di Luigi Gavotti

Da ligure non riesco a distinguere il Grillo politico dal commediante.

Le sue battute esilaranti al vetriolo sulle oligarchie dei potenti come Fiat e inquinamento, Padania e cementificazione, transgenico e salute ecc. ecc., sempre sboccate e corrosive, erano suo cavallo di battaglia e vero spasso di arruffapopolo quando, oltre trent’anni or sono, calcava il Duse o il Chiabrera per restare ai confini del mugugno.

Diventato il capo di movimento politico, restava sempre leader con animo di buffone di corte che vuole smascherare gli intrighi di potere al crasso e poco arguto popolino, dall’alto della superba villa di Sant’Ilario, di deandreana memoria.

Satira e paradosso restano i suoi autentici caratteri costitutivi(insieme al gusto per le palanche!), financo quando sale al Colle maggiore della Repubblica.

Per cui anche questa volta mi sembra sia riuscito nell’intento di aumentare l’audience, di debordare nella protesta , di esagerare nella pantomima, interpretando se stesso nel ruolo della più classici melodrammi di sempre, godendosi il successo in streaming.

Direte che in questo caso ci sia poco da ridere, se non fosse che lui, buffone di corte, non può gridare al fuoco al fuoco ed essere preso sul serio!

Rincresce per la situazione reale – augurandoci che il processo conservi la dovuta indipendenza dal frastuono mediatico – ma mi permetto di suggerire un altro finale alla vicenda: un bel matrimonio riparatore!