di Maurizio Guaitoli

L’Europa Unita?

Da ancrage o ancoraggio, a échouage o naufragio sulle irte scogliere della perniciosa euroburocrazia bruxelloise e della vergine di ferro monetaria di Francoforte?

Due date; due ere.

La prima, quella della finta Fine della Storia, del 26 dicembre 1991, quando il Soviet Supremo dell’Unione Sovietica proclamò la dissoluzione della stessa Urss. Soltanto due mesi dopo, il 7 febbraio 1992, i membri della Comunità economica europea si riunirono a Maastricht, in Olanda, per approvare il Trattato omonimo con il quale venivano creati l’Unione Europea, un mercato e una moneta comuni. Ma, da allora, quell’Europa federale sognata nel Manifesto di Ventotene dai suoi padri fondatori si è arenata e involuta.

C’è da chiedersi, leggendo  l’ultimo libro di Fubini Per amor proprio. Perché l’Italia deve smettere di odiare l’Europa(e di vergognarsi di se stessa), Ed. Longanesi 2019(presentato lo scorso 11 aprile presso lo spazio dell’Associazione Civita con la partecipazione di Carlo Calenda ed Ernesto Galli della Loggia): è solo colpa nostra questo incagliamento e conseguente incanaglimento progressivo e irreversibile delle defunte classi medie, impoverite da una grave e perdurante crisi economica, finanziaria, politica e sociale?

No, di certo. Infatti, è lo stesso Fubini a sostenere che: “Si può essere europeisti anche criticando l’Europa”, perché si deve e si possono correggere le storture di Trattati in parte obsoleti e per altri versi inapplicati, a tutto vantaggio ovviamente del più forte socio tedesco. Per non distruggere però contestualmente anche le cose buone dello stare assieme, occorre trovare i modi giusti per conciliare l’Ue con l’amor proprio nazionale. Fubini evidenzia il percorso fatto dalla Germania per “estrarre valore dall’Europa” dopo la caduta del Muro e la cooptazione nell’Unione dei Paesi dell’Est dell’ex Blocco sovietico. La cruda verità è che Berlino ha fatto di questi ultimi dei veri e propri Stati satelliti per la delocalizzazione delle sue industrie ad alta densità di manodopera, che si sono così avvalse di un costo del lavoro assai più basso che nel resto dei Paesi occidentali europei e dove per di più, essendo il salario minimo fissato per legge, in tutti questi anni non è aumentata la retribuzione media dei lavoratori locali al contrario di quella dei loro omologhi tedeschi! Paesi dell’Est come Slovacchia e Polonia hanno infatti una struttura dei costi che non è comparabile alla nostra. Per di più, i gruppi tedeschi condizionano l’apertura dei loro stabilimenti industriali in Slovacchia o Ungheria alla non tassazione dei profitti relativi! Ma anche il dumping fiscale operato da altri Stati dell’Unione, come Irlanda e Portogallo, ha estratto valore dall’Ue.

A peggiorare questo stato di cose, esiste poi una fascia dei Paesi del Sud che non riesce a stare al passo con l’Europa centrale, dato che l’attuale sistema risale a un’epoca in cui ci si era illusi di poter inglobare in tempi molto rapidi culture profondamente diverse dalle nostre! Quell’Europa, nota Carlo Calenda, “era, in fondo, figlia del mondo piatto e della fine fasulla della storia”. Anche perché sono in troppi a fare dell’Europa stessa un dogma indiscusso per cui non si possono tollerare né critiche né dubbi in proposito. Pochissimi dalle parti di Bruxelles sono disposti a parlare seriamente degli errori commessi in questi ultimi venti anni e delle occasioni perdute dalle leadership politiche e dai tecnocrati europei. La più grande e imperdonabile delle accuse che vengono mosse agli euro-sacerdoti e sacerdotesse, è di non aver banalmente previsto che non tutti i Paesi membri potessero trarre dall’Unione gli stessi vantaggi e che le differenze sostanziali nei regimi fiscali, bancari, di sicurezza e di welfare avrebbero creato nel tempo fratture scomposte e una irrimediabile zoppia nella ricerca di soluzioni comuni, vedi il nodo insolubile delle migrazioni di massa dall’Africa subsahariana.

Così volendo contenere la deriva dei conti pubblici fuori controllo, si è deciso, da parte dei Paesi della spesa allegra come il nostro, di incatenare la propria libertà d’azione al famoso vincolo esterno(di cui la nostra traduzione in Costituzione di parte del Fiscal Compact costituisce un esempio eclatante e masochista secondo la vulgata populista). Ovviamente, la frusta monetaria non ha affatto corretto i nostri vizi di fondo, convincendoci invece a diventare un po’ più levantini e furbi nelle trattative sul bilancio con la Commissione Europea, sfidando dopo le elezioni di marzo 2018 gli atteggiamenti rigoristi di Berlino e Bruxelles con il primo governo nazional-populista della storia recente d’Europa, nei cui confronti a quanto pare l’opinione pubblica italiana continua ad avere fiducia. Fubini tuttavia dedica criticamente un intero capitolo al peregrinare in giro per il globo(Washington, Mosca e Pechino) di Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che accusa di disertare le riunioni di Bruxelles per andare a corteggiare Cina, Russia e Stati Uniti(Paesi che guardano soltanto ai propri interessi geostrategici), trascurando così colpevolmente l’Europa, dove invece l’Italia può avere voce in capitolo come socio fondatore e terza economia dell’Unione, senza parlare poi del suo settore manifatturiero secondo soltanto alla Germania.

