di Maurizio Guaitoli

Gli intellettuali italiani?

Zombie che si credono padreterni. Sento molti di loro parlare in giro di democrazia diretta, tra chi la difende e chi ne ha orrore. Bene. Nel 1989(millenovecentoottantanove), da giovane e oscuro funzionario, feci arrivare a Oscar Luigi Scalfaro, allora semplice deputato, un mio progetto di democrazia diretta futuribile, ricevendo una risposta molto garbata e costruttiva da parte sua, che conservo autografa tra le mie carte. Aggiorno un po’ il ragionamento di allora, in anteprima rispetto al mio attuale volume in gestazione, di Democracy 3.0: buona cioè per il… Terzo Millennio!

Ne elenco – senza stare troppo a dettagliare – gli elementi strutturali, dicendo subito che sì, anche per me l’unica forma di Democrazia diretta è basata sul sorteggio della rappresentanza parlamentare. Con i seguenti prerequisiti, che non hanno nulla a che vedere con certe uscite di alcuni leader “populisti” europei. Una premessa, prima di tutto.

Voi, comprereste un’auto usata da chi non ha la licenza, e quindi la responsabilità, per darvi garanzie sull’acquisto? Voi, prendereste un autobus, un aereo sapendo che il pilota non ha né la patente, né il brevetto, né una sola ora di esercitazione alle spalle? Noooo, No di certo!

Bene: e perché qualcuno pensa allora di mettere a caso perfetti ignoranti e incapaci alla guida del Transatlantico Italia, per affondare poi allegramente tutti assieme?

Mi sembra chiaro che così il Titanic ce lo fabbrichiamo in casa. La mia proposta, invece è la seguente.

Chiunque può chiedere di iscriversi a un Albo speciale(tenuto dalla Corte Costituzionale) per Aspiranti Parlamentari. Solo che, per accedervi, deve conseguire la… “patente”. Gli esami di cultura, attitudinali e pratici vanno dalla conoscenza approfondita del diritto pubblico e costituzionale; alla contabilità pubblica e al bilancio dello Stato; al saper redigere e illustrare più di un testo normativo di principî e poi più leggi di attuazione collegate. Dopo di che il gioco è facile. Si prende la piramide di distribuzione delle classi demografiche, distinta per sesso e residenza(minimo quinquennale) e si sorteggiano i parlamentari in base ai suddetti tre parametri. Gli eletti durano in carica quattro anni non rinnovabili. “Tutti” gli iscritti percepiscono una indennità pari a “x” volte il reddito medio procapite e, qualora non eletti, svolgono funzioni ispettive a tempo pieno per il sindacato degli atti amministrativi degli enti locali fuori dalla regione di residenza.

Così, una volta eletti, sapranno dove mettere le mani. A bilanciamento del tutto, il Premier è eletto direttamente a suffragio universale in base a un programma dettagliato di governo che ha diritto a realizzare, proponendo al Parlamento norme “chiuse”.

Ovvero: il Parlamento le accetta o le respinge in toto. In quest’ultimo caso, il Premier può chiedere e ottenere dall’Assemblea una stanza di compensazione per la necessaria mediazione sui principî. Viceversa, il Premier può esercitare il diritto di veto sulle norme approvate autonomamente dal Parlamento, chiedendo un riesame congiunto. Nel caso di contrasti insanabili tra Premier e Assemblea, entrambi possono chiedere al Presidente della Repubblica nuove elezioni o un nuovo sorteggio. Entrambi, in caso di diniego del Presidente, hanno diritto a fare svolgere un referendum chiedendo all’elettorato di esprimersi su nuove elezioni o sorteggio. Sono ulteriormente rafforzati, con obbligo di esame prioritario, le leggi a iniziativa popolare che però devono raccogliere un numero di firme pari all’unpercento degli aventi diritto al voto. Il Comitato promotore è organo costituzionale pro-tempore e ha diritto a rapportarsi direttamente con la Corte Costituzionale e il Parlamento.

A voi il tutto pare un’utopia?

Ma, è poi vero che gli antisistema trionferanno alle prossime elezioni europee, così come sostengono i sovran-populisti?

