di Antonio Corona*
“MARRUCINO GREMITO DA 300 STUDENTI PER NON DIMENTICARE-Emozione in platea per gli attori del Piccolo Teatro, i premi ai parenti degli internati e la canzone del prefetto ai giovani
Obiettivo raggiunto per il prefetto Antonio Corona che voleva una manifestazione ad alto impatto emotivo perché restasse impressa nella memoria dei circa 300 studenti delle scuole di Chieti e di Ortona, riuniti insieme alle autorità ieri mattina al Marrucino. E se è vero che ‘la memoria si scolpisce con le emozioni’, come ha detto lo stesso prefetto, la Giornata della memoria, celebrata in collaborazione con Comune, Provincia, Camera di Commercio, Ufficio scolastico e Walter Tosto Serbatoi, di emozioni ne ha riservate tante. Dai ‘Mai più’ echeggiati dai discorsi degli intervenuti e urlati dai ragazzi del laboratorio teatrale del Piccolo Teatro dello Scalo, diretto da Giancamillo Marrone, che sul palco hanno saputo catturare l’attenzione di un teatro strapieno, dalla platea sino alla balconata. Alle testimonianze di chi ha vissuto i campi di concentramento, alla struggente colonna sonora, di cui faceva parte anche la toccante e bellissima ‘Auschwitz’ dei Nomadi. Alla sorpresa finale, che dopo la rievocazione di fatti e vicende talmente tragiche, ha voluto essere una sorta di liberazione e un invito, rivolto ai giovani, a vivere a pieno ‘i migliori anni’ della loro vita. Ed è così che, a sorpresa, il prefetto Corona ha deciso di chiudere la manifestazione cantando ‘I migliori anni della nostra vita’ di Renato Zero, con gli studenti che non si sono tirati indietro e hanno intonato insieme la canzone. Atmosfera finale, insomma, da concerto e di riconciliazione con la vita, dopo avere assistito alla rievocazione di tante brutture. E anche di ritrovato feeling con le istituzioni. Che la manifestazione fosse stata pensata proprio per i giovani, si era capito sin da subito, visto che ad aprire l’evento è salito sul palco il vice presidente della Consulta provinciale degli studenti, Luca Corsica. Poi è stata la volta del presidente della Camera di commercio, Roberto Di Vincenzo, e del sindaco Umberto Di Primio, in passato accusato di non aver celebrato mai degnamente questa ricorrenza. Un’accusa che ora va in archivio dopo il suo discorso di ieri sulla ‘barbarie inaccettabile appartenuta a quell’epoca del nazifascismo che ha portato all’Olocausto e alla Shoah’. Parole inequivocabili che hanno convinto gli accusatori a rinfoderare le spade. La mattinata ha visto anche la consegna della Medaglia d’onore ai cittadini italiani, militari e civili, deportati ed internati nei lager nazisti. (…)”(di Arianna Iannotti, il Centro, 28 gennaio 2016, pag. 13)
“GIORNATA DELLA MEMORIA L’OMAGGIO DEL MARRUCINO
‘Attraverso il filo spinato spuntano occhi diventati enormi’. Sono occhi che guardano anche i 350 studenti che riempiono il teatro Marrucino nel Giorno della Memoria e il telo su cui scorrono le immagini nemmeno per un attimo attutisce l’orrore. Gli studenti ricordano attraverso ‘Se questo è un uomo’ di Primo Levi, ‘La canzone del bimbo nel vento’(Auschwitz) di Guccini, la Shoah ricostruita dagli allievi di Giancamillo Marrone del Piccolo teatro dello Scalo. Partecipi, attenti, composti: non vola una mosca quando il prefetto Antonio Corona, maestro di cerimonia della mattinata, fa alzare tutti per un minuto di silenzio. (…) ‘la memoria va alimentata, gelosamente conservata e difesa, rispetta in ogni istante – il messaggio di Corona dopo un estratto su Auschwitz del premio Nobel per la pace Elie Wiesel – Non c’è stato, non c’è e non può esserci un solo motivo per giustificare quello che è successo’. Per i più giovani ha parlato Luca Corsica, vicepresidente della Consulta provinciale degli studenti. Il prefetto ha consegnato le medaglie d’onore (…) Sul finale, vicino ai giovani, veri protagonisti della mattinata, ha dedicato loro I migliori anni della nostra vita.”(di Stefania Ortolano, Il Messaggero, inserto Abruzzo, 28 gennaio 2016, pag. 46)
Ci sarebbe ancora moltissimo da raccontare.
