di Maurizio Guaitoli

Che cos’è il “voto” senza… votanti?

Sarebbe come mettere il… vuoto sottovuoto: non serve e non conserva nulla. Per di più, se i piatti della bilancia tra votanti e non-votanti si compensano, accade una cosa quanto mai curiosa: benché da un lato ci sia il… nulla, dall’altro il pieno del 50% degli elettori che si siano avvalsi del loro diritto di voto, illumina solo la metà del volto del Paese, aprendo una gravissima crisi di fiducia nei confronti dell’organizzazione e dell’offerta politica(partitica, in particolare) esistenti. In buona sostanza, si avverte una profonda frattura che, da un lato, investe il profilo carente e il carisma inesistente delle candidature calate dall’alto, per scelta diretta delle Segreterie e, più, spesso dei leader politici padri-padroni di Partiti e Movimenti. Dall’altro, nell’era della globalizzazione, la dimensione mondialista dell’economia e della politica rende sempre più marginali i podestà, che risultano sempre più poveri di risorse, avendo spesso, tra l’altro, già consumato il proprio il territorio, lasciando mano libera all’abusivismo, alla speculazione e lottizzazione selvaggia, pur di fare cassa con la tassazione degli immobili e rilanciare in modo malato l’economia locale.

Anche qui, in presenza di risorse finanziarie sempre più scarse e di una situazione debitoria drammatica del Paese, è chiaro come le economie di scala, attuate dalle varie manovre finanziarie, vadano a penalizzare sensibilmente le dotazioni e i trasferimenti verso gli Enti Locali che, in genere, non hanno né le capacità professionali, né la volontà politica di procedere a drastici tagli nella spesa sociale e nei servizi, in modo da riprogrammare e ottimizzare le loro attività istituzionali. È a questo punto che le drammatiche conseguenze di una demagogica, quanto velleitaria riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nel 2001, svolgono in pieno i loro effetti distopici. Anziché mettere al centro un concetto molto semplice, ovvero clonare i migliori moduli organizzativi(per classi demografiche di Comuni e caratteristiche territoriali omogenee), ponendo a fattor comune sistemi informatici e applicativi sviluppati erga omnes a livello unico nazionale, in modo da costruire Big Data e algoritmi fruibili allo stesso modo per tutti gli uffici e i servizi pubblici degli Enti Locali territoriali, si è lasciato spazio all’anarchia incontrollabile del fai-da-te in base a un concetto anacronistico e deleterio di autonomismo.

Bastava, per questo, costituire un Fondo unico nazionale per l’omologazione e l’allineamento organizzativo-funzionale universale, secondo un criterio illuminato di benchmarking(copiare da chi fa meglio), riguardante tutti i nodi(Comuni) della rete territoriale, al fine di clonare e innestare nelle varie realtà i moduli organizzativi più performanti. Un Fondo, quindi. che andasse a sostenere l’upgrade della qualificazione professionale della burocrazia locale, adeguando sia verso il basso sia verso l’alto gli organici degli Enti, per poi perequarne la strumentazione nell’ottica della digitalizzazione integrale dei servizi al cittadino, della semplificazione e della massima trasparenza amministrativa. Poi, ci sarebbe da mettere mano all’altro, inquietante black-hole: la pochezza amministrativa e l’incompetenza delle classi politiche locali.

Rispondendo, in particolare, alla seguente domanda: come mai la burocrazia esige il reclutamento per concorso e la verifica rigorosa delle competenze dei suoi impiegati, mentre invece “La Qualunque”(nel senso di un Signor Nessuno, senza alcuna preparazione specifica) può disinvoltamente andare a dirigere l’intera baracca? Ma se per guidare un autobus con qualche decina di passeggeri occorre un’abilitazione specifica, come mai per far navigare un transatlantico con molte migliaia di persone a bordo si può (e spesso si fa) mettere al timone un assoluto sprovveduto, solo perché un leader maximo ha così deciso?

