Curioso incontrarsi, neanche il tempo di conoscersi e… dirsi già addio.

“Niente di nuovo sotto il sole”, direbbero gli appassionati di Vi presento Joe Black, pellicola e cast superlativi.

Eppure è ciò che sta accadendo con quanti di voi che, per la prima volta, stiano scorrendo un esemplare di questa pubblicazione “artigianale”.

Infatti, dopo venti anni di onorata carriera, dopo ben oltre trecento raccolte, il commento chiude i battenti.

Non si escludono possibili ritorni di fiamma che, di norma, avranno comunque ed essenzialmente carattere episodico.

Per coloro che ne nutrissero eventualmente un qualche interesse, tutta la produzione rimarrà ovviamente disponibile su www.ilcommento.it, insieme ad alcune delle realizzazioni – da me ideate e coordinate – di eventi, e altro, di norma correlati a date significative nella storia del nostro Paese.

Non è mia intenzione tediare il paziente lettore ricapitolando le vicende di questa scommessa “editoriale”.

Per la circostanza, piuttosto, preferisco unire un brano musicale, a mie firma e “voce”.

VEDERTI ANDAR VIA

Come si dirà, non credo sia semplicemente un caso, una coincidenza, che la canzone in parola si intitoli Vederti andar via: la storia di un addio, appunto, una storia come tante.

Sia: ma perché proprio una banale canzone?

Perché rappresenta una parte, importante, di me, coerente con il saluto, scevro di noiosi discorsi di circostanza, che il

24 luglio u.s. ho reso alle autorità e alla cittadinanza nella imminenza del mio pensionamento.

È stato un commiato(se andate sul sito, ne troverete anche la registrazione integrale) attraverso il dipanarsi di suggestivi spezzoni di prosa e musica pop eseguiti, oltre che da me, da ospiti di straordinaria caratura.

Mi si consenta, perciò, di indugiare brevemente sul brano che qui vi lascio.

Non prima, però, di avere rivolto un affettuosissimo saluto e un altrettanto riconoscente grazie a Maurizio Guaitoli che, in questi lunghissimi e brevissimi venti anni, mi è sempre stato accanto, mi ha sostenuto, non ha mai mancato di proporre le sue riflessioni a viso aperto.

Riflessioni a volte, se si vuole, controverse quanto nondimeno sincere e coraggiose, oneste intellettualmente, mai sottomesse ai diktat di questo insopportabile, imperante politically correct.

E, perciò, libere.

Esattamente come ha voluto essere, è stato, semmai sarà ancora, il commento.

Era il 1977, l’anno di uscita di Com’è profondo il mare.

Da tempo girovagavo per case ed etichette discografiche con i miei fogli di parole e accordi sotto il braccio.

Se rammento bene, fu proprio in quell’anno che conobbi il Cenacolo, sulla via Nomentana, dall’altra parte di Roma, un posto tranquillo immerso nel verde con diversi studioli di registrazione, allora gestito dalla RCA, dove sono passati pressoché tutti i “grandi” dell’epoca della “scuola romana”.

Ricordo ancora un turnista che, prima di cimentarci nel provino di un mio pezzo, per farmi coraggio mi disse: “su questa stessa bobina prima di te ha lavorato Antonello(Venditti, n.d.r.), vedrai che ti porterà fortuna”.

Ero una via di mezzo tra diversi cantautori, all’inizio è difficile discostarsi nettamente dalle proprie “muse”.

Nondimeno, incuriosivo.

Ero ancora acerbo, ma piacevo.

Sia come sia, forte del motivo(Vederti andar via, qui in allegato) appena pentagrammato per la circostanza, mi iscrissi a un concorso canoro patrocinato dalla medesima RCA – Centocittà, mi pare si chiamasse – e trasmesso da una emittente televisiva locale, Quinta rete, una delle maggiormente seguite al tempo.

Riuscii a racimolare (dai miei genitori, che mi seguivano con trepidazione, preoccupati com’erano del mio futuro) quanto bastava per una incisione su REVOX quattro piste e, con una sparuta pattuglia di amici suonatori, e anche un po’… suonati, mi gettai nell’agone con l’entusiasmo e le speranze di un ventenne.

Superai le diverse selezioni e approdai infine alla finale per la regione Lazio.

Ero tra i favoriti ma, nella giuria, un membro – che legittimamente mi preferì Mario Castelnuovo, poi vincitore con Oceania(la si trova ancora su youtube) e che vanterà (almeno) una partecipazione al festival di Sanremo – mi fu fatale.

La delusione mi risultò tanto cocente che per un certo periodo smisi persino di suonare e di cantare.

Avrei ripreso soltanto diversi anni dopo. Quando, dopo una enormità di porte di nuovo sbattute in faccia, mi fu offerta una occasione imperdibile e soprattutto irripetibile.

Ma non la colsi.

Ligio a un patto stretto in tempi non sospetti con mio padre, optai invece per raggiungere Venezia, la mia prima sede di servizio.

Quante emozioni, quanti batticuori dentro di me lungo quel viaggio.

Sul treno che mi stava portando in laguna – niente neanche lontanamente a che vedere con i moderni Frecciarossa – uno sconosciuto viaggiatore mi disse come nel mio sguardo si leggesse l’importanza di quel mio andare.

Sia come sia, con la partenza dalla capitale…

Qualche tempo fa, misteriosamente, Vederti andar via è riapparsa nella mia mente, emergendo dall’oblio in cui era sprofondata.

Un po’ alla volta, ho rimesso insieme note e testo.

Interpretando il tutto come un segno – e i segni vanno assecondati… – ho deciso di registrarla nuovamente e di offrirvela come mio ricordo: certi versi inusuale, atteso il ruolo da me rivestito in tanti anni di vita professionale.

È dedicata?

Che importa…, lasciamola avvolta nel non detto.

E non vi aspettate mirabilie, non è il caso davvero.

Tutt’al più, una autentica canzone anni ‘70.

Per l’ascolto, permettetemi di consigliarvi la cuffia.

Ma poi, fate un po’ pure come vi pare.

Ciao!

Prefetto a riposo Presidente di AP-Associazione Prefettizi

Ideatore, coordinatore e redattore de il commento

 

p.s.

Mi capita di raccontare che non di rado, dopo avermi sentito cantare, le persone mi chiedano perché mai non abbia continuato anziché fare il prefetto.

Lasciandomi tuttavia con l’amletico, terribile dubbio: ma sono stato proprio un disastro, da prefetto?