Perché, dice Fubini, ci si sbaglia credendo che la vera scelta sia fra l’integrazione europea e la preservazione della propria sovranità. No, al contrario: il sovranismo non temperato può indurre a scegliere “(…) qualche impero più lontano e meno democratico al quale finiremmo per doverci sottomettere in cambio di un po’ di aiuto, senza avere voce in capitolo sul nostro destino (…)”. Dobbiamo quindi parlare all’Europa con maggiore dignità e orgoglio senza “(…) sentirci persino più piccoli della Russia (…) quando invece sul piano economico siamo molto più grandi e più forti di lei (…). Dobbiamo ridurre il nostro enorme debito pubblico, ma ai nostri partner abbiamo il dovere di ricordare che il “(…) debito non finanziario nel suo complesso – quello dello Stato, delle famiglie e delle imprese che non siano banche o assicurazioni – è inferiore a quello di Svezia o Danimarca, e molto inferiore a quello dell’Olanda e dell’Irlanda, ed è più basso di quello della media della zona euro (…). Infatti, l’Italia “(…) genera tanto risparmio nei suoi scambi con l’estero, da così tanti anni, che alla fine del 2019 starà ormai finanziando l’economia del resto del mondo più di quanto il resto del mondo stia finanziando l’Italia. Il Paese si avvia a essere finanziariamente in attivo, non in passivo, nel rapporto con il sistema globale; creditore e non debitore netto del resto del mondo (…)”.

Esistono altre voci che servono a misurare le qualità di un Paese e una di queste è la mortalità infantile che in Italia “(…) è fra le più basse al mondo (…) per trovare qui da noi una frequenza di decessi di neonati simile a quella di Francia, Germania o Olanda -Paesi dove lo Stato spende di più per la sanità- bisogna guardare alle regioni più arretrate del Mezzogiorno! (…)”. Un Fubini nazionalista? No, ma come dice il titolo del suo libro, qualcuno che si sente solo un italiano cui non manca l’amor proprio! Per Calenda il libro è un piccolo capolavoro: “(…) non si tratta di un testo «freddo», ma di qualcosa per cui si avverte un grande Pathos nella descrizione di un’Europa vissuta nelle sue contraddizioni e su posizioni decisamente non ideologiche o pregiudiziali (…)”. Perché, poi, “(…) I nostri problemi nascono da quello che non facciamo e da ciò che facciamo! L’Unione”,  sostiene Calenda, “è un destino verso cui ci si muove con un grande complesso di inferiorità. Gli italiani lo vivono in modo conflittuale e se ne distaccano incoscientemente credendosi superiori! Politici e cittadini si comportano come bambini che nulla sanno del funzionamento dell’Unione, mentre l’Europa delle Nazioni si sta rivelando impotente per fare fronte al fenomeno planetario dell’immigrazione. E non c’è, come sostiene Carlo Padoan, che un «Sentiero stretto» per restare europei! (…)”.

Ma, si chiede Fubini, come si sono atteggiati in questo ultimo decennio gli europeisti italiani, anche se lui stesso ha evitato da giornalista di metterli in difficoltà temendo di portare acqua al mulino sovranista?

Non molto bene, visto che si è lasciato ampio spazio ai poteri forti europeisti per fare tutto ciò che volevano. Personaggi illustri come Napolitano, Amato, Prodi e tutto l’establishment ancorato al centro-sinistra hanno impedito che vi fosse una discussione autentica su ciò che era l’Europa! In questo decennio noi abbiamo solo subìto le conseguenze senza cogliere i benefici e le opportunità dalle grandi crisi relative all’avvento della Cina, al crollo di Wall Street e alla digitalizzazione. Altri Paesi asiatici hanno fatto le scelte opposte alle nostre investendo enormi risorse in ricerca e formazione. Per Fubini, “(…) occorre una serie urgente di aggiustamenti ma noi continuiamo a barare dicendo di voler continuamente cambiare le regole del gioco! L’idea del vincolo esterno ha attraversato la storia dell’Italia repubblicana anche in funzione di contenimento del Pci (…)”. L’Italia ha avuto in passato un miracolo economico con conseguente crescita impetuosa del Pil. Nel seguito tuttavia le cose sono radicalmente cambiate: infatti, se è vero che grazie alla meccanizzazione del lavoro agricolo la sostituzione dei buoi a tirare l’aratro fa aumentare il reddito più del mille per cento, nel tempo questo vantaggio tenderà ad annullarsi quando tutti utilizzeranno il trattore, cambiando così lo spazio comune del gioco economico.

“(…) E si cadrà così nella classica trappola del reddