di Mariano Scapolatello

Confessiamo, su: chi non ha mai provato la disperazione, da circa vent’anni a questa parte, di dover ricevere un chiarimento in merito al piano tariffario del cellulare, alla bolletta del gas o alle opzioni business, premium e deluxe del regalo a sorpresa da acquistare online?

E, siamo onesti, quanti insoddisfacenti menu a tendina abbiamo riletto almeno tre volte per selezionare la tipologia di problema che ci è capitato, finendo per rinunciare a un reclamo o “sbagliare” il tipo di segnalazione?

E, infine, quanti, almeno ai primi tempi, si sono rallegrati di apprendere che “è possibile contattare il servizio assistenza clienti tramite la nostra chat”, salvo scoprire che dall’altra parte c’è un risponditore automatico che non fa altro che copiare le risposte dalle ermetiche faq già consultate dieci volte?

Il mondo delle grandi compagnie private, nell’ambito dell’irreversibile processo di sostituzione dell’uomo con la macchina, ci ha ormai abituati a tali insoddisfacenti interazioni, informate a criteri di massimizzazione dell’utile piuttosto che di customer care.

La missione della digitalizzazione e la cronica carenza di personale hanno innescato nelle pubbliche amministrazioni un trend di emulazione nei confronti di tali soggetti privati, anche sotto il profilo dell’interazione con l’utenza, che – se non adeguatamente governato – rischia di generare mostri.

Infatti, mentre per l’operatore economico privato i diritti dell’utente non sono necessariamente oggetto dell’interazione (per la verità, sovente i diritti del consumatore neanche costituiscono la prima preoccupazione dell’azienda e del cliente stesso), nell’ambito dell’interazione con le pubbliche amministrazioni i diritti dei consociati sono l’oggetto diretto o indiretto della comunicazione, ma soprattutto la ragion d’essere delle amministrazioni stesse.

Ecco che gestire la comunicazione informale e quella formale dei procedimenti attraverso rigide procedure informatiche (non si pensi ai soli procedimenti amministrativi, ma anche, ad esempio, al processo telematico) costituisce una minaccia al senso stesso dell’interazione tra amministrazione e cittadino.

Il procedimento di riconoscimento(o di diniego) di un diritto presuppone il continuo vaglio del ricorrere o meno dei suoi presupposti(requisiti sostanziali, decadenze, termini, eccezioni, cause di giustificazione): presupposti non sempre riconducibili a un numero chiuso di possibilità di un menu a tendina, perché il novero del possibile – nei fatti umani – è un menu tendenzialmente infinito.

Avere chiaro questo ci ricorderebbe il motivo per cui il diritto ha bisogno di interpreti(se non per forza intelligenti, quantomeno umani) e ci renderebbe evidente che le scienze sociali hanno molto più a che fare con la verità di quanto la tecnologia abbia interesse a ricercarla.

Questo assunto non sembra superabile neanche dalle più rosee aspettative sui sistemi di intelligenza artificiale, perché, se è vero che tali sistemi offrano possibilità sorprendenti, è difficile immaginare che i modelli più avanzati e performanti di A.I. possano diventare strumenti operativi da impiegare sulla larghissima scala degli enti pubblici(si pensi già solo ai costi insostenibili per la committenza media).

Non resta, almeno negli orizzonti attuali, che svolgere una lucida ricognizione di ciò che possa esigersi dai sistemi informatici e ciò che, necessariamente, debba continuare ad essere mediato da un filtro umano.

Ad Albert Einstein viene riferito l’aforisma che, definitivamente, meglio spiega la necessità di una complementarietà tra la macchina e l’umano: “I computer sono incredibilmente veloci, accurati e stupidi. Gli uomini sono incredibilmente lenti, inaccurati e intelligenti. L’insieme dei due costituisce una forza incalcolabile.”.

Come tutte le opere ben fatte, l’innesto di importanti dosi di informatizzazione in un servizio presuppone una meditazione approfondita da parte di chi conosca perfettamente la materia del procedimento e ne colga puntualmente gli aspetti delegabili all’informatica.

Se, come ammonisce Platone, “una buona decisione si basa sulla conoscenza e non sui numeri”, nella cabina di regia di un progetto di informatizzazione il comandante in capo deve essere esperto della materia del procedimento(conoscenza), non dei sistemi da utilizzare(in quanto informatici, numerici) per trattarla.

Avere chiari questi principi – che, solo a scriverli, appaiono oscillare tra l’ovvio e il banale – genererebbe l’applicazione di una serie di corollari che attualmente sono completamente sovvertiti dalla realtà dei fatti.

In ordine sparso:

  • nessun incaricato di pubblico servizio si sognerebbe di rispondere a un cittadino “capisco il suo problema, ma il sistema non mi consente di inserire…”;
  • sarebbe impensabile che preclusioni o compressioni del diritto dell’interessato dipendessero dalla sua scarsa confidenza con l’informatica o da problemi di rete;
  • i servizi di assistenza tecnica agli uffici non sarebbero strutturati secondo la rigida separazione – oggi puntualmente riscontrabile – tra informatici che nulla sanno dei riferimenti normativi del procedimento e personale amministrativo che non sa suggerire i passaggi operativi da compiere per la trattazione corretta di una pratica;
  • per venire al tormentone di questi anni Venti, l’attività resa in smart working andrebbe valutata con la lucidità di comprendere che il confezionamento di n. 10 provvedimenti in ciclostile non costituisce un lavoro maggiore dell’approfondimento di n. 1 fascicolo complesso;
  • si eviterebbe di richiedere, ai referenti dei servizi, di rendere valutazioni e reportistiche mediante compilazione di ottusi e immutabili campi informatici del tutto inidonei a restituire i perché e i per come di un’attività svolta.

Misurare è attività diversa, parziale e meramente strumentale rispetto al comprendere.

E la comprensione – non la misurazione – del reale alimenta conoscenza e pensiero.

Come potrebbe un’Amministrazione riorganizzare le proprie articolazioni o darsi degli obiettivi, ridiscutere le proprie competenze e dunque scegliere come digitalizzarsi, se alla base di tutto questo non vi fossero il conoscere e il pensare?