di Maurizio Guaitoli

Ricordate quel detto lapalissiano?

“È l’economia domestica, stupid!”.

Questo perché le donne nella amministrazione della cosa privata e pubblica sono più oculate e serene dei colleghi uomini, troppo competitivi a scoprire l’alfa che è in loro passando fin troppo tempo a confrontarsi su questioni di… “lunghezza”, tipo quanto è lunga nel loro conto in banca la stringa di zeri dopo l’unità! Angela, Ursula e Christine (bei nomi, tra l’altro!) hanno deciso una rivoluzione silenziosa avanzando un progetto ambizioso su quella che sarà l’Unione Europea di domani.

Nella loro ricetta ci sono spezie piccanti, come quella del federalismo che avanza (quindi, innanzitutto una fiscalità e un bilancio comuni) e dell’allevamento fatto in casa dei futuri Campioni europei per quanto riguarda le produzioni strategiche, la riconquista degli spazi sul 5G e, soprattutto, la ricerca sanitaria e biomedicale abbinate al finanziamento comune alla ricerca e alla formazione avanzata per le giovani generazioni attuali e future. Ovviamente, l’ipotesi della Green Economy è ampiamente condivisa e finanziariamente sostenuta, dato che la partita delle nuove forme di mobilità a bassa emissione di inquinanti, come trasporti pubblici ecocompatibili e auto elettriche, vale a conti fatti parecchie centinaia di miliardi.

Frau Angela, in particolare, ha fatto spallucce alla sentenza della sua Corte Costituzionale che ha bacchettato il Governo tedesco per essere stato di manica larga, chiudendo un occhio al testo letterale del Trattato, per quanto riguarda gli acquisti alla Draghi di quel Qe relativo al “faremo tutto ciò che serve” per salvare l‘Euro. Ovvero, per impedire il default dei Paesi più indebitati dell’Unione.

E Madame Christine, dopo un pensierino storto(tipo: “Non siamo qui – noi della Bce – per chiudere gli spread!”), per l’effetto Covid si è prontamente allineata con il suo predecessore!

Infine, la terza, Von Ursula, con grazia e cautela(by-by Junker!), ha impostato sui solidissimi pilastri delle sue colleghe una strategia sicuramente vincente. Siccome i… Frugali(e con loro parecchie altre opinioni pubbliche del Nord e dell’Est Europa) l’aspettavano al varco come un S. Sebastiano, se solo avesse osato parlare di Eurobond e della mutualizzazione dei debiti pubblici pregressi degli Stati, ha fatto sì che tutte le frecce restassero nelle faretre dicendo che, in buona sostanza, visto che qualsiasi pagherò della Commissione gode della Tripla A da parte delle maggiori agenzie mondiali di rating, che cosa c’è di meglio se non un adeguato aumento della contribuzione degli Stati per il settennio 2021/2027 per garantire da parte di Bruxelles un prestito da circa un trilione di euro da farsi prestare dai mercati finanziari internazionali? Poi, per smussare ancora un po’ gli angoli, ha proposto nuove tasse etiche in parte provenienti dai contribuenti dell’Unione in materia green-tax e in parte molto più robusta da quei furbacchioni delle Major della Silicon Valley che guadagnano centinaia di miliardi di dollari all’anno, pagando tasse irrisorie nei Paesi nei quali sviluppano quella loro immensa ricchezza. Certo, c’è un però: chi glielo dice a irlandesi e olandesi che fanno dumping fiscale a danno di tutti gli altri Paesi dell’Unione?

Diamo però tempo al tempo e fiducia.

Bene: ma, di tutta questa manna dal cielo, all’Italia che cosa toccherà?

