di Antonio Corona*

2 giugno 2021.

Forlì, piazza Ordelaffi, antistante al Palazzo del Governo.

Ore 9.15.

Palpabili l’attesa e la curiosità.

Potente e pulita, improvvisa quanto inattesa, si alza nell’aria la voce suadente di un violoncello.

Sapienti dita nervose cesellano virtuosismi incastonati in sequenze armoniche restie a offrirsi nella immediata riconoscibilità ai palati anche i più sopraffini.

Incalza d’un tratto il ritmo, il brano infine si disvela.

È Kashmir, Led Zeppelin.

A intonarlo è sempre il violoncello, non più solitario, bensì corroborato da una orchestra intera insolentita dalla impertinenza di graffianti chitarre elettriche.

Neanche il tempo perché la sorpresa si dilegui, che il portone della Prefettura lentamente già si dischiude.

In controluce, le figure di due Poliziotti.

Avanzano, si posizionano ai lati, solenni e austeri nella loro alta uniforme.

Kashmir sta intanto eplodendo gli ultimi bagliori di note intimamente consapevoli e soddisfatte di avere adempiuto in pieno il compito ad esse assegnato.

Qualche momento ancora.

Il Prefetto valica la soglia del Palazzo del Governo.

Si dirige verso il leggio.

Prende la parola.

“2 giugno 2021, settantacinquesimo anniversario del referendum che decretò la nascita della Repubblica.

L’esito di quel voto sugellò, senza possibilità di appello, la chiusura di una tragica parentesi storica protrattasi per oltre vent’anni.

Da quel voto scaturì la Costituzione, al centro l’essere umano, comunità di sorelle e fratelli.

Una Costituzione che non concede spazio alcuno a discriminazioni e vessazioni di sorta.

Una Costituzione posta a inespugnabile presidio dei diritti fondamentali, e correlate responsabilità, di ciascuno di noi, cittadini liberi e consapevoli.

Una Costituzione che fonda la sua profonda ragion d’essere sul rispetto reciproco.

Reciproco rispetto.

Presupposto di ogni sentimento vero, puro, incontaminato, gratuito.

Immacolato.

Reciproco rispetto, baluardo formidabile a garanzia di ogni vivere civile.

Un vivere civile temprato, in questi interminabili, ultimi mesi, dalle sofferenze, dalle ansie, dalle angosce per il presente e per l’avvenire.

Sembra ora finalmente giunto il momento di rialzare il capo, di riappropriarci, con le dovute cautele, della vita, della nostra vita, della vita di tutti i giorni, di una vita come voglia di viverla questa vita.

Possa, questo 2 giugno, segnare idealmente l’aurora, irreversibile e luminosa, di un novello inizio.

Di una ordinata, ritrovata, rinnovata, serena convivialità.

Un 2 giugno che, come sempre vorremmo fosse, sappia e sia di giornata di festa.

Al quale sia dunque la musica, nelle sue diverse declinazioni, colonna sonora della nostra esistenza, a offrirsi damigella per un primo benvenuto.

 Buon compleanno e grazie, amatissima nostra Repubblica.”.

Avanti, che la Festa cominci.

Non è stato un 2 giugno qualsiasi, quello di quest’anno, tantomeno semplice da organizzare.

Settantacinquesimo da onorare come si convenga, ancor più per la intrinseca sua valenza simbolica correlata alla invocata, e auspicabilmente definitiva, “svolta” in atto.

Consegna dei diplomi(trentanove…) di onorificenze O.M.R.I.(Ordine al Merito della Repubblica Italiana), conferite in particolare a quanti si siano particolarmente prodigati e distinti nelle attività di gestione della emergenza pandemica.

Il tutto, in una situazione significativamente condizionata dalle restrizioni anti-covid.

Non ultimo al fine di scongiurare possibili assembramenti, la soluzione più ragionevole e funzionale è apparsa quella di “spacchettare” l’“evento” in tre distinti quanto comunque consequenziali “segmenti”(in altrettante differenti location), ognuno con il dovuto rilievo.

1° giugno, ore 17.45, interno Prefettura(giardino).

Consegna diplomi.

Una play-list di motivi, in versione originale, in voga nel 1946(straordinario, tra gli altri, Eulalia Torricelli di Forlì), unitamente ad alcune hostess per la circostanza, inappuntabili e comprese nel ruolo, accolgono autorità, insigniti e accompagnatori – tutti muniti di auto-certificazioni, “termo-testati” agli ingressi e rigorosamente “mascherinati” – per farli accomodare nei posti riservati, distanziati come da disposizioni vigenti.

