Chi bara al gioco della Big-(dis)Information?

Tanti. Davvero forse troppi attori che si confondono nell’intreccio delle migliaia di fili virtuali che stanno dietro tutte le trasmissioni (si parla qui dell’intero panorama mediatico occidentale) di grande ascolto, con in primissima fila i talk dalle ore 20.00 in poi. Ormai, è ben chiaro a chiunque come la frequenza elevata di apparizione e di intervento di personaggi all’inizio semisconosciuti abbia come effetto, a seguito di questi “continui rimbalzi” in progressione geometrica, di renderli delle personalità di primo piano, fino a costruire su di loro e su misura carriere politico/mediatiche di grande successo. I Cinque Stelle pre-2018 costituiscono un esempio lampante in tal senso.

Ora, chiaramente, chi tra gli ignari spettatori sarebbe in grado di vedere sullo sfondo i “Burattinai” che stanno di volta in volta dietro questo complicatissimo sistema-meccanismo?

Anche perché, per farla più complicata, dietro le trasmissioni ad audience più elevata si intrecciano un numero davvero incredibile di livelli di interesse e di interconnessioni opache tra questi ultimi (ricordiamoci che, oggi, dopo l’Homo Sapiens stiamo arrivando noi, quelli dell’Homo Ocularis), che vanno dagli investimenti pubblicitari, alla captatio benevolentiae di gruppi di potere politico-economici; al condizionamento puro e semplice di interi comparti della pubblica opinione da parte di influencer che agiscono in rappresentanza di soggetti collettivi non dichiarati e non di rado occulti.

Purtroppo, duole dire che la verità oggettiva per via mediatica semplicemente non esiste! La guerra (in Iraq ieri e oggi in Ucraina) diventa così una sorta di campionato del mondo a squadre per far soldi e costruire carriere, in cui viene sempre e comunque fabbricata una verità vincente di comodo, o quantomeno parziale. Il problema però, per gli gnomi che stanno maliziosamente (o colpevolmente) dietro tutto ciò, è rappresentato dal fatto che, nonostante tutto, costoro non immaginano nemmeno il mondo dell’ombra che si muove sulle loro tracce 24 ore su 24. Perché poi, siamo franchi, le civiltà organizzate (tutte, nessuna esclusa) sono un immenso suk di ricatti, baratti, scambi in natura, compresi i favori sessuali, la droga e il denaro (le “Quattro Esse” del Diavolo, in pratica: “Soldi-Sangue-Sesso-Stupefacenti”), contraddistinto dalla lotta tra lobby, poteri, gruppi di interesse e agenti di influenza di ogni ordine e grado. Oggi infatti, per tutti loro e per tutti noi, esistono delle trappole informative di prima grandezza messe a punto dai vari Big Brothers. Prendiamo l’orizzonte limitato dei talk: basta costruire un Big Data(storicizzato con tutte le puntate dalla nascita del singolo talk a oggi) facendo poi “girare” su quest’ultimo un evoluto sistema di Artificial Intelligence(AI) che vada molto oltre la semplice registrazione della dinamica crescente, riguardante le apparizioni dei singoli personaggi da mettere in pista e valorizzare. Si pensi, in tal senso, a programmi evoluti di analisi dei dati, in grado di mettere assieme sistematicamente molte altre informazioni e connessioni, attraverso l’analisi costante e dinamica di elementi solo apparentemente slegati tra di loro.

Tanto per aprire gli occhi agli ingenui: veramente c’è chi ancora pensa che i Big Data accumulati da Google, Microsoft, Fb, Ali Baba, Tik Tok, e così via non vengano in qualche modo “duplicati”, affinché le varie intelligence nazionali(cinese, russa, americana) ne traggano correlazioni interessanti, facendo girare su quei bacini immensi di dati le loro applicazioni di AI?

Quindi, i Padroni del Mondo sono già oggi, e lo saranno ancora di più domani, le Tecnostrutture e chi si ritrova pro tempore ai loro vertici. Perché poi chi crede di manipolare l’informazione (dal rispettivo orizzonte operativo, politico, economico e finanziario) ancora si illude di poter evadere i potentissimi mezzi, sempre più sofisticati, degli algoritmi che girano sui Big Data, fatti apposta per il rilevamento delle minacce occulte e per ricreare attraverso filtri categoriali e accurate profilazioni, pur nell’apparente caos della infodemia, quali poteri, conglomerati di interessi e obiettivi di condizionamento mediatico delle pubbliche opinioni (soprattutto radiotelevisive dei canali pubblici e privati di grande diffusione) stiano dietro la facciata dei media radiotelevisivi. Non è poi così complicato. Un esempio banale: basta tracciare le occorrenze (associandole alla trascrizione testuale degli interventi orali) di un determinato personaggio “P”, incrociando contestualmente i suoi legami sui social, sui numeri in chiamata o in uscita registrati nel traffico delle reti telefoniche e il gioco è fatto.

