di Antonio Corona

love_never_dies4° posto: Evita(1976).
 
Non del tutto convincente. Ci si ricorda di Don’t cry for me(Argentina) e poco più. Non entusiasmante il valore aggiunto della trasposizione cinematografica con Madonna e Antonio Banderas(attore, non cantante…).

3° posto: Cats(1981).

Celeberrima, Memory. Funzionale a una narrazione per “quadri”, un po’… “canzonettaro” il resto, unito da un filo conduttore. Originale e per certi versi toccante la storia. Costumi bellissimi(almeno per l’epoca).

2° posto: Jesus Christ Superstar(1970). Trascorsi ormai quaranta anni, è penalizzato da una qualità di incisione ormai vetusta e in gran parte inadeguata. Ciononostante, impreziosita da una trama armonica di notevole valore, è una autentica, sanguigna e coerente opera rock. Basti pensare che il “primo” Jesus in versione discografica è interpretato nientemeno che da Ian Gillan, vocalist dei mitici Deep Purple(per chi si voglia togliere lo sfizio, digitarne su google il nome accompagnato dal titolo del musical). Il film è stato un successo planetario. Hit trainanti, Superstar e I don’t know how to love him. Splendida, Gethsemane. I only want to say.

1° posto: probabilmente inarrivabile e ineguagliabile, The Phantom of the Opera(1986).

Oltre 22 milioni di spettatori a teatro, 29 anni ininterrotti di repliche: trovare un biglietto abbordabile(a Londra), senza il rischio di trovarsi in teatro dietro una colonna, costituisce tuttora impresa non da poco. Il “copione” di Gaston Leraux(il libro è dei primi del ‘900) già di suo è avvincente ed emozionante. Le arie musicali – di chiara impostazione operistica che però non disdegna contaminazioni rock(ne è evidente dimostrazione proprio il brano omonimo) e ammiccamenti alla migliore tradizione broadwayana – rappresentano forse il culmine, il connubio, la interazione perfetti delle diverse “anime” artistiche che pervadono un ispiratissimo compositore giunto alla piena maturità. I migliori interpreti di sempre sono Michael Crawford e Sarah Brightman. Le loro straordinarie performance sono consegnate per sempre alla storia nella versione discografica originale, in commercio. Un vero peccato che non ve ne sia anche una cinematografica. Tanti anni dopo, all’inizio di questo millennio, sarà realizzata sotto la regia di Joel Schumacher, con Gerard Butler(attore, non cantante…) nel ruolo principale, nella impossibilità di reggere il paragone con Crawford. Preferibile – pure in blue ray – la rappresentazione alla Royal Albert Hall, per il 25° anniversario, con Ramin Karimloo e Sierra Boggess. Ma comunque la si metta, The Phantom è e resta un autentico capolavoro. Tra i numerosi brani di impatto, The music of the night, Think of me, The point of no return.

Fuori graduatoria, in quanto non altrettanto famosi e meno coinvolgenti, Aspects of love(1989) e Sunset Boulevard(1993).

Questa in sintesi, a parere (certamente opinabile) dello scrivente, la graduatoria “ideale” della produzione maggiore del più grande compositore(di musical) di tutti i tempi: Sir Andrew Lloyd Webber.

… e “Love never dies”?

Bella domanda.

Non semplice la risposta.

E non tanto in ragione delle relativamente poche repliche succedutesi in giro per il mondo(a Broadway, per esempio, benché annunciata, risulta non sia stata mai messa in scena).

Quanto, piuttosto, poiché si tratta del sequel del Fantasma, dal quale non si può perciò prescindere.

La storia, in tutta onestà, non è all’altezza del complesso ordito di Gaston Leraux.

Viceversa, la semplicità ne agevola notevolmente la immediata comprensione.
 
Il confronto, inevitabile, con l’assoluto masterpiece che lo precede, è su allestimento teatrale(degno di nota, splendido in alcuni momenti), libretto(che, poco dopo il debutto, è stato necessario rimaneggiare) e, soprattutto, partitura musicale, sostanzialmente, questa, sulla linea di The Phantom. Senza entrare in dettagli che disvelino la trama, sembra potersi asserire che molto si giochi volutamente sulla diversità delle parti affidate a Erik(il “vero” nome del Fantasma) e Christine Daaé e quelle degli altri interpreti, quasi a volere marcare nettamente  la sublimità compositiva del Fantasma – che è anche un compositore, così facendone rifulgere il genio creativo – da tutto il resto, un insieme di motivi peraltro accattivanti e gradevoli.

Significativa in proposito, per esempio, la differenza fra il lacerante e disarmonico Don Juan – l’opera scritta dal Fantasma, nella quale è incastonato lo splendido duetto di The point of no return, intorno alla quale andrà a consumarsi il drammatico epilogo del primo musical – e la melodiosa Love never dies, brano omonimo del sequel, l’ultima propria composizione che Erik pretende interpretata almeno una volta da Christine. Come ammaliato e inguaribile fan di The Phantom of the Opera, la prima istintiva tentazione è quella di una bocciatura del sequel senza possibilità di appello.

Di contro, cercando, non senza fatica, di essere… al di sopra di ogni sospetto di partigianeria, occorre riconoscere che qui e là si avvertono gli anni passati tra i due musical.

In termini di ispirazione pura, il primo appare assolutamente inavvicinabile.

Viceversa, con il secondo si ha l’impressione di un processo di maturazione artistica(e del relativo mestiere) di Lloyd Webber mai arrestatosi.

Un Webber che riesce a coniugare una pressoché immutata incisività con una maggiore semplicità di linguaggio e immediatezza, senza rinnegare se stesso e rimanendo a se stesso coerente.

Insomma, a essere onesti, nonché al netto della storia, che potrebbe essere pure completamente reimpostata, l’effetto di, e giudizio su, Love never dies potrebbe risultare di ben altro tono se non si trattasse di un sequel e se The Phantom non esistesse e non costituisse perciò ineludibile pietra di paragone.

Come è noto, però, con i se e con i ma la storia non si fa.

Non rimane allora che predisporsi all’ascolto e alla visione possibilmente senza pregiudizio e preconcetto alcuno.

Si riesce così a godere tutto il buono, e ve n’è, di una opera che, come si è detto, ha probabilmente l’unico, vero, grande torto di essere la continuazione di The Phantom of the Opera.

Da consigliare, quindi?

Sicuramente agli amatori del musical, ancor più se seguaci di Sir Andrew Lloyd Webber.

Agli altri, perché la musica di  livello può soltanto fare bene.

Love never dies è disponibile, in blue ray o dvd, sicuramente su Amazon.

Ne esistono più versioni.

Qui si è fatto riferimento all’allestimento di Melbourne.

Torneranno gradite eventuali considerazioni e ulteriori indicazioni.

Non ultimo, ai fini del “posto” da assegnargli nella “ideale” graduatoria della produzione dello straordinario musicista inglese.