di Leopoldo Falco

organo_trapaniQuesto il titolo del Convegno, della durata di tre giorni, organizzato a Trapani da una cittadina tedesca sposata a un trapanese e responsabile della locale Associazione culturale italo-tedesca.

L’evento, al quale partecipavano 150 ospiti tedeschi, tra cui più personalità, proponeva un programma culturale di grande interesse, che si sviluppava su più realtà territoriali e culturali della provincia: l’incontro di saluto e accoglienza era stato previsto in Prefettura.

La sera precedente, la giovane vice Ambasciatrice tedesca in Italia venne a portare in Prefettura il proprio saluto e, in un incontro iniziato con toni protocollari, ma poi proseguito con modalità informali, manifestò il proprio apprezzamento per l’arte italiana, al punto da chiedere di fotografare con il cellulare alcuni dei quadri che arredano la Prefettura.

La mattina successiva, alle ore 9,00 in punto, gli ospiti tedeschi erano tutti seduti ai loro posti nel salone della Prefettura, in attesa dell’inizio dell’evento: constatando il ritardo della maggior parte dei partecipanti trapanesi nell’intervento di saluto non ho potuto non evidenziare che lo scambio culturale era già iniziato…

Alla conclusione dell’incontro, nel quale era stato rappresentato il ricco programma della manifestazione, l’autorevole ospite mi manifestò entusiastico apprezzamento per i saloni di rappresentanza della Prefettura e per le opere d’arte ivi esposte.

Constatando il suo evidente interesse artistico, ho ritenuto di consigliarle la visita allo splendido museo Pepoli che avevo notato non presente nel programma: la risposta, tanto spontanea quanto diretta, “Prefetto, sarebbe un sogno!”, mi portò a rappresentare alla organizzatrice quel desiderio.

L’idea di distrarre per alcune ore l’ospite più prestigioso dal rigoroso programma creò qualche imbarazzo; ma, preso atto della evidenza, si decise di affidare al marito trapanese il compito dell’accompagnamento alle h.15 al museo, dove la visita guidata sarebbe stata curata dal Direttore resosi immediatamente disponibile.

La successiva domenica  mattina, invitato dall’organizzatrice a raggiungere una ristretta delegazione di ospiti, tra i quali la vice Ambasciatrice, presso una chiesa di Trapani, peraltro di proprietà del FEC, per ammirare un famoso organo ivi presente, ho avuto un dettagliato resoconto di quanto avvenuto.

La visita museale aveva suscitato emozioni profonde nella nostra ospite, che nel suo perfetto italiano ribadiva la sua riconoscenza dicendosi conquistata dalla bellezza delle opere e, in particolare, dai coralli e dalle maioliche.

Il racconto degli eventi successivi diveniva poi esilarante in quanto, rimasta per motivi incomprensibili appiedata, per far rientro in albergo era salita con le sue accompagnatrici su un autobus di linea. Lì l’autista, compreso il prestigio del passeggero, aveva ritenuto di deviare il percorso del mezzo di linea, trasformandolo di fatto in un taxi, e di condurre la personalità alla sua destinazione.

Questa narrazione fu difficoltosa, perché interrotta da una travolgente ilarità che derivava dalla sorpresa per una situazione inimmaginabile, vissuta con evidente simpatia. Direi anzi, anche questo incredibile, con amicizia e ammirazione, nel riconoscimento di una diversità positiva.

La successiva visita del gigantesco organo contribuì ad accendere ulteriormente l’atmosfera che si era venuta a creare.

Saliti sull’altissimo soppalco, l’esperto che ci guidava raccontò di essere venuto anni prima dalla natia Umbria per studiare questo organo “unico al mondo” prevedendo di rimanere a Trapani una settimana; vi era invece rimasto più di un mese, in quanto lo strumento, straordinario nella sua unicità, lo aveva stregato.

Realizzato due secoli fa da Giovanni La Grassa, un organista analfabeta, ha la particolarità di poter riprodurre tutti i suoni tipici di una banda in quanto l’artista, considerato che all’epoca Trapani ne era sprovvista, aveva ovviato a questa lacuna dotando l’organo, non più solo organo, di tutti i suoni che potessero servire in qualsivoglia festività civile e religiosa.

La Grassa aveva realizzato lo strumento esclusivamente con le proprie mani discostandosi dalle tecniche canoniche: le canne, altissime, erano di un materiale leggero, per non gravare il palco di un peso eccessivo;  l’impianto  musicale,  unico  nella sua complessità, le parti in legno, in cuoio e in pelle,  di  notevole  fattura,   gli  intarsi,   gli stucchi e i dipinti, erano stati tutti realizzati personalmente dal maestro, senza alcun aiuto.

Durante la realizzazione dell’opera, pare che La Grassa trascorresse anche le notti con il “suo” organo, alternando fasi febbrili di lavoro a pause di sonno che si concedeva lì sul palco.

Un racconto da brividi, arricchito dal contatto fisico con lo strumento, dotato di tre piani che ne consentono l’utilizzo contemporaneo da parte di tre musicisti: una delle giovani accompagnatrici della vice Ambasciatrice si dichiarò esperta di organi e, emozionatissima, iniziò con il maestro umbro una estemporanea esibizione.

Il commiato è stato molto caloroso.

La vice Ambasciatrice, salutandomi, ha offerto di organizzare a Roma una conferenza stampa per informare di quel gioiello poco conosciuto: confido che lo faremo.

Ha anche osservato che se l’evento intendeva stupire con le bellezze del territorio, aveva conseguito l’obiettivo e quella scoperta aveva donato intense emozioni.

Perché evidentemente la nostra Italia, che racchiude tesori unici, è in grado di stupire ed entusiasmare dei visitatori sensibili non abituati, come noi, all’improvviso contatto con il genio e il bello.