono i migranti.

Credo, sulla base della mia esperienza, che dovremmo prendere esempio dalla Francia e dall’Inghilterra che conoscono il fenomeno dell’immigrazione da molto tempo prima di noi e che hanno “inglesizzato” e “francesizzato” i propri migranti.

Anche noi dovremmo fare uno sforzo in questo senso, avendo presente che i richiedenti asilo che si trovano sul nostro territorio, prima o poi, che ottengano o meno la protezione, si troveranno nella condizione di perdere l’accoglienza che gli viene offerta e, se non perfettamente integrati, si troveranno in condizioni di grande difficoltà.

Pertanto, tutti gli Enti che offrono accoglienza, avendo presente questo quadro, dovrebbero impegnarsi sempre più nel processo di “integrazione”, fornendo ai migranti tutti gli strumenti necessari per non trovarsi, come purtroppo spesso accade, nella condizione di non sapere gestire la propria vita.