Sarà bene ricordare, infatti, che nel dark web sono in vendita non solo i suddetti tabulati telefonici ma anche molto, molto altro che riguarda i dati sensibili delle persone, come le banche dati delle cartelle cliniche digitalizzate. È importante ricordare alle persone meno esperte di interrogarsi sul perché uno degli obiettivi privilegiati degli hacker internazionali(gruppi criminali e, non di rado, statuali) sia costituito dalle informazioni sensibili rubate alle strutture sanitarie. Per non parlare poi dell’hackeraggio relativo al tracciamento dei movimenti contabili sui conti correnti bancari, che non è necessario depredare per farli valere oro colato. Qui non si tratta (o meglio: c’è anche questo aspetto, ma non è di primaria importanza) di catalogare le Spectre che in questo momento stanno agendo da protagoniste nel mondo delle ombre, quanto di capire come ciascuno di noi, famoso o semplice cittadino, sia inevitabilmente esposto al rischio di essere messo completamente a nudo da soggetti acefali di cui non si verrà mai a conoscenza, in merito alla loro effettiva esistenza.

Perché, in fondo, questo è il prezzo da pagare (e che aumenterà con il progredire della digitalizzazione) a una società sempre più “numerizzabile”, dato che tutto quello che diciamo, scriviamo, facciamo può essere spietatamente posto sotto forma di sequenze finite e neutre di “zero-uno” (quelle infinite, addirittura, approssimano qualsiasi numero reale!) e, quindi, analizzate da qualsivoglia Macchina di Touring, come un computer, attraverso programmi informatici specifici. Meglio togliersi dalla mente strane e ricorrenti idee sui Grandi Vecchi: oggi, il solo Burattinaio globale è virtuale e si chiama S.M. l’Algoritmo! In tutto questo, noi non ci salviamo dalla Disinformatja all’italiana, che è poi un’altra faccia della Guerra Ibrida nei Media mondiali. Ormai, “La storia non siamo noi!”, dato che la fanno le Macchine, dopo la realizzazione pratica dell’inquietante scenario ipotizzato da George Orwell nel suo famoso romanzo 1984. Oggi, infatti, le civiltà sono confrontate alle così dette Guerre ibride, o delle “Tre D”, che rappresentano altrettanti corni del possibile fronte di attacco: Dominion, Digital, Disinformation (wars), in cui la prima coincide con la guerra classica di potenza e di aggressione per la conquista armata di territori, tipo l’attuale conflitto in Ucraina.

La seconda, invece, è “immateriale” (per modo di dire, in quanto i suoi effetti distruttivi sono concerti e, spesso, coinvolgono su larga scala i loro bersagli!), racchiudendo tutte le possibili versioni delle così dette cyberwar, resesi possibili da un ventennio a questa parte, a seguito della diffusione planetaria di Internet e della dittatura incontrastata della tripla “W” (www = world wide web). In questo campo dell’impero dittatoriale del numerico, hanno finora dominato le Major della Silicon Valley che ne avevano il monopolio di fatto, ricavandone profitti annuali (esentasse, praticamente!) per molte centinaia di miliardi di dollari. Oggi, questo assetto è in via di ridefinizione a seguito dell’iniziativa di grandi Paesi come Cina, Russia e Iran di dotarsi di proprie Intranet chiuse, che realizzano il famoso Surveillance State. In questo sistema del Grande Fratello, nulla sfugge alle pubbliche autorità sulla vita dei propri cittadini, in merito ai loro comportamenti pubblici e sociali, grazie a potenti algoritmi (anche di riconoscimento facciale!) che girano sui Big Data. A essere continuamente monitorati sono i regimi degli acquisti di beni, i contatti personali da cellulari, la cronologia dei siti web visitati, la partecipazione a manifestazioni pubbliche, e così via dicendo.

