di Maurizio Guaitoli

sabellaQualcuno una volta disse: "Capitale Corrotta=Nazione Infetta".

Ricordate chi?

"Capitale infetta" è una buona sintesi dell'espressione precedente ed è anche il titolo del libro-denuncia scritto dal magistrato Alfonso Sabella, ex pm di Palermo, grande cacciatore di teste mafiosi illustri e ultimo Assessore alla Trasparenza al Comune di Roma.

Sabella, ricorderete, venne nominato in limine mortis dal Sindaco Ignazio Marino nella poltrona più scomoda del Campidoglio, vera e propria gogna mediatico-amministrativa per il Lancillotto di turno. Di quella esperienza ha voluto lasciare traccia imperitura in una opera di testimonianza(tipo Gomorra) alla Roberto Saviano, ma assai più colta e temprata dal punto di vista dell'ottima conoscenza delle procedure amministrative e dei meccanismi burocratici. A tutto beneficio di chi, come me, ha vissuto per quaranta anni all'interno della burocrazia dello Stato. Ed è una triste, martellante e nauseante cavalcata tra i miasmi della politica romana e nazionale, in cui nessun distinguo è ormai più possibile. Il libro è scritto di getto, sull'onda emotiva dei fatti appena accaduti. Narra di tutto ciò che i romani e gli italiani sanno benissimo ma fingono di non sapere.

Sabella ci descrive un sistema corruttivo, mafioso, omertoso e colpevolmente omissivo che fa di un servitore pubblico un bieco esecutore materiale di interessi innominabili, riferiti sempre e comunque a fortune e imprese private, che sopravvivono solo grazie alla manna dei flussi di finanza pubblica, con particolare riferimento agli appalti di servizi, di opere e di beni. Simbolo di tutto il libro è l'infame muro di Ostia. Quello del tutto abusivo, costruito dai concessionari degli arenili ostiensi, in violazione e spregio di qualsiasi convenzione, in cui la rapina del territorio si fa lacrime e sangue: quelle inferte e causate da un sistema mafioso capillare e onnipresente, che ha fatto delle spiagge di tutti una miniera d'oro a proprio uso e consumo. Il Muro di Ostia è quello che separa il romano in gita dal suo mare, nascondendolo ai suoi occhi in modo fraudolento e del tutto illegale per una linea ininterrotta di parecchie miglia. Il libro va letto e bevuto come un calice amaro. Perché insopportabile e intollerabile è lo stato di demenza e putrescenza della macchina pubblica amministrativa romana.

Perché il "non-fare", il "frammentare" in mille rivoli è la chiave di volta della Collusione fatta sistema. Si fanno cento gare per acquistare cento bicchieri, mentre ne basterebbe una sola per acquistarne cento. Tutte le vie di fuga sono buone per procedere agli affidamenti diretti, spezzettando gli appalti in modo che scendano sotto soglia e non si vada giammai alle temutissime gare europee. Forse sarà per questo che i capi dipartimento del Comune non sappiano nemmeno che una gara di questo tipo vada pubblicata sulla Gazzetta europea e su quella Ufficiale italiana. Del codice degli appalti i funzionari amministrativi di Roma conoscono soltanto la somma urgenza: il non-fare, il rinviare sempre e comunque le cose creano di per sé l'emergenza. E così i responsabili politici, stretti tra Antigone e Creonte, scelgono sempre la prima. Cioè, si rassegnano al male della corruzione(l'affidamento diretto, i folli ribassi d'asta che ti costringono, alla fine, a pagare somme di molte volte superiori a quelle guadagnate con i ribassi), piuttosto che fare il bene della paralisi di tutte le attività socialmente rilevanti che fanno capo ai principali servizi pubblici locali.

Sabella racconta la sua disperata lotta contro il tempo per introdurre atti di fondamentale importanza per le condotte di gara e per la trasparenza. Ci mostra e fa nome e cognome di Bruto e dei suoi complici, che stanno nell'ombra, pronti a pugnalare Cesare nascondendo il loro volto di assassini sotto il mantello. Ostia, poi… La fucina delle mafie, anche e soprattutto etniche, come si è visto in un recente funerale monstre. Un litorale, una volta tra i più belli del mondo, sbranato, fatto a pezzi, inondato di ignobile cemento e di kmq di opere precarie, baracchini a perdere senza anima né rispetto per il paesaggio, edificati alla meglio e alla rinfusa, nel più assoluto arbitrio e abuso, per spremere quanti più denari possibile ai romani assetati di vacanze e di frescura.

