di Antonio Corona*
“Cari Prefetti,
(…) La democrazia trova nella coesione sociale il rafforzamento delle proprie ragioni. Ogni sforzo collettivo per cogliere, sostenere e valorizzare i segnali positivi per il rilancio del sistema produttivo e ogni opportunità di occupazione e di crescita sociale, va incoraggiato.
La spinta delle pubbliche amministrazioni in questa direzione, accelerando l’innovazione e rendendo più agevole l’accesso ai servizi, più snelle le procedure e più semplici gli adempimenti, è preziosa e non può essere frenata da dannose frammentazioni di compiti e funzioni, da sovrapposizioni di competenze e da inefficienze nell’utilizzo delle risorse.
Ai Prefetti compete di favorire in ogni modo la coopera azione fra Istituzioni, quale condizione essenziale per superare situazioni di stallo, contrasti e divaricazioni di interessi pubblici, percepiti dai cittadini come una dialettica sterile, che ritarda e spesso vanifica la decisione finale.
Occorre farsi carico in concreto dei bisogni e delle aspettative dei cittadini e garantire l’effettivo esercizio dei loro diritti.
Si tratta di un impegno quotidiano che, nelle aree metropolitane come nei Comuni più piccoli, deve convergere dove maggiori sono le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, con attenzione al disagio dei più giovani e dei più anziani. In quest’ottica, utile è l’azione di supporto alle scuole per le iniziative, anche fuori dall’orario di lezione, di contrasto all’abbandono scolastico e alla esclusione sociale.
L’efficacia e la credibilità dell’azione pubblica si fondano sul rispetto della legalità, sull’etica del servizio e sulla trasparenza. Occorre grande fermezza contro ogni tentativo di asservire uffici e Istituzioni a interessi personali, favoritismi e malaffare. Vanno incoraggiate le intese fra Amministrazioni per prevenire e contrastare fenomeni corruttivi e di condizionamento criminale nei contratti pubblici, con misure opportune dirette a salvaguardare la realizzazione delle opere e l’occupazione.
Nella gestione dei continui flussi di persone in fuga da guerre, persecuzioni e povertà spetta ai Prefetti un ruolo essenziale per coordinare le attività di primo soccorso e di assistenza, per garantire condizioni generali di sicurezza e di rispetto della dignità umana, per favorire la sistemazione più adeguata nelle diverse realtà. Grazie ad una attenta opera di mediazione si stanno realizzando, sulla base di accordi con Enti locali e associazione di volontariato, positive esperienze di accoglienza e di inclusione, con l’inserimento dei profughi anche in progetti di utilità sociale.
Operare con determinazione per l’affermazione dei principî di libertà nella sicurezza e la coesione delle nostre comunità, per il buon funzionamento della macchina pubblica e a garanzia dei servizi essenziali, significa far vivere nel quotidiano i principî e i valori che sono alla base del patto di cittadinanza repubblicana.
Con questi auspici, a voi Prefetti ed a tutti coloro che con voi celebrano la Festa della Repubblica rivolgo i più sentiti auguri di buon lavoro.
Sergio Mattarella”
(stralcio del messaggio del Signor Presidente della Repubblica ai Prefetti in occasione del 70° anniversario della fondazione della Repubblica, 2 giugno 2016)
Importante, il messaggio della suprema carica della Repubblica.
Un messaggio, con gli auspici e le sollecitazioni nel medesimo formulati, che, assai meglio di tante dotte dissertazioni, racconta il ruolo, nevralgico, che Prefetti e Prefetture continuano e sono chiamati a svolgere anche in questa epoca di significativi mutamenti.
Un messaggio che richiama alle responsabilità, storiche, correnti, future, dell’Istituto prefettizio.
Responsabilità gravi quanto essenziali.
Sebbene, non di rado disimpegnate con penuria di risorse.
Responsabilità che necessitano di una indispensabile prossimità al territorio.