Per realizzarsi, la strategia della Triade ha bisogno che venga votato all’unanimità il bilancio 2021/2027 e che, nel frattempo, schivati gli ostacoli dei Consigli europei(cosa che avverrà con ogni probabilità, visto che Frau Merkel condurrà le danze nel semestre che partirà dal prossimo luglio!), gli altri nostri soci non nascondano un grosso diavolo nei dettagli degli aiuti. Quindi, fino a primavera inoltrata del 2021 l’Italia non vedrà né la quota di grants, né quella dei loans. Specifichiamo bene: nemmeno nel caso più roseo avremo pasti gratis! Primo, perché la quota da non restituire non potrà mai e poi mai essere utilizzata per fare assistenzialismo e spesa corrente, ma per realizzare progetti concordati con il Creditore(cioè Bruxelles!), esattamente a quanto avviene nell’erogazione dei Fondi strutturali europei! Secondo: tutti i soldi che ci arriveranno saranno frutto di indebitamento comune e, pertanto, quote capitarie e interessi andranno ripagati in base al Pil-Paese! E come facciamo nel frattempo, visto che abbiamo dissanguato le casse statali non per creare crescita ma per fare helicopter money, solo per tenere bassa la temperatura della protesta sociale, ma senza una vera intelligenza strategica per il dopo? Come si rinsangua il tessuto fittissimo delle piccole e medie imprese in modo che in tempi ragionevoli possa riassorbire i grandi numeri attuali della disoccupazione di massa?

Siccome alla fine dello scudo della Bce, nel 2022, si prospetta per noi l’immane tragedia del default, abbiamo urgenza di fare due cose, una più importante dell’altra.

Primo: darci un’intelligenza progettuale azzerando le superfetazioni procedurali della Pa(che va resa totalmente trasparente attraverso la digitalizzazione integrale), con il disboscamento drastico della miriade di norme che impediscono all’impresa di funzionare e ai capitali internazionali di privilegiare l’Italia, rendendo loro la vita facile con la riprogettazione della Giustizia penale e civile.

Secondo: sradicare le decine di migliaia di centri di spesa(e, quindi, le relative clientele politico-burocratiche-mafiose) riducendoli a pochissime unità soprattutto in campo sanitario, dettando regole costituzionali per gli standard delle prestazioni e l’uniformità dei costi sottraendo il tutto alle burocrazie regionali, per associare invece le Regioni in compiti di alta programmazione territoriale ripartiti tra Stato e Autonomie. Per ora, poiché tertium non datur, sbrighiamoci alla svelta a racimolare le decine di miliardi già pronti offerti dal Mes e a utilizzare bene la nostra quota del Fondo Sure per il sostegno dell’occupazione.

Anche perché all’orizzonte si profila una nuova sfida all’Occidente: quella della Cina nazionalista e dell’inizio di una Seconda Guerra Fredda che ci vedrà confrontati a una sorta di… totalitarismo confuciano. Infatti, sembrerebbe che con il Covid-19 sia definitivamente tramontato il multilateralismo, cosa che potrebbe portare Xi Jinping a confrontarsi presto con l’Occidente e con gli Usa in particolare, trincerandosi all’interno delle ex mura imperiali della Città Proibita. Gradualmente ma inesorabilmente stanno tornando indietro tutti i Cavalli di Troia della globalizzazione incontrollata che avevano permesso a Pechino di acquisire tecnologia e know-how occidentali, tramite il trasferimento forzato della proprietà intellettuale imposto alle imprese occidentali all’atto della delocalizzazione o della costruzione di nuovi impianti, dando così slancio alla sua lunga rincorsa alla supremazia mondiale drogata da una gigantesca supercapacità produttiva finanziata dallo Stato cinese. La pandemia ha messo infatti in luce ciò che tutti sapevamo ma che le élite globalizzate fingevano di ignorare: ovvero, che fin troppe produzioni strategiche sono pericolosamente migrate in territorio asiatico – cinese, in particolare – e che il gioco economico favorito dai consumi di massa si è fatto sempre più geopolitico e geostrategico. Così le legioni di studenti cinesi che avevano trovato dimora privilegiata ed esclusiva nelle più prestigiose università americane, si sono convertiti in tanti catalizzatori di tecnologie e conoscenze avanzate, funzionando dal 2012 in poi come fedeli soldatini del Celeste Impero. Il gioco dei dazi unilaterali e della chiusura dei mercati interni da parte cinese (con la scusa che loro erano un Paese in via di sviluppo con una sterminata popolazione sotto la soglia di povertà!) è destinato a finire.

