di Antonio Corona

bruxellesOrrore.

Ovvero, umanissimi cordoglio, costernazione, compassione per le vittime e i loro cari.

Difficile stabilire priorità di sentimenti ed emozioni all’indomani della consumazione di una (ennesima) strage.

Nel mentre, nelle more di ulteriori, prevedibili, annunciati lutti, ormai stucchevolmente liturgico risuona lo scorrere di reazioni così tanto sempre più uguali a se stesse quanto parimenti vuote e inconcludenti.

Lunari appaiono le dispute “accademiche” su quale definizione sia corretta tra Isis e Daesh.

Come un orologio svizzero, puntuale da ogni dove giunge l’eco dei “je suis… (parigino, belga, si vedrà quale sarà il prossimo)”.

Fiaccolate, mazzetti di fiori, cuoricini, bigliettini, palloncini invadono piazze e cieli, adornano altari improvvisati.

Appena pochi mesi fa, Parigi.

Ora, Bruxelles.

Qui Europa. I tagliagole hanno colpito. Di nuovo.

Non ha poi tanta importanza se direttamente o in franchising.

Poco importa a quei corpi distesi e lacerati da ordigni esplosivi infarciti di chiodi, a coloro che li stanno piangendo.

Smarrisce la sensazione della mancanza di un obiettivo strategico condiviso in questa lotta al terrorismo di matrice islamica.

L’Is va combattuto, contenuto o annientato?

Eppure, c’è differenza.

Non escludendo peraltro che, come ad Al Qaeda sia di fatto succeduto l’Is, scomparso eventualmente quest’ultimo, qualcos’altro possa occuparne il posto.

Un po’ come accade con le diverse famiglie della camorra, inesauribile idra: tagliata una testa, ecco spuntarne un’altra.

Su queste stesse colonne, si è in passato ripetutamente asserito come non sembri un caso che la camorra sia in(/originata dalla) Campania, la mafia in Sicilia, la ‘ndrangheta in Calabria, quali forme/espressioni degenerate di un determinato e delimitato humus culturale.

Pare insomma verosimile che sia insito a settori dell’Islam – se si voglia, appunto, come degenerazione – quel peculiare modo di essere che ha insanguinato Parigi e Bruxelles.

In Occidente non ci si stanca di ripetere fin oltre la noia che, quella terroristica, sia una lettura sbagliata del Corano.

Deve essere sicuramente così.

Si tratta allora soltanto di convincerne gli autori di tanti efferati crimini.

E nel frattempo…?

Intelligence!

Su questo, sembra si sia tutti d’accordo.

Salvo poi non riuscire a mettere in piedi una qualche, conseguente struttura unitaria.

Può bastare l’intelligence, possono risultare decisivi i corpi speciali?

In ogni conflitto se ne è fatto e se ne fa ampio uso, ma non esclusivo.

Intelligence e corpi speciali possono svolgere una utilissima attività collaterale di supporto, non al punto però da sostituirsi a carri armati, missili, boots on the ground.

Beninteso, sempre che si ritenga veramente di essere in conflitto con qualcuno e qualcosa.

Benché, infatti, ricorrente sia il “Siamo in guerra!”, ecco gli stessi esponenti di governo occidentali che l’hanno proclamato ammaliati, un attimo dopo, dalle mille e una ragione che ne scoraggiano le inevitabili conclusioni.

Si aumentano le misure di prevenzione.

Ineccepibile.

Illusorio però al contempo ritenerle, da sole, sufficienti.

I potenziali obiettivi sono pressoché illimitati, come tali non tutti adeguatamente difendibili.

Le blindatissime Bruxelles oggi, Parigi qualche mese fa, lo hanno dimostrato.

Senza considerare, con il passare del tempo, l’inevitabile rilassamento di un apparato di sicurezza che non può rimanere in massima allerta all’infinito.

Basta uno sguardo alla postura di tanti militari e poliziotti schierati in armi nelle vie e nelle piazze di mezza Europa.

Almeno una parte della risposta alla minaccia può essere culturale.

Con la consapevolezza che non è risultata a suo tempo bastevole, la cultura, a evitare che un Toni Negri diventasse un “cattivo maestro”.

Che, ancora prima, il colto hegelismo finisse per costituire il brodo di coltura ideologica al quale si sono abbeverate le tragedie del novecento.

Cultura sì, ma quale, dunque?

Ci si dovrebbe forse altresì chiedere cosa si sia disposti a postare sul piatto della bilancia.

Oro, sembrerebbe, come nel caso dei seimiliardi di euro promessi alla Turchia di Erdogan, alla quale si intenderebbe altresì schiudere le porte del Vecchio Continente in cambio di decine di migliaia di migranti di ritorno.

Pare di essere tornati ai tempi del tardo Impero romano d’Occidente, quando si pensava di comprare con convogli di preziosi la benevolenza dei competitor di turno.

Si sa come poi sia andata a finire.

L’impressione, è che l’Europa appaia come paralizzata di fronte alla mera possibilità di mettere in campo uomini e ingenti risorse economiche.

Il benessere non induce al sacrificio, inclina le opinioni pubbliche a invocare una qualsiasi soluzione purché non si abbia a pagare pegno: meglio a conti fatti accettare la lotteria di un attentato che non è detto debba necessariamente capitare dove si sia?

Tutto sommato,… potrebbe fare pur sempre meno vittime di un qualsiasi disastro aereo o ferroviario ed è sempre meglio che mettersi l’elmetto e partire.

Ah, care, vecchie e purtroppo scomparse compagnie di ventura…

L’arma decisiva potrebbe essere la esportazione proprio del benessere.

Non sono le stesse fazioni sanguinarie dell’Islam a temerne contagio e contaminazione?

Nondimeno, anche siffatta soluzione presenterebbe un inconveniente: la redistribuzione di risorse e ricchezza, con la contestuale rinuncia ad almeno parte degli agi acquisiti, tali pure in momenti di crisi acuta se rapportati a come se la si passa in altre parti del globo terracqueo.

E allora?

Ma sì…

Chissà che non sia meglio lasciare stare, avanti con un’altra fiaccolata, avanti tutti insieme a manifestare, “je suis…”.

Se ne riparla alla prossima.