di Bruno Frattasi                                                                                                                                                                                                      Roma, 26 giugno 2016

frattasiCaro Uccio,

rispondo alla tua lettera aperta anche a nome di Ignazio e di Francesca.

Mi sembra di poter dire che il tuo intervento nel Consiglio nazionale del 24 giugno scorso, tendesse a mettere in evidenza due cose:

 

  • il fatto che la platea non vedeva la partecipazione dei massimi esponenti della nostra amministrazione centrale; per un verso, segno evidente, a tuo parere, di un loro disinteresse verso i destini dell’Associazione e, per l’altro, dell’affievolimento della capacità attrattiva dell’ANFACI;
  • il metodo seguito per lanciare al Consiglio la candidatura dei nuovi responsabili delle cariche sociali, accusato da te di corrispondere ad una sorta di “chiamata dall’interno”, che ti ha spinto ad usare il termine “cooptazione”.
Partiamo da quest’ultimo punto.
 
La parola cooptazione è stata respinta da me, e con una certa forza, perché esprime un significato che non mi appartiene, in cui è celata una visione nepotista e settaria dello spirito associativo, seguendo la quale l’establishment si rinchiude nel suo fortilizio e non permette a nessun altro di entrarvi.
 
Al contrario, come ho detto fin dalle battute di esordio, la mia proposta di ricandidarmi alla presidenza è nata dalla presa d’atto che i colleghi, sollecitati in questo senso a una assunzione di responsabilità, pur lusingati dell’attenzione, per ragioni talora anche molto personali hanno ritenuto di declinare l’invito.
 
Quanto alla carica di Segretario, l’indicazione di Francesca Ferrandino, che ha tenuto conto anche della sua disponibilità e del suo impegno più recente in Associazione, è stata intesa, da parte mia e di Ignazio, nei termini che le sono stati propri: la sottoposizione di una proposta al corpo elettivo, cioè al Consiglio nazionale, il quale avrebbe ben potuto rigettarla e contrapporne un’altra.
 
Questo, invece, non è accaduto, perché, quando si è passati alle votazioni, Francesca, e la Segreteria da lei proposta, hanno conseguito 27 voti favorevoli su 28 presenti e votanti.
 
Più di quanti ne abbia avuto io stesso e anche Ignazio.
 
E devo dirti che considero proprio l’esito di questo voto un bellissimo segnale di condivisione della proposta.
 
E di personale apprezzamento per Francesca, di cui sono veramente felice.
 
Veniamo ora, brevemente, all’altro tuo motivo di disappunto: la mancanza dei vertici alla nostra assise.
 
Ora, se ho ancora buona memoria, neanche negli anni di maggiore entusiasmo associativo il Consiglio nazionale ha visto la presenza compatta dei massimi esponenti dell’amministrazione centrale(Capo della polizia, Capi Dipartimenti, Capo Gabinetto, Capo Legislativo), salvo che non fossero personalmente interessati, come è accaduto in passato per Carlo Mosca, e come accade oggi per me.
 
Se poi è una questione di passerelle, voglio ricordarti che al Convegno di Milano di giugno 2015, dedicato ad un tema per noi centrale – la difesa della legalità – non solo vi erano in prima fila quei vertici di cui sentivi ieri la mancanza ma, dall’altro lato del Tavolo, tra i relatori, figuravano un ex presidente del Consiglio dei ministri, l’attuale direttore generale della Banca d’Italia, il direttore della Autorità anticorruzione e quello dell’Antitrust, due eminenti docenti universitari della Bocconi e della LUISS.
 
Li elenco non per vanità, ma solo per dirti come l’Anfaci, e con essa l’intera categoria che rappresenta, sebbene soffra, come quasi tutti i “luoghi” associativi, di una crisi di adesioni, conservi ancora intatti il prestigio e la capacità di ottenere l’attenzione di personalità di riguardo del mondo delle istituzioni e della cultura.
 
Consentimi un’ultima annotazione.
 
I tempi di Montesilvano, eroici e indimenticabili, per nostra fortuna e per l’impegno di molti, rappresentano il passato, un tempo nel quale si confrontavano, anche all’interno dell’associazione, due linee diverse, due diverse concezioni dell’istituzione prefettizia, l’una più ripiegata nella dimensione sicuritaria e quasi totalmente assorbita in essa, l’altra necessariamente più rivolta a enfatizzare gli aspetti di amministrazione generale, il ruolo di garanzia del prefetto e la sua centralità nel sistema di governo del territorio.
 
La storia più recente ha detto già qual è il profilo più completo e più coerente con la nostra missione: lo ha detto nel 1996, con le riforme, a costituzione ancora invariata, del primo Governo Prodi; lo ha detto nel 2000, con la legge di riforma della nostra carriera, la quale riconobbe che la specialità non deriva più esclusivamente dalle funzioni e dai compiti di tutela dell’ordine e della sicurezza, bensì, in primis, dalle funzioni di rappresentanza generale e di garanzia assegnate al prefetto.
 
Lo ha detto perfino ora, con la Legge Madia, ponendo il prefetto al centro del disegno riformatore della presenza dello Stato sul territorio che si accompagna alla costituzione del “nuovo” Ufficio territoriale dello Stato.
 
Resta, naturalmente, la necessità di portare avanti, in maniera coerente con le premesse, che sono tutt’altro che ostili, il disegno di rafforzamento effettivo dell’istituto, e l’Anfaci ne vorrà essere convintamente partecipe, accogliendo ogni suggerimento, proposta o punto di vista che possa portare il proprio mattone alla causa comune.
 
Io penso che tu non vorrai far mancare a questo dibattito, che ci vede tutti coinvolti, il tuo pensiero, che non ho sempre condiviso, ho anche apertamente contestato, come è accaduto ieri, ma che ho sempre rispettato, riconoscendovi un sincero e viscerale attaccamento alla Amministrazione e alla Associazione.
 
Ricambiando amicizia e affetto,

Bruno Frattasi

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…intanto, un vivissimo ringraziamento per la (tempestiva) risposta.

Una replica che tuttavia, mi pare, non muti granché la sostanza delle cose.

Una opinione, questa, ovviamente personale, ciascuno è ora nelle condizioni di farsene una.

Sulle vicende degli anni ‘90, ivi richiamate.

Un immenso tributo di riconoscenza a Vittorio Stelo, a Enzo Mosino, a Pier Luigi Magliozzi, ai colleghi tutti delle Segreterie Stelo e Corona, a quanti altri non hanno fatto mai mancare il proprio sostegno.

In una manciata di anni, insieme, si è riusciti a:

  • escludere la allora “carriera amministrativa” del Ministero dell’Interno dalla “contrattualizzazione” del pubblico impiego, affrancandola contestualmente dalla situazione di sudditanza ordinamentale nei riguardi della Polizia di Stato;
  • iscrivere nell’ordinamento a chiare lettere, per la prima volta nella storia, “carriera prefettizia”, stabilendo così le premesse indispensabili per la successiva evoluzione normativa;
  • in piena “stagione federalista”, a tenere al riparo Istituto prefettizio e Prefetture dalle spinte abolizionistiche e a gettare le fondamenta, con apposita disposizione normativa contenuta nella “Bassanini 1”, di quello che sarebbe divenuto “Ufficio territoriale del Governo”.

“We can!”.

Ieri, oggi, sempre.

Grazie di nuovo, Bruno, Francesca, Ignazio, anche per l’occasione di questa breve rievocazione.

Un caro saluto.

(a.c.)