Poi, poi… L'impotenza, l'impossibilità quasi assoluta di mondare questo mondo infetto. Perché, come disse la Arendt, la Banalità del Male fa sì che i cittadini, tutti i cittadini, siano complici, si rassegnino a questo stato di cose, dovendo quotidianamente sopravvivere a scioperi, abusi e vessazioni. Costretti, cioè, ad alimentare i mille rivoli della collusione/corruzione ungendo le ruote di una Pubblica Amministrazione fatta apposta per impedire l'esercizio anche dei più semplici diritti, in cui il controllo del territorio è, di fatto, inesistente, mentre pezzi di criminalità di ogni genere lucrano in ogni modo sui servizi sociali e sulle esigenze abitative dei meno abbienti.

Un drammatico grido di dolore, questo di Alfonso Sabella, da tenere bene a mente per provare, dico solo "provare", a porre rimedio ai gravissimi, mortali peccati di Roma Capitale. Il collega Tronca sta lavorando a fondo con il bisturi, in silenzio. Finirà tra pochissimo e sarà rimpianto da molti. Integro il volume di Sabella con qualche mia considerazione di tempo fa, a proposito di quell'altro ignobile scandalo romano, etichettato come Affittopoli. Dietro questo scandaloso scandalo c'è però molto di più, secondo me. Anche se (per ora!) quello che dirò rimarrà soltanto una mia congettura. E nessuno mi potrà querelare per questo! Esiste ancora il libero pensiero in questo Paese. O no? Nota preliminare: Marino ha secretato gli elenchi(molto, ma molto parziali) che gli erano stati trasmessi, a suo tempo! Perché? Semplice: i commissari hanno fatto scaricare alcuni tir di faldoni, contenenti tutti gli atti relativi in… cartaceo! Volutamente, a mio parere, non è mai esistita una banca dati e un sistema informativo per la gestione degli immobili e degli affitti, con i relativi pagamenti. Per chi come me (e molti di voi…) ha alle spalle qualche decennio di amministrazione pubblica(anche commissariale…), la cosa ha un significato molto preciso.

Per come stanno le cose, è lecito pensare che si siano costituiti, all'interno degli uffici comunali interessati, dei piccoli feudi(con feudatari, vassalli e reggicoda vari) ciascuno dei quali si sia "auto accreditato" – con spartizioni occulte – una sua esclusiva parte di immobili di proprietà comunale da gestire in proprio! Mi pare evidente, del resto: gli affitti irrisori pagati "in chiaro", ovvero di assoluto favore, dovevano restare nascosti, affinché presumibilmente i vari feudatari e loro seguaci riscuotessero in nero, per il mantenimento di tutti quei privilegi, non poche mancette per il mancato aggiornamento dei canoni. La magistratura non ha davvero nessun sospetto? Io sì, invece… Come dicevo, basta ragionarci un po' su, del resto… E, per vecchi lupi di mare della burocrazia è facile trarre delle conclusioni "matematiche"! Senza trasparenza vale l'oscurantismo e la discrezionalità assoluta del potere burocratico!

Chiedetevi perché non sia mai stata ipotizzata la consultazione via Internet, aperta al pubblico, del patrimonio immobiliare capitolino. Per la privacy, sarebbe stato sufficiente schermare con un codice alfanumerico l'identificativo del nome dell'intestatario beneficiario del contratto di affitto, mantenendo bene in chiaro, invece, il riferimento ai mq, all'indirizzo relativo – pur evitando di specificare il n. civico – e al canone in corso. Ma, mi chiedo, i miei cari concittadini sono tutti muti e sordi? O questo perverso sistema fa comodo a molti, troppi di loro? Rivolto agli uomini liberi: pensate se le case sfitte del comune di Roma(e di tutti gli altri!) fossero messe on line tutte, senza alcuna distinzione, e si potesse procedere alla luce del sole a formulare senza veli una offerta pubblica per la sottoscrizione di nuovi contratti di affitto! Sarebbe un altro mondo. Cioè, normale! E questo sciagurato Paese è proprio di banalissima "normalità" che ha assoluto, esclusivo bisogno!