Sarebbe bene, quindi, che ciascuna candidatura diretta a Sindaco fosse garantita a monte da una patente tecnica di idoneità rilasciata da un Ente certificatore autonomo e qualificato, come un’Alta Scuola per Amministratori locali. Dopo di che, ai… patentati deve essere data la possibilità di una auto-candidatura. Rousseau è stata una feroce barzelletta, ma una cosa molto più seria e affidabile deve essere pensata per la scelta dei candidati, sia a livello parlamentare che amministrativo locale. Oggi sono possibili forum online, dove qualunque idoneo, che abbia ricevuto un numero adeguato di adesioni certificate per la sua candidatura a sindaco, abbia tutto il diritto di condurre sessioni elettorali in streaming, nel Partito o nella coalizione di sua scelta. Si pensi ai miracoli che si potrebbero realizzare per garantire una sana scelta popolare con strumenti di identità digitale, come spid e pec, munendo il cittadino elettore di codici unici infalsificabili e di utilizzo una tantum, validi per una singola consultazione relativa alla pre-scelta delle candidature sia locali che nazionali.

Dopodiché, rimane sempre in piedi la parte colossale di riscoprire La Politica, dopo aver costruito un’ottima sala macchine per la conduzione del Bastimento Italia. Come si è visto, i populismi delle anti-leadership costrette a divenire leadership per governare, tenendo in piedi così un impossibile ossimoro, con tutte le disastrose conseguenze del caso per tutta la comunità nazionale, sono esattamente la stessa cosa dei sovranismi. Entrambi, hanno dimostrato a se stessi che se vogliono evitare la controrivoluzione e la disaffezione rapida del loro elettorato, a seguito del folle inseguimento programmatico del pauperismo della decrescita (in)felice e/o dell’autarchia, in un clima vigente di terrificante interdipendenza delle catene di valore, debbono governare esattamente come tutti gli altri, abbandonando le posizioni demagogiche e protestatarie che li hanno portati al potere. Occorre fare l’esatto contrario, cioè, dell’Italexit o del ritorno alla Lira, cedendo moltissima sovranità in cambio di altrettanta sicurezza, in termini economici e di alleanze strategiche internazionali. Perché l’Unione conti davvero nel mondo occorre che, soprattutto l’Italia, sempre all’avanguardia delle idee politiche, proponga con forza l’equivalenza “Iperpotenza⁓Iperleadership” in modo che il Vecchio Continente possa stare esattamente alla pari con Cina, Usa e Russia. Lo possiamo fare. Crediamoci.

Ma, intanto: come si reiventa la Politica, per dare alla collettività un’idea di futuro?

Davvero il mondo è dei… Gretini?

Dunque, nucleare “pulito” di quarta generazione, quello no, malgrado emetta zero CO2. Invece, vanno bene eolico e solare, malgrado il sole e il vento siano elementi piuttosto capricciosi: un momento ci sono, ma il successivo no. I pannelli solari, in particolare, occupano parecchi ettari di suolo per singolo impianto(ex terreni agricoli assolati, in particolare!) e sono sia complicatissimi da smaltire, essendo fortemente inquinanti, sia tecnologicamente discutibili per il consumo di terre rare necessarie alla loro fabbricazione. Per non parlare degli immensi piloni che in terra e in mare sostengono enormi pale eoliche, il cui moto inaridisce i terreni sottostanti e perturba l’ecosistema marino locale! Resterebbero le maree, la cui immensa forza è assolutamente gratis, ma anche lì le gigantesche turbine necessarie a generare energia sconvolgerebbero la vita dei fondali in prossimità delle coste. Ci sarebbe la soluzione finale della fusione nucleare, sui cui ritardi grava il sospetto del boicottaggio da parte delle industrie petrolifere e dei Paesi produttori che, qualora quel tipo di energia entrasse a regime, sarebbero definitivamente rovinati, in termini sia politici, sia economici. Ci sarebbe una… terza via. Ovvero, invece di chiamare folle di giovani a sfilare per l’ovvio(un mondo più green) basterebbe invitarli a ridurre della metà esatta i loro consumi superflui!

Con pochissimo sacrificio individuale, si compirebbe la magia dell’abbattimento del 20-30% di CO2 in pochissimi anni.  In questo caso, però, verrebbero a mancare nel mondo centinaia di milioni di posti di lavoro nell’industria e nel manifatturiero che, di certo, non potrebbero essere riconvertiti nelle produzioni non inquinanti. Quegli stessi giovani che chiedono più green si ritroverebbero, se esauditi come per incanto, totalmente disoccupati. E qui veniamo alla Politica che non c’è perché, da un lato, non sa né può porsi alla testa dei processi di mondializzazione governandoli e regolandoli, dato che non saprebbe da dove iniziare. Dall’altro, l’elaborazione ideologica delle classi politiche contemporanee è desolatamente ferma ad almeno due secoli fa, quando videro la nascita prima il liberismo, poi il socialismo, i sistemi democratici e, infine, i fascismi. Da allora, non c’è stata più alcuna evoluzione: il mondo del lavoro è poco meno di un rapporto tra padrone e operaio, dato che i processi di digitalizzazione sfuggono a tutte le categorizzazioni storiche precedenti e occorre reinventare un alfabeto, per capire come si distingue il nuovo capitale dalle anonime fabbriche di denaro che non hanno a valle un prodotto lavorato.

Pertanto, qui in Italia e non solo, la dialettica politica risulta talmente impoverita che i leader, di destra come di sinistra, rincorrono vuoti schemi di posizionamento e di alleanze, secondo una condotta acefala a-programmatica e a-progettuale sui tempi medio-lunghi. Quello che domina sul pensiero speculativo è il bisogno di consenso qui e subito, per cui si dà ai social un tempo assoluto in cui la frase a effetto, la polemica istantanea espropriano qualsiasi spazio dialettico, rendendo impossibile il confronto tra visioni politiche contrapposte. Anzi: quelle visioni proprio non esistono più. Gli schieramenti non scaturiscono da una visione storica dei fattori comuni, quelli per cui si lotta e si contende il potere, ma semplicemente da una mera necessità pratica e contingente del mettersi assieme alla come viene, in base a una pura contabilità elettorale, in funzione strumentale delle norme che regolano il voto popolare. Non solo, quindi, manca la vision: il mondo politico di oggi sta infinitamente peggio di ieri perché dovrebbe fare scelte colossali.

Da un lato, governare i processi sempre più caotici e anarcoidi di una urbanizzazione selvaggia, in cui le periferie semi-abbandonate sono sempre di più fabbriche di marginalità, di violenza, di disoccupazione e degrado, mancando da sempre, dagli anni atroci del sacco edilizio delle principali metropoli italiane, una ancorché minimale idea di programmazione territoriale, che rendesse belli, pienamente fruibili e godibili spazi pubblici e privati. Invece, è accaduto l’esatto contrario e il verde urbano dell’edilizia residenziale è appannaggio dei ricchi, che possono pagare a peso d’oro quegli spazi liberi.

Ora, come si fa a ridislocare popolazioni (infelicemente) iper-urbanizzate verso i borghi d’arte, puntando sulla digitalizzazione e sulla ricostruzione territoriale delle infrastrutture locali? Come si smaltiscono i giganteschi volumi di rifiuti urbani e metropolitani?

Da almeno un decennio c’è una tecnica d’incenerimento a prova di incapaci: il passaggio del rifiuto attraverso le torce al plasma, dove la temperatura è tale da distruggere completamente ogni composto chimico. In uscita si producono solo idrogeno e ossido di carbonio utilizzabili come combustibili puliti per generare energia elettrica. Si tratta di tecnologie molto raffinate ma già utilizzate con successo altrove, come in Giappone e in Usa dove sono presenti in ben sette città, tra cui Honolulu.

Altro argomento di vitale importanza: rendere definitivamente user-friendly una burocrazia ferma a modelli obsoleti risalenti a due secoli fa, costruendo bacini unici nazionali di Big-data attraverso la digitalizzazione integrale e l’integrazione online di tutte le banche dati degli organismi pubblici. Anche il tipo di reclutamento dei burocrati deve avere il sostegno di proposte politiche completamente innovative, creando dei contenitori ultramoderni che fungano da efficienti scambiatori di professionalità pubblico-privato. In particolare, per quanto riguarda il reclutamento locale degli impiegati comunali e delle municipalizzate, che hanno dimostrato limiti inaccettabili di organizzazione e funzionalità, il mantenimento del posto di lavoro deve essere severamente subordinato ai criteri di produttività, trasparenza ed efficienza analoghi a quelli del miglior privato.

Infine: come si dà slancio alle pratiche di democrazia dal basso, avvalendosi di pec, spid, etc. per la firma delle proposte popolari per leggi e referendum, compreso finalmente il voto elettronico?

Ultima (davvero) questione: la riforma(assolutamente necessaria) dei Trattati europei.

Ebbene: quali alleanze occorre ricercare all’interno dei 27 e, soprattutto, in quale direzione deve andare l’Unione Europea nel prossimo futuro? Schierarsi con gli Usa contro la Cina, senza stare tanto a guardare gli affari?

Ecco: fare politica significa dare risposta ai grandi quesiti suindicati.