Cose non dissimili vennero dette nel caso dell’attacco alle istituzioni della Repubblica da parte dell’Antistato mafioso e di quello terrorista negli ultimi venti anni del secolo scorso, ma allora si trattava di gente che non scherzava e le parole valevano piombo. Ovviamente, il ragionamento anti-élite ha un baco intrinseco che lo rode dalle fondamenta, uccidendolo in culla malgrado la respirazione ventilata cui viene quotidianamente sottoposto sia dai sodali che dagli irriducibili avversari dello status quo. Perché, come il guaio maggiore scaccia quello minore, a élite corrotte se ne sostituiscono altre vergini che però a contatto con il potere reale si corrompono più rapidamente e scompostamente di quelle di prima che, se non altro, essendo più anziane, erano state educate a un minimo di mediazione e di contemperazione degli interessi collettivi in gioco. Così, dalla democrazia liberale siamo passati a quella illiberale in un processo tanto repentino quanto sorprendente, accompagnato dalla reazione isterica del bel mondo dorato del mainstream finanziario e dell’economia globalizzata. Ultimo terremoto in ordine di tempo: i Gilets Jaunes che, come il Movimento Cinque Stelle, chiedono l’introduzione dell’istituto del referendum propositivo popolare. Le ragioni, se vogliamo, sono chiarissime.

Nel corso del Novecento, soprattutto dopo il secondo conflitto mondiale e dopo la Guerra Fredda per l’Est Europa, il cittadino occidentale aveva preso confidenza con gli strumenti della democrazia rappresentativa che delegava al corpo parlamentare e alle élite politico-intellettuali i processi legislativi e quelli decisionali, relativamente alla programmazione a medio e lungo termine. Poiché da che mondo è mondo le campagne elettorali costituiscono un onere non indifferente, i candidati si sono fatti sponsorizzare per la copertura delle spese(in modo più o meno trasparente e, non di rado, occulto) dalle più disparate lobby socioeconomiche e sindacali. Il difetto macroscopico della(fu?) democrazia rappresentativa è dovuto al sempre maggiore distacco tra eletti e cittadini, dato che questi ultimi conoscono poco o nulla dei loro candidati lasciandosi convincere a votarli dall’intermediazione sia dei Partiti legalmente riconosciuti, sia del circo mediatico. Il che ha causato un crescente, irrefrenabile malcontento per il progressivo, inesorabile e rapido abbandono delle promesse elettorali da parte degli eletti. Con l’avvento dei social network, i partiti padronali, come quelli comandati dagli apparati, si sono progressivamente sgretolati a causa del cortocircuito tra leader e follower, che a molti milioni ne seguono le dichiarazioni e le quotidiane prese di posizione.

Bruciati dalle malefatte della globalizzazione e delle frontiere aperte per cui entra in casa non chi vogliamo noi ma chi di prepotenza lo vuole(grazie al Cavallo di Troia dell’Asilo politico che tramuta i clandestini in profughi di ogni tipo), i cittadini digitali hanno capito come disfarsi degli orribili, insopportabili costi della democrazia rappresentativa: sorteggio dei parlamentari e referendum propositivi(con o senza quorum, resta ancora da stabilire). Il che, come ho già analizzato precedentemente, andrebbe benissimo se i sorteggiati avessero grande esperienza della politica dei territori e fossero culturalmente ben ferrati in politiche economiche pubbliche e nel drafting degli elaborati normativi. Aspetto che, collettivamente, equiparo al possesso della patente nautica per guidare il Titanic Italia tra i ghiacci affioranti. Il sorteggio dei “patentati”, poi, deve essere vincolato ai suddetti tre fondamentali parametri della piramide d’età suddivisa per sessi e alla residenza territoriale, in modo da “pantografare” correttamente la realtà nazionale. La Balance-of-powers si completa affiancando a un Parlamento completamente indipendente un forte potere esecutivo, a elezione diretta, e una magistratura indipendente che una Presidenza della Repubblica super partes.

Sì, che allora si potrà dire: “Nuovo, vieni pure avanti!”.