Assai importanti e decisivi, per esempio, i mezzi di comunicazione offerti dalla tecnologia.
Può costituire tuttavia un azzardo dalle incalcolabili, nefaste conseguenze, immaginare che per loro tramite si possa in tutto o in parte supplire al rapporto di relazione diretta che deve intercorrere tra Prefetture e Istituzioni/cittadini.
E farne discendere l’idea di una riduzione, al momento solo differita, di quelli, le Prefetture, che costituiscono veri e propri capimaglia della rete sulla quale sovente poggiano le chance di effettiva realizzabilità di primari obiettivi e progetti nel supremo interesse del Paese.
Siffatto rapporto si alimenta soprattutto con la conoscenza del territorio, delle sue diverse sfaccettature e articolazioni, e con la continua interazione con esso.
Un qualsivoglia stratega, prima di inoltrarsi in una qualunque situazione, scruta ed esplora attentamente il campo, fin nei più remoti anfratti, non lascia nulla al caso.
“Essere Prefetture”, allontanate e marginalizzate però dalle aree di riferimento, significa porre le condizioni di possibile naufragio di una qualsiasi impresa.
Conoscenza delle, e familiarità con le, peculiarità ed esigenze del territorio, dunque.
E disponibilità di risorse.
Una esigenza imperiosa, questa, che riguarda indistintamente tutti i gradi di personale e attività, nessuna esclusa.
Il blocco del turn over, non soltanto ha comportato la falcidie dei ranghi senza consentirne l’occorrente reintegro.
Sta determinando un invecchiamento progressivo e complessivo con correlate, crescenti, fisiologiche resistenze a innovazione, cambiamento.
Potrà tornare utile rammentare quanto avvenne all’epoca del passaggio dalla penna alla tastiera.
Resistenze normalmente tamponate e superate, certo, con norme, disposizioni, sanzioni.
Ma, anche, con l’altrettanto fisiologico rinnovamento che consegue alla immissione e benefica contaminazione di energie, di linfa vitale e culturale, non ultimo di sana spavalderia, veicolate dalle giovani generazioni.
Una volta lo si era intorno ai 26anni: oggi, per “giovane collega” si intende un… maturo ultratrentenne.
La scommessa del “cambiamento” è non ultimo una questione culturale, di sapiente miscelazione di novità ed esperienza, slancio e ponderazione, per così potere procedere con sicurezza e speditezza verso il futuro, senza perdere contezza del da dove si provenga e, innanzitutto, perché.
Sarà capitato a più d’uno di nutrire l’impressione, nitida, che sovente, nelle relazioni pure con qualificati rappresentanti delle Istituzioni locali, si debba quasi ricominciare ogni volta rispolverando i fondamentali.
Non gioverà, sin dall’incombente medio periodo, la messa in soffitta della figura del segretario comunale.
Non tanto quale baluardo di “legalità” formale, quanto piuttosto leale consigliere qualificato dell’Ente, specialista appositamente formato a garanzia della “sostenibilità” procedurale delle iniziative assunte dagli eletti dal popolo.
Ben che vada, il rischio è quello della approssimazione e della estemporaneità.
Ripassare dai fondamentali.
Non conforta, in proposito, trovarsi ad ascoltare la lettura di un messaggio ufficiale di alto lignaggio nel quale il tradizionale “Viva l’Italia!” non conclude, bensì precede il “Viva!” rivolto alla Istituzione festeggiata nella circostanza…
Lapsus? Sconoscenza?
“Ma che sarà mai…”.
Più o meno ciò che talvolta accade di sentire quando si accende una spia d’allarme sul cruscotto della autovettura.
Salvo magari rimanere poi per strada ad attendere il carro-attrezzi.
Innovazione ed esperienza, insieme.
Inscindibili. Imprescindibili. Essenziali. L’una per l’altra.
*Presidente di AP-Associazione Prefettizi