di Maurizio Guaitoli
Siamo uomini o caporali?
Purtroppo, storicamente, è bastato un solo caporale per causare una tragedia epocale.
Ma, oggi, com’è combinata l’Europa? E come sta con lei l’intero Occidente?
Pieni di guai entrambi, si direbbe. Certo, per nostri imperdonabili errori storici, come essersi persi la Russia nel post Guerra Fredda, mentre potevamo farne un preziosissimo alleato in quel lontano, drammatico 1992. Oggi, in compenso, abbiamo nemici dappertutto. In Medio Oriente, come nel lontano e nel vicino Oriente. Non solo. Sempre per colpa nostra, ci ritroviamo una Seconda Guerra Fredda alle porte, che potrebbe benissimo virare ad aperta e plateale confrontation(vedi la fattispecie storica della Trappola di Tucidide) con la Cina di Xi Jinping, furbo il doppio di Mao e con lo stesso potere assoluto nelle mani. Oggi, la sfida ideologica è tra Democrazie e Autocrazie(Cina, Russia, Turchia, Paesi arabi del Golfo, Iran, Bielorussia, etc.), in cui queste ultime entrano ed escono a loro piacimento dai vincoli di Trattati e Convenzioni internazionali, come nella fattispecie quella di Ginevra sui rifugiati. Del resto, le democrazie occidentali sono prigioniere di se stesse, in quanto anime belle che non possono permettersi il lusso di retaliation per fare pari e patta con quelli che, ormai, sono dichiaratamente i nostri nemici planetari, decisi a non arretrare dinnanzi a nulla pur di “vincere”. Un verbo, quest’ultimo, che abbiamo ormai del tutto dimenticato a coniugare. Da tigri coloniali che eravamo, siamo divenuti l’ultima ruota del carro delle grandi potenze, tanto che attori poco compiacenti, come libici, bielorussi e fondamentalisti islamici, possono metterci in ginocchio approfittando semplicemente delle nostre debolezze.
Oggi, il mondo intero è chiamato a fronteggiare e combattere le cosìddette strategie o guerre ibride, che combinano nel loro insieme diverse modalità di azione, sul piano sia militare, sia non militare; dirette o indirette; regolari o irregolari, spesso difficili da attribuire a una responsabilità specifica, ma pur sempre concepite per rimanere al di sotto della soglia di risposta o di conflitto aperto. Lo scopo, di norma, è di puntare all’indebolimento dall’interno del Paese-bersaglio, per quanto riguarda la sua coesione nazionale. Pertanto, non si possono contrastare le strategie ibride senza prima avere identificato gli obiettivi dell’avversario. Un recente esempio di guerra ibrida serve bene a chiarire l’attuale quadro della nostra debolezza, che rischia di fare fallire l’intero mondo occidentale mettendo negli archivi della Storia i suoi tanto declamati valori. L’antefatto di questi ultimi giorni è ben noto: l’utilizzo cinico e spregiudicato dei migranti, da parte dell’autocrate-dittatore Alexander Lukashenko, padre-padrone della Bielorussia, così come Stalin lo fu dell’Urss, rimasto al potere dal 1994 a oggi grazie a clamorosi brogli elettorali che gli hanno consentito di vincere le ultime elezioni presidenziali, mettendo a tacere con la forza gli oppositori interni.
Nei suoi confronti, la pavida Europa (e con lei la Nato), anziché mostrare i muscoli come oggi fa il suo mentore Vladimir Putin, schierando una mini-armata di 90mila uomini alle frontiere con l’Ucraina (con evidenti intenti minatori), ha semplicemente deciso di imporre nuove sanzioni e divieti a carico della Bielorussia, esattamente come fece con Mosca al tempo dell’annessione della Crimea. Ovviamente, Putin si è ben guardato dal ritirarsi sia dalla penisola annessa che dal Donbass ucraino, continuando per di più nei suoi tentativi di destabilizzazione degli equilibri inter-europei e inter-occidentali. E riesce a farlo praticamente impunito grazie, da un lato, ai suoi cyber-guerrieri, in grado di procurare danni anche gravissimi alle economie nemiche e alle loro leadership. Dall’altro, Mosca continua a manipolare il dissenso delle forti minoranze russe nei Paesi baltici, nel tentativo di riprendersi la sua storica zona di influenza, rispetto a territori che la Russia considera come suoi da sempre. In questo quadro, il Cremlino è convinto che l’Occidente non interverrà a difesa delle sue vittime, guardando a quanto è già accaduto a Hong Kong, nel caso della Cina, e alle ambiguità americane sulla difesa di Taiwan. Con l’abile ricatto dei migranti alla frontiera tra Bielorussia e Polonia, Putin e Lukashenko giocano con noi come il Gatto e la Volpe, anche se è il russo a tenere in mano il frustino che usa per bacchettare il suo protegè, soprattutto quando quest’ultimo tenta di usare il ricatto della chiusura del gasdotto Yamal-Europe, che poi non è il suo, essendo di proprietà esclusiva del primo.
