a cura di Roberta Dal Prato*

Di seguito, stralcio del documento predisposto e inviato da AP al Sig. Sottosegretario di Stato all’Interno, Dep. Carlo Sibilia, in previsione dell’incontro del 7 settembre p.v..

*Dirigente di AP-Associazione Prefettizi

(…) si porgono alla attenzione alcune tra le questioni cui AP annette particolare rilievo.

Una loro adeguata trattazione non può evidentemente prescindere dal sistema organizzativo ove vanno logicamente a inserirsi e al quale sono funzionali, un sistema organizzativo, quello attuale, meritevole di una sollecita riconsiderazione complessiva.

Nondimeno, pure soltanto in termini concettuali, di seguito vengono a proporsi alcuni primi spunti di riflessione comune cui AP non mancherà di offrire il proprio contributo.

 La flessibilità nell’organizzazione

La “flessibilità”, esigenza particolarmente avvertita da AP quale condizione imprescindibile per il sostanziale miglioramento della gestione delle risorse umane e strumentali, non trova idonea corrispondenza nella vigente, uniforme organizzazione.

La conseguente rigidità, impedisce alla struttura di adattarsi flessibilmente alle necessità cui fare fronte, non di rado diverse da contesto a contesto e in continuo divenire.

L’ipotesi è dunque di stabilire preliminarmente modelli standard di struttura, e di relativa sottostante articolazione in posti di funzione, riservando ai singoli prefetti la facoltà di adeguarvisi o di apportarvi invece modifiche secondo parametri e indicazioni di massima previamente stabiliti dalla Amministrazione, previo confronto con le OO.SS., anche ai fini della determinazione dei criteri di graduazione.

L’idea sarebbe insomma quella di tendere a un sistema connotato da ampia flessibilità, non per questo tuttavia “anarchico”, nel quale sia estesa in prospettiva la possibilità, per i prefetti, di scegliersi la propria squadra, potestà attualmente limitata, per ciò che riguarda le prefetture, ai soli incarichi di vicario e capo di gabinetto.

Funzionale alla proposta architettura, è la riduzione da tre a due(prefetti e viceprefetti) delle attuali qualifiche dirigenziali.

Per eventuali esigenze di invarianza di spesa, in una prima fase andrebbe comunque consentita la attribuzione della titolarità dei posti di funzione pure a prescindere dalla qualifica dei dirigenti interessati, con precedenza nel loro conferimento a coloro che rivestano la qualifica ordinariamente prevista.

 Mobilità

Il tema è tra quelli che hanno ispirato la ragione profonda della costituzione di AP, che ripetutamente ha sollecitato una profonda revisione della disciplina vigente, contenuta nel d.m. 3 dicembre 2003, strumento rivelatosi inadeguato ad affrontare il gravissimo problema della carenza di personale prefettizio, in ispecie sul territorio.

Ad avviso di AP, occorre affrontare la questione individuando una soluzione organica e non attraverso interventi tampone, dettati sempre dall’urgenza e dall’emergenza.

È stata chiesta e ottenuta l’apertura di un tavolo tecnico per cambiare il sistema.

La proposta della Amministrazione di d.m. di regolamentazione dell’istituto sottoposta in sostituzione di quello vigente, è però apparsa decisamente insoddisfacente, se non persino peggiorativa.

La realtà delle cose dimostra come i risultati ottenuti con l’applicazione del d.m. vigente risultino assai modesti e poco durevoli, al punto che le due tipologie di mobilità(ordinaria e straordinaria) sono andate nel tempo pressoché a sovrapporsi nei contenuti.

Le ultime procedure di mobilità ordinaria hanno infatti tenuto principalmente conto del criterio riferito alla mobilità straordinaria – pur in assenza di incentivo economico – essendo state inserite nei relativi bandi prefetture con carenza di personale pari o superiore al 50%.

Le sedi proposte in entrambe le procedure di mobilità(ordinaria e straordinaria), risultano ormai in gran parte le stesse, a conferma che l’impianto vigente non riesca in alcun modo a dare risposte serie e durature alle esigenze sopra evidenziate, soprattutto con riguardo alle situazioni di carenza ormai “cronica”, la “soluzione” delle quali è finita per ricadere per intero sulle spalle, a seconda del livello dei posti di funzione da assegnare, dei soli neo-viceprefetti aggiunti e neo-viceprefetti.

Vi è che, non da ora, non si riescono persino a coprire neanche tutti i posti di capo di gabinetto e di vicario resisi vacanti – e, con specifica procedura, messi a concorso – che, pure, risultano maggiormente appetiti.

 Ad avviso di AP la mobilità, in termini generali, dovrebbe:

  • contribuire alla crescita professionale di ogni singolo dirigente, mediante l’acquisizione di esperienze diversificate al centro e sul territorio;
  • risultare equa e solidale, consentire cioè una attenuazione dei disagi a essa connessi attraverso il coinvolgimento di tutti gli appartenenti alla carriera e non, come si è detto, solo degli “ultimi arrivati”(neo-viceprefetti aggiunti e neo-viceprefetti);
  • permettere alla Amministrazione di fare adeguatamente fronte alle proprie molteplici necessità organizzative in ossequio al principio di buona amministrazione.

Quale griglia di partenza per un confronto improntato a concretezza e innovazione, è stato da tempo a tali fini proposto un sistema articolato in tre fasi:

  1. prioritariamente, l’Amministrazione stabilisce periodicamente quali siano i posti di funzione da attribuire a dirigenti da essa stessa direttamente individuati – e a ciò provvedendo di intesa con i titolari delle sedi interessate, in base a specifiche capacità e qualità – a essi garantendo idonei benefit in termini di carriera ed economici;
  2. successivamente l’Amministrazione mette quindi “a concorso” ogni altro posto di funzione vacante conferibile su base volontaria(in tal caso, non si avrebbe diritto al trattamento economico per i trasferimenti d’ufficio);
  3. esaurite le suddette fasi, l’Amministrazione assegna d’ufficio, con il conseguente trattamento economico, i residui posti di funzione secondo criteri(anzianità, situazione familiare, ecc.) e tempi di permanenza certi e predeterminati.

 Accesso agli incarichi e progressione in carriera

Poste le premesse in apertura di questo breve documento, non ci si può al contempo qui esimere dall’evidenziare due macroscopiche incongruità.

 La prima, concerne le modalità di selezione dei potenziali nominandi a prefetto.

Tali modalità statuiscono che venga preliminarmente stilato, a cura dell’Amministrazione, l’elenco di coloro che risultano possedere, da un punto di vista tecnico-professionale, i requisiti per la nomina, rimettendo poi all’Autorità politica piena discrezionalità nella scelta tra tutti gli interessati, coerentemente proposti in ordine alfabetico e non di merito.

Sennonché, i criteri per la prima selezione sono talmente blandi che, di fatto, nell’“elenco” vengono inseriti pressoché tutti i viceprefetti.

In tal modo, la scelta dell’Autorità politica, per quanto ammantata da piena legittimità, può risolversi in assoluto arbitrio.

 La seconda, invece, attiene alla circostanza che, mentre gli incarichi di natura fiduciaria sul territorio(vicari e capi gabinetto) vengono messi a concorso a tutti i dirigenti, purché in possesso della sola qualifica occorrente, gli incarichi di natura fiduciaria a livello centrale sono invece sottratti – e non si comprende, in sincerità, in base a quale principio – all’interpello generale.

 Un immediato intervento, a costo zero, volto a eliminare le cennate incongruenze risulterebbe senz’altro meritorio. (…)

Il Presidente di AP-Associazione Prefettizi

(Corona)”