Si inizia.

Sull’aria di 1900’s theme – motivo conduttore della colonna sonora, a firma del M° Ennio Morricone, de La leggenda del pianista sull’oceano – lungo il vialetto, e ai lati della pedana di consegna delle onorificenze, si dispongono in coppia Carabinieri, Finanzieri e Poliziotti in alta uniforme.

Breve pausa.

La suggestiva timbrica vocale di Luca Violini rende come d’incanto presenti e palpabili le atmosfere di quel lontano 7 gennaio 1897, a Reggio Emilia, Giosuè Carducci a celebrare, con l’orazione da egli appositamente composta, Per il Tricolore, il primo centenario di quella che sarebbe divenuta un giorno la Bandiera nazionale.

Alla declamazione dei colori(il bianco…, il verde…, il rosso…), su di un discreto accenno in sottofondo di Eppure sentire(base) di Elisa, una alla volta – ciascuna con un compagno di scuola in jeans, camicia bianca e fascia alla vita, a cavalier servente – ecco lo sfilamento per il vialetto, fino alla pedana, di tre splendide studentesse dell’Istituto Tecnico Saffi-Alberti di Forlì.

Come ancelle di un evo remoto, costellato di vittorie e di gloria consumate all’ombra di aquile superbe, le ali dispiegate, emblemi di una straripante Roma imperiale depositaria e arbitra dei destini di un intero emisfero, le ragazze si mostrano con indosso una semplice veste, azzurra, impreziosita da una sorta di stola, a mo’ di scialle, tinta, rispettivamente, di rosso, bianco, verde.

È di nuovo silenzio, l’orazione riprende sovrana il suo incedere.

Proferite le ultime parole, di nuovo, stavolta senza più mediazioni, Eppure sentire.

Compare la quarta ragazza.

La veste è bianca, simbolo di incontaminata purezza.

Alla sua sinistra, a un paio di passi di distanza, un cavalier servente(sì, lo confesso, Marco Valerio, mio figlio adoratissimo), fascia bianca in vita.

Leggiadra nel portamento, la ragazza, percorso il vialetto, si colloca al centro della pedana.

Le si fanno subito intorno le “ancelle”.

Con movenze studiate, le cingono le braccia con le proprie stole che, insieme, compongono il Tricolore.

Scendono dalla pedana, la ragazza ivi assisa lentamente raccoglie le mani davanti al viso.

Il brano musicale si avvia al termine.

Qualche secondo.

L’emozionato silenzio è rotto imperiosamente dall’Inno, tutti in piedi, eseguito da Mario Del Monaco.

La ragazza con il Tricolore apre le braccia, immagine simbolica di una Italia protesa verso tutti i propri figli.

“Sì!”.

L’Inno è giunto a conclusione, si tace.

Ragazze e ragazzi si accommiatano compostamente.

Si procede con i diplomi di onorificenza.

Gli insigniti vengono chiamati uno ad uno, ad attenderli per la consegna Prefetto e Sindaco del Comune di residenza.

I loro passi sono coperti dagli applausi e dalle note del M° Morricone.

Autentica e commossa è la standing ovation per Natascia Casadei, l’insignita vedova di Lorenzo Facibeni, compianto Vigile del fuoco vittima del covid contratto nell’adempimento del dovere, al quale, pochi giorni prima, è stato intitolato il Comando provinciale.

Infine, un graditissimo “fuoriprogramma”.

Al Prefetto l’onore di consegnare la Medaglia di bronzo al valore dell’Esercito al Primo Caporal Maggiore Diego Magno Massotti, in forza al 66° Trieste di stanza a Forlì, per l’esemplare coraggio profuso nel corso di una operazione militare a Herat, Afghanistan, il 2 gennaio 2019.

Sono i saluti.

Agli insigniti, il Prefetto rivolge due sole, semplici parole, invero pesanti come macigni: “Siatene degni!”.

A tutti, il più cordiale arrivederci con un pensiero dedicato a uno dei massimi cantautori italiani, scomparso di recente: Franco Battiato.

Il pomeriggio si chiude con la sua voce nella inconfondibile e struggente La stagione dell’amore.

A domani.

Domani è il 2 giugno.

*Prefetto della provincia di Forlì-Cesena

(fine prima parte-continua)