E poiché l’Orso russo sempre quello è, Lukashenko deve a ogni costo aggirare l’ostacolo della sua totale sottomissione, evitando di federarsi con Mosca dato che, in questo caso, farebbe la stessa fine di Hong Kong, asservita ormai definitivamente al potere di Pechino. E così, l’uomo di Minsk, avendo appreso alla perfezione la lezione impartita da Erdogan alla Ue, gioca la carta dei migranti distribuendo visti a volontà ad aspiranti profughi e asilanti di mezzo mondo, portandoli da ogni dove con voli charter a Minsk. Dopo di che, gli immigrati vengono gentilmente recapitati con mezzi privati ai varchi di confine con la Polonia senza potere tornare indietro, in modo che migliaia di uomini, donne, vecchi e bambini non abbiano altra via d’uscita che entrare in Europa, via Varsavia, o morire di freddo nei boschi gelidi al confine bielorusso. Per riprenderseli, il nostro furbo avversario, vorrà soldi, tanti soldi. Ma, ancora di più, vorrà riconoscimento internazionale. Tant’è che la Volpe-Orso ha invitato i tremebondi poteri di Bruxelles, per il tramite della solita (quasi) ex Cancelliera tedesca, a “parlare direttamente” con il dittatore di Minsk.
Detto fatto!
Del resto, nel 2015 la prodigalità della stessa Merkel ha aperto incautamente le porte a un milione di rifugiati siriani, producendo il fenomeno inarrestabile del sovran-populismo. E oggi la storia rischia di ripetersi (anche se con numeri decisamente ridotti), con la nuova crisi dei migranti ai confini della Polonia, cosa che fa della Ue l’osservato speciale di tutto il mondo a causa dell’infodemia che circonda l’evento. Tanto più che Varsavia è considerato l’enfant terrible autocratico dell’Unione, sanzionata da Bruxelles e da Strasburgo con varie minacce e rappresaglie, che vanno dalla sospensione delle erogazioni relative ai fondi strutturali e al Recovery, per arrivare al congelamento del diritto di voto nel Consiglio Europeo. Così, il suo Premier Mateusz Jakub Morawiecki gioca la carta della Nato, a causa del dispiegamento di truppe bielorusse ai suoi confini e dei sorvoli minacciosi nell’area di bombardieri nucleari russi. Pertanto, l’Alleanza viene invitata da Varsavia a considerare anche gli attacchi ibridi degni di una risposta collettiva, a norma degli artt. 4 e 5 del Trattato relativo.
Si finirà, dunque, con il dare la parola ai cannoni, o a trattare con il prepotente di turno, dandogli piena soddisfazione?
Buona l’ultima, ovviamente! Però, Monaco non ci salvò nel 1938: basta ricordarselo!
Oggi più di ieri, TUTTI debbono evitare che accada una… Guerra per caso, frutto dei danni collaterali del Multipolarismo! Perché poi è sempre vero il detto che “Troppi galli a cantar non si fa mai giorno”. Non solo, aggiunge il Capo di Stato Maggiore inglese, in via di pensionamento, Sir. Nick Carter: nel caso dei (fin troppi!) Paesi nuclearizzati le cose possono andare anche molto peggio, sprofondando il mondo in una notte praticamente eterna.
Infatti: che cosa succede se vengono a mancare i canali diplomatici attivi all’epoca del bipolarismo Est-Ovest della Prima Guerra Fredda quando, in fondo, erano solo in due ad avere il potere di premere il pulsante che avrebbe scatenato una guerra nucleare planetaria? Davvero oggi l’Orso russo è rimasto quello che faceva la faccia feroce ma restava, tutto sommato, sempre nella sua stessa gabbia?
Prima, lo spauracchio della deterrenza faceva sì che tutti rimanessero entro i confini dettati dal Trattato di Yalta, mentre oggi le democrazie occidentali si trovano confrontate a ogni sorta di regimi autocratici ostili e risoluti, che fanno del contesto strategico globale una vera e propria arena in cui è lecito lottare con ogni mezzo a disposizione, pur di raggiungere i propri obiettivi tattici e strategici. Da qui, nascono le strategie o guerre ibride, in cui l’immigrazione illegale gioca il ruolo mediatico di deflagrazione nucleare classica! In merito, il Gen. Carter fa un lungo elenco della strumentazione ibrida utilizzata dai russi nell’ultimo decennio.
Si parte con l’annessione della Crimea e il dispiegamento massivo di truppe ai confini con l’Ucraina, per poi passare all’intervento diretto in cui si è offerto un sostegno determinante alla sopravvivenza e alla vittoria di un regime feroce e sanguinario come quello del Presidente Bashir Assad(che ha causato oltre 500.000 vittime tra la popolazione siriana!). Poi, per quanto riguarda la repressione del dissenso e della opposizione interni, si citano l’avvelenamento con gas nervino di un dissidente russo e di sua figlia, avente come scenario la capitale inglese, nonché l’assassinio di oppositori in patria e all’estero, o quello mancato di Alexei Anatolievich Navalny. Per gli attacchi ibridi all’esterno, si ricordano invece sia le cyber-guerre a danno di interessi politici ed economici dell’Occidente, comprese le interferenze nelle elezioni presidenziali di Oltre Atlantico; sia le attività di disinformazione in funzione anti-occidentale, per la diffusione di notizie false e tendenziose sulle testate giornalistiche finanziate e controllate da Mosca. Infine, ciliegina sulla torta, di recente l’intelligence di Londra ha accertato come vi sia la manina dei russi dietro la campagna denigratoria orchestrata dai secessionisti bosniaci contro il governo legittimo di Sarajevo. L’Orso russo, liberato dalle sue stesse catene di ieri, osserva Carter, non si fermerà se l’Europa e l’America non agiranno con la massima determinazione per impedirgli una invasione in grande stile dell’Ucraina o, anche peggio, di condurre operazioni militari coperte avvalendosi della complicità delle maggioranze russofone nei Paesi baltici confinanti, con particolare riferimento a Estonia e Lituania.
Perché poi, ricordando il Winston Churchill che stigmatizzò in modo fulminante gli accordi di Monaco, appena sottoscritti da Londra con Hitler e Mussolini, dicendo: “Potevate scegliere tra la guerra e il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra!”, anche oggi la difesa della democrazia contro l’aggressione non può limitarsi a una inconcludente trattativa che fa guadagnare solo tempo all’avversario irriducibile, come lo è oggi la Russia putiniana per colpe quasi esclusivamente nostre e della Germania, in particolare, visto quello che Berlino combinò nel 1992! Mosca mira a vincere(ricorda qualcosa anche a noi?) con qualunque mezzo, ortodosso e, soprattutto, con le guerre ibride. Ed è il caso che l’Occidente dica forte e chiaro agli uomini forti dell’Est che non ci sarà mai più, né ora né mai, una Nuova Monaco! Ciò detto, è bene ricordarsi i nostri imperdonabili peccati nei confronti della Russia del 1991 in cui al tempo del collasso dell’Urss, come ricorda The Economist del 7 novembre, le onnipotenti forze armate russe erano ridotte a brandelli, tanto che un pilota da caccia guadagnava una frazione dello stipendio di un autista di autobus! I soldati erano talmente affamati che si vedevano costretti a nutrirsi di bacche e funghi trovati nei boschi! La corruzione risultava talmente diffusa negli alti gradi dell’esercito, che un generale venne denunciato per aver ceduto in affitto un Mig-29 al fine di partecipare a una competizione auto contro aerei, svoltasi in un campo di atterraggio della Germania dell’Est! “Nessun esercito al mondo è così malridotto come il nostro”, si lamentava nel 1994 il Ministro della difesa russo!
Quando, nel 2008, l’esercito russo rischiò una figuraccia in Georgia, fu a quel punto che subì una rivoluzione organizzativa radicale, con il raddoppio delle spese militari in poco più di dieci anni, dal 2005 al 2018. Malgrado il bilancio russo per la difesa sia segreto, la spesa relativa dovrebbe oggi aggirarsi tra i 150 e i 180 miliardi di dollari all’anno (circa il 4% del Pil), pari a tre volte quello inglese. Rispetto agli arsenali tradizionali, è stato rinnovato il 27% degli armamenti con un picco del 71% nella sola aviazione militare, con particolare riferimento al perfezionamento tecnologico dell’apparato missilistico e navale.
E qual è l’obiettivo che si prefiggono i grandi strateghi di Mosca con simili, massivi investimenti nella modernizzazione d’avanguardia delle forze militari russe?
Niente di meno che quello di creare un “sistema complesso di riconoscimento-risposta”, in cui un insieme sofisticato di strumentazioni collezionino e processino tutti i dati che provengono dal movimento dei veicoli di terra, da droni, satelliti e radio segnali emessi dal nemico, per poi organizzare una risposta armata e puntuale in tempo reale.
Per evitare, poi, le guerre che non finiscono mai(vedi quella dell’America in Afghanistan), Putin ha investito moltissimo sulla forza nucleare e, in particolare, sulle armi sporche, come alianti ipersonici; torpedini in grado di inquinare radioattivamente centinaia di chilometri di costa; missili nucleari di crociera in grado di circumnavigare indefinitamente l’atmosfera terrestre, e così via. A questo punto, è chiaro che la difesa della democrazia non può limitarsi alla semplice volontà di trattativa(Monaco docet), dovendo l’Europa, la Nato e gli Usa individuare una strategia comune che funzioni da efficace deterrente, per contenere e controbilanciare questo tipo di minacce ibride.
E prima lo si farà, meglio sarà per i nostri amici come per i nemici.