Se noi europei fossimo uniti, alla Road&Belt Initiative cinese contrapporremmo un progetto simile ma ancora più ambizioso da tre trilioni di euro da realizzare sul nostro continente. Solo in Italia, sovvertendo e eliminando progressivamente i monstrum urbani delle megalopoli, si potrebbe sviluppare un urbanesimo molto più moderno, alternativo e avveniristico sfruttando quel patrimonio unico al mondo che solo noi possediamo, come i borghi antichi e d’arte italiani. Guadagneremmo centinaia di miliardi mettendoli a network con tessuti viari ristrutturati in modo da rivitalizzare le sinergie tra piccoli centri e campagna, dotandoli di quelle tecnologie digitalizzate avanzate che consentono a milioni di persone di svolgere a distanza tutte quelle attività non legate ai luoghi fisici di produzione, vincolati a impianti industriali e fabbriche. Le risorse pubbliche debbono abbandonare le logiche clientelari della crescita delle partite correnti, per fare da stimolo e volano ai grandi progetti-Paese, come le autostrade informatiche, le linee ferroviarie ad alta velocità, il rilancio a tutto campo della Ricerca e Sviluppo, collegata a una rete di studi universitari completamente innovativi… alla cinese, in quando indissolubilmente legati alla valorizzazione del merito individuale e all’adeguata remunerazione delle competenze qualificate.

Ma veniamo ora al tema, dando spazio alla più recente e assai interessante riflessione di Francis Fukuyama sul genere di sfida che il regime totalitario cinese sta imponendo oggi all’Occidente.

Partiamo dai vantaggi competitivi che sono propri del sistema cinese.

Innanzitutto, la Cina è stata la prima civilizzazione al mondo a creare uno Stato moderno burocratico e centralizzato, non più guidato dal capriccio e dall’arbitrio dei suoi governanti ma operante secondo regole formali e, quindi, con un profilo impersonale nel trattamento dei suoi cittadini! Gli incarichi ai prefetti governatori delle province venivano assegnati sulla base del merito e i funzionari in questione erano regolarmente avvicendati a cadenze regolari, onde evitare che fossero cooptati nella sfera delle élite locali. Quella dell’epoca Han fu una società dove entrare nella casta dei funzionari civili dell’impero significava salire nella scala sociale.

Ma che cosa succede oggi, invece?

La colpa è del modello totalitario prescelto da Xi Jinping(che si è fatto nominare Presidente a vita e ha inciso in Costituzione lo Xi-pensiero come nemmeno Mao aveva osato fare!), che ha ferocemente verticalizzato i livelli decisionali precedenti abolendo di fatto il ruolo autonomo dei civil servant sul territorio. Invece, il modello asiatico alternativo di Taiwan, Singapore, Corea del Sud e Hong Kong combina una forte capacità dello Stato alla competenza tecnocratica e le associa a una formula vincente per fronteggiare le future crisi.

Bisogna riconoscere, dice Fukuyama, che noi siamo confrontati a una sorta di riedizione dell’Urss della metà del XX sec. e non a un vero e proprio regime di capitalismo autoritario. Questo perché in Cina non esiste un vero e proprio settore privato, in quanto lo Stato ha la capacità per forza di legge di controllare le aziende private, premettendo ai loro interessi quelli della sicurezza nazionale. Così avviene per Tencent, Alibaba, Huawei. Rispetto a quest’ultima, “(…) sarebbe una follia da parte di qualsivoglia democrazia liberale consentirle di realizzare infrastrutture informatiche strategiche (…)”, come il 5G, visto che potrebbero cadere sotto il controllo dello Stato cinese. (…) In via del tutto generale, gli Usa e le altre democrazie liberali debbono avviare un graduale disimpegno economico dalla Cina. La pandemia ha mostrato, infatti, quanto Europa e America siano pericolosamente dipendenti dalle capacità manifatturiere di un potere a noi ostile (…)”.

Conclusione: sbrighiamoci, noi occidentali, a riprenderci il ruolo che avevamo in precedenza, anziché aspettare che la Cina cambi da sola nel tempo il suo spirito ultranazionalista che concepisce i rapporti internazionali soltanto in termini di competizione tra super-potenze (esempio: i wolf warriors o “lupi da combattimento” con cui si identificano i diplomatici di Pechino), con la conquista di aree di influenza sempre più ampie facendo sfoggio di una sempre più muscolare e invasiva presenza militare!