Dal senso di angoscia cosmica che insinua nell’animo L’urlo di Edvard Munch a introdurre la manifestazione, alla suggestione sollecitata dai brani musicali a sottolinearne i diversi “quadri”, iniziando da quelli del rullo di presentazione, di Auschwitz, di raccoglimento; alla asciutta immediatezza delle immagini retoriche e delle rappresentazioni che hanno accompagnato la rievocazione di una tragedia immane e del suo riscatto; alla incontenibile commozione suscitata dai ragazzi del Piccolo Teatro nella narrazione della strage di milioni di inermi innocenti; alle emozioni all’atto del ricevimento delle medaglie in memoria dei militari deportati; alla impeccabilità delle Forze di polizia nelle loro alte uniformi, a fare da cornice al Tricolore approdato al proscenio per un Inno cantato all’unisono da un teatro gremito in ogni ordine di posti.
Alla solennità coniugata con i sentimenti profondi di ogni autentica persona comune.
E altro, tanto altro ancora.
Come per esempio la passione, la capacità, la piena disponibilità dello staff della prefettura, come di quanti altri hanno attivamente collaborato alla realizzazione e riuscita dell’evento, che qui si desidera di nuovo sentitamente ringraziare.
“(…) Stringimi forte che nessuna notte è infinita (…)”.
Un momento che si vorrebbe non avesse mai fine.
Oppure, piuttosto, la attesa, consumata insieme a chi si vuole bene, di una nuova aurora che rischiari e dissolva le ombre delle tenebre.
Comunque la si interpreti, quelli di oggi sono e resteranno i migliori anni della vita, ovvero l’infanzia e la adolescenza, dei ragazzi, dalle elementari alle superiori, convenuti a centinaia al Marrucino.
Migliori anni che non torneranno e perciò da non sciupare, da assaporare intensamente, fino in fondo.
Specie pensando agli stessi migliori anni, agli stessi sogni a occhi aperti, strappati brutalmente e per sempre a coetanei trovatisi a vivere nella Europa nazi-fascista con la sola colpa di essere dalla parte sbagliata del filo spinato.
Difficile, se non impossibile, descrivere adeguatamente la atmosfera creatasi e respirata al Marrucino.
Infine, a commemorazione ormai già conclusa, con scelta estemporanea in dono ai ragazzi presenti, attorniato sul palcoscenico dai giovani attori del Piccolo Teatro, lo scrivente intona: “Penso che ogni giorno sia come una pesca miracolosa…”.
Lo spazio di un attimo e tutti, in piedi, ad accompagnarlo.
Quasi a volere liberare, in quel canto, le energie accumulate e compresse nel pathos di una cerimonia ad alto tasso di partecipazione emotiva. Quasi a volersi unire, idealmente, in un unico abbraccio, alle generazioni e alle vittime di allora. Quasi a volere salutare semplicemente, così, come forse solamente tra ragazzi si sa fare, gli innumerevoli sventurati, stipati all’inverosimile in vagoni piombati, in quel loro ultimo viaggio verso la morte.
Un ultimo saluto, struggente, con le intime speranza e invocazione che quanto accaduto non abbia a ripetersi.
Mai più!
Che tuffo al cuore… pronto a rinnovarsi a ogni accenno che sarà delle note dei “migliori anni”, a innescare in ciascuno il ricordo di “questo” 27 gennaio.
Una sorta di link.
Un modo per conservare e custodire la memoria.
Quanto può certe volte una canzone, uno dei canali più diretti per entrare in contatto con i giovani, per catturarne e condividerne la attenzione.
Sovente molto più di tante parole, magari meglio confacenti alle circostanze ma percepibili come distanti ed estranee.
Formalità, solennità, comunicazione, coinvolgimento.
Un mix difficile, talvolta rischioso.
Cui nondimeno non sottrarsi – con le modalità che si ritengano maggiormente consone e appropriate al ruolo rivestito, alle occasioni concrete, a se stessi – specie se “in palio” ci siano i ragazzi.
In questo senso, il Marrucino ha costituito una lezione.
Meglio, una conferma.
Che si rimette sommessamente alla riflessione comune.
*prefetto della provincia di Chieti