Nella digital war o cyberwar, l’agente aggressore si nasconde ovunque rendendo spesso non ritracciabile sia il luogo dal quale si genera l’attacco, sia il profilo statuale che se ne rende responsabile. Ma, gli effetti possono essere devastanti quanto quelli di una Dominion war portata in territorio nemico (senza rischiare però i famosi boots on the ground, né la vita di un solo soldato), come i danni collaterali per molti miliardi di dollari causati dal malfunzionamento o dall’interruzione operativa delle grandi infrastrutture di servizi, quali oleodotti, gasdotti, sistemi fognanti e idrici, reti elettriche e ferroviarie, strutture ospedaliere, banche dati e sistemi operativi delle pubbliche amministrazioni, o del sistema bancario nazionale e internazionale. La più temibile delle “Tre D” è, nel caso dell’Italia, proprio l’ultima, quella della famosa Disinformatja sovietica, veicolata attraverso i social e, soprattutto, tramite i programmi di grande ascolto delle reti radiotelevisive nazionali, pubbliche e private. Coinvolti di recente, in merito, sono stati conduttori, autori e testimonial/opinionisti più o meno pagati, soprattutto russi che hanno un rapporto prevalentemente organico con i media di quel Paese. Scontata la difesa dei responsabili delle trasmissioni incriminate, nel nome della libertà di stampa: il pubblico italiano è abbastanza adulto ed evoluto, per cui può benissimo in ogni momento cambiare canale.

Posta così, la questione suona malissimo. Infatti, poiché la Disinformation war non è per nulla uno scherzo e l’Italia sta fermamente dalla parte dell’Ucraina, fornendo aiuti e assistenza militare, così come concordato con la Ue e la Nato, allora, trattandosi di guerra ibrida condotta dalla parte russa, Paese aggressore dell’Ucraina, contro l’Occidente e, quindi, anche verso l’Italia, di conseguenza i suoi rilevanti aspetti investono direttamente la Sicurezza nazionale. Su questo fronte, a difesa della nostra integrità, è schierato da un lato il vasto campo dell’Intelligence e delle varie Agenzie di sicurezza, mentre dall’altro è attivo l’organismo parlamentare che si occupa del controllo sull’attività dei Servizi Segreti, al quale, in questo caso specifico, si affianca quello di vigilanza sulla Rai. Pertanto, qualora vi siano rapporti riservati sui collaboratori e opinionisti italiani e stranieri che si siano resi in concreto agenti d’influenza, o quinte colonne, della disinformata russa (grazie ai rapporti d’interesse intrattenuti con membri dell’intelligence di Mosca e con altri esponenti dell’establishment che ruota attorno all’Autocrate-Dittatore), è del tutto sensato imporre regole severe di condotta ai talk popolari e generalisti. Al di fuori del contesto delicato della Sicurezza nazionale, non sarebbe poi male mettere un freno (morale, diremmo…) a quei format-rissa, in cui tutti litigano e gridano contro tutti, anziché vedersi contingentati i tempi di intervento e di discussione, compresa l’esclusione sistematica dei microfoni (prendendo magari le mosse dalle regole che si sono dati Macron-Le Pen nel loro faccia-a-faccia alle ultime elezioni presidenziali), per coloro che non rispettino il proprio turno di intervenire o di replicare.

I conduttori, pertanto, devono, per grandi linee, essere preventivamente messi al corrente dal Presidente del Comitato Parlamentare di controllo sui Servizi Segreti(Copasir) sul reale pericolo rappresentato dalle fonti disinformanti, che abbiano intenzione di consultare e di invitare come ospiti nelle loro trasmissioni. L’informazione riguarderebbe, ovviamente, soltanto la parte ostensibile (a giudizio dell’organismo di intelligence che l’ha prodotta) degli atti in possesso dell’Organo parlamentare. I responsabili dei talk sarebbero poi lasciati liberi di scegliere tra i seguenti due atteggiamenti alternativi: in primis e preferibilmente, prima che gli ospiti appaiano in video, informare gli spettatori sui loro profili altamente disinformanti, chiedendo poi in diretta ai loro invitati italiani/stranieri di giustificare e/o contestare le informazioni precedentemente comunicate al pubblico in ascolto.

Secondariamente, decidere autonomamente di rinunciare all’apparizione in pubblico del contatto sospettato di essere un agente della disinformazione. Tuttavia, la sicurezza dello Stato rende preferibile che sia proprio il Copasir, con suo atto autonomo e sovrano, a disporre per i suddetti motivi (nel caso che le informazioni non possano essere rivelate per non compromettere le fonti riservate dei Servizi) l’esclusione de iure dai talk e dalle trasmissioni di approfondimento, sia nelle reti pubbliche che in quelle private, dei personaggi sospetti, liberando così conduttori e gestori da una responsabilità che, obiettivamente, trascende e vincola negativamente la libertà di cronaca e di informazione del giornalista. Il tutto avverrebbe, così, a porte chiuse, in modo da non eccitare gli animi dei pacifisti pro-Putin di casa nostra, sul tipo di certi docenti che insegnano tutte altre materie, ma si piccano di conoscere meglio di qualsiasi altro loro pari la Storia e la Geopolitica.