di Antonio Corona*
Verrà, verrà il momento in cui le prefetture non saranno più in condizione di fare la loro parte(…/!/?/.: la punteggiatura ritenuta più confacente è a scelta del lettore).
La mera, fosca, solita, allarmistica previsione, non supportata dai fatti?
Di sicuro, c’è la difficoltà a reperire in continuazione nuove sistemazioni per i novelli arrivi.
Di sicuro, i ritardi della giustizia sui ricorsi, avverso il diniego dello status richiesto, sono divenuti insostenibili(e “sorprendono” al contempo le periodiche sollecitazioni dal Viminale per una intensificazione dei ritmi delle Commissioni “prefettizie”, dato che a essa non pare corrispondere quella dei vari tribunali aditi, con intuibili riflessi sul turn over nelle strutture di accoglienza ormai stipate all’inverosimile).
Di sicuro, l’arrivo dei profughi ucraini non ha aiutato.
Di sicuro…
Tralasciando doverosamente profili e considerazioni di ordine politico-internazionale/interno, va registrato che la situazione, negli anni, è stata affrontata con legislazione e strumenti ordinari – come a volerne “negare” il carattere di palese emergenzialità(eppure, i CC.A.S., per esempio, non sono “straordinari” per definizione?) – tra l’altro pensata per piccoli gruppi, tutt’al più centinaia, migliaia, non centinaia di migliaia di persone come sta ormai avvenendo e non da ora.
Il sistema ordinario, costituito dal S.A.I.(Sistema Accoglienza Integrazione) – prima S.P.R.A.R., poi SIPROIMI – da tempo è collassato mostrando tutti i suoi limiti.
Nel frattempo, da Roma, il “motivo” è sempre lo stesso: “sbarcano, noi ve li mandiamo, voi li prendete in carico”. Punto.
Possibilità di replica?
Zero.
D’altronde, anche volendo, lì dal Ministero, dove metterli o mandarli altrimenti?
Assolutamente comprensibile.
Ma non è così pure per le prefetture?
Sono diventate e trattate come l’ultimo(anzi, il primo) approdo.
Eppure, sono anni che ci si confronta con il fenomeno, sebbene, purtroppo, non si veda ancora la luce.
L’“Europa”, la grande accusata per la lentezza esasperante che caratterizza ogni sua decisione in materia, pare governata da… Ent(de “Il Signore degli Anelli– memoria”).
Su di un aspetto almeno, l’attuale compagine dell’Esecutivo ha perfettamente ragione: occorre fermare le partenze.
Ovvero, ciò che si è avuto modo di sostenere già in passato su queste stesse colonne.
Perché una volta in mare, i migranti, o arrivano e occorre provvedervi, oppure muoiono annaspando nelle acque del Mediterraneo.
Con gli strascichi giudiziari di rito.
Perché è vero che i migranti salgono(/vengono fatti salire) a proprio rischio e pericolo su imbarcazioni fatiscenti, tra l’altro con la consapevolezza di non avere spesso alcun titolo a essere accolti nella terra di destinazione(forse, in questo, il senso autentico della frase proferita dal Ministro dell’Interno: una mera constatazione, non un atto d’accusa verso chicchessia – a iniziare dalle stesse vittime di questo rivoltante traffico di esseri umani – alla quale si è peraltro cercato di inchiodarlo).
Sennonché, se poi accada qualcosa, le indagini circa possibili responsabilità vengono intanto indirizzate automaticamente su dispositivi e procedure di salvataggio(!).
Si sta rovesciando il mondo…
Come nel caso, per capirsi e stare ai nostri giorni, del mancato riconoscimento dei figli delle coppie omogenitoriali: non ci si poteva pensare prima che nascessero? Insomma, esiste un diritto “dei” figli o un diritto “ai” figli?
Invece, quei bambini innocenti prima vengono messi al mondo in qualche modo, magari anche sfidando la normativa attuale, dando quindi modo ai “genitori” di sentirsi in diritto di accusare coloro che non si arrendono dinanzi al fatto compiuto.
O, si soggiunge, come per la trascrizione delle dizioni padre e madre.
È o non è una forzatura pretendere che siano indicati soltanto “genitore1” e “genitore2”, così potendo offendere il comune sentire della stragrande maggioranza delle persone?
Si implora venia per la breve digressione, che non intende in alcun modo iscrivere sulla lavagna i “buoni” e i “cattivi”, ma solamente porre delle domande e accadimenti che possano suscitare interrogativi.
Tornando a bomba.
In questo Paese, qualsiasi cosa accada, il ritornello sta diventando sempre lo stesso: “Giustizia! Giustizia! Vogliamo giustizia!”(con conseguente, correlata sovraesposizione della magistratura).
Beninteso, che “deve” coincidere con l’opinione di chi la reclama, perché sennò…
Con il massimo del rispetto e di umana comprensione per il dolore di quanti ne siano rimasti coinvolti a vario titolo, Rigopiano docet(è solo il primo grado di giudizio ma, sia consentito: che coraggio e che solitudine deve avere avvertito quel giudice che non si è piegato agli umori della piazza ma ha seguito il proprio libero convincimento!).
Tutti puntano il dito sui trafficanti di esseri umani ma, in definitiva, siffatte vicende sono utilizzate per alimentare la polemica politica interna.
“Li avete uccisi!”, “Avete voluto farli morire!”, “Non avete voluto salvarli!”(i migranti), e via dicendo, rivolti ai competenti esponenti di governo.
Accade fuori delle acque territoriali, in zona SAR altrui?
È corretto, ci si chiede, che la responsabilità sia fatta ricadere non su chi sarebbe dovuto intervenire?
C’è chi ora rimpiange apertamente persino Mare Nostrum, sembrando dimenticare che quella operazione(umanitaria) fu abbandonata per palese insostenibilità.
Non solo.
Le unità della nostra Capitaneria, della nostra Marina, che si spingevano fin sotto le coste libiche, stavano assumendo progressivamente, come si disse all’epoca, le sembianze di veri e propri taxi del mare per quanti si avventurassero nelle acque di quello che, un tempo, fu un lago romano.
Cutro, o meglio, la rotta ionica, ha decuplicato i pattugliamenti per raccogliere coloro che vengono salvati a migliaia al giorno.
Ma non basta mai comunque.
Viene unanimemente sostenuto a latere che dovrebbe essere l’Unione Europea a farsi carico della questione, compresa la diffusa presa in carico dei migranti raccolti in mare.
Come rammentato in precedenti occasioni su queste stesse colonne, gli ambientalisti hanno non di rado motivato la loro avversità ad adeguamenti del sistema viario motivando che strade più ampie avrebbero attirato maggiori flussi di traffico.
Ergo…
L’Inghilterra, uno dei più fulgidi esempi di Stato democratico liberale, sta provando a mettere un freno alla immigrazione illegale con una proposta di legge che neghi lo status di rifugiato a tutti coloro che ivi approdino fuori delle ipotesi consentite.
In precedenza, ha altresì stipulato accordi con il Ruanda per trasferirvi i migranti nelle more dell’esame delle relative istanze.
Non si dispone di notizie aggiornate in proposito, ma tant’è.
Nel frattempo che si parla(e che si scrive) i migranti continuano ad arrivare.
E vi è chi strumentalmente non fa più alcuna differenza tra rifugiati – aventi pieno titolo ma che costituiscono poco più del 10% del totale – e quanti siano viceversa spinti da motivazioni diverse, economiche su tutte.
Si parla di centinaia di migliaia di persone pronte a “imbarcarsi”…
Non sta certo a un dirigente sindacale, per di più neanche invitato, piombare nell’agone politico, ci mancherebbe.
Quanto qui riportato, perciò, è e vuole essere soltanto la semplice e perfettibile cronaca di quel che accade, né più né meno.
Rimane la domanda: è verosimile pensare di assicurare la accoglienza con un sistema che si fonda sulla straordinarietà delle strutture di ospitalità?
Quale che sia la risposta, ci si limita, qui, a evidenziare piuttosto come tutto ricada sulle spalle sempre più curve (per il peso) delle prefetture.
Delle quali, non si parla mai abbastanza.
Bene e complimenti vivissimi a chi opera i salvataggi in mare.
Ma un momento dopo, chi ci pensa?
Umanissimo esprimere orrore e pietà per le continue morti in mare.
Ma, dopo?
Verrà, verrà il momento in cui le prefetture non saranno più in condizione di fare la loro parte(…/!/?/.).
*Presidente di AP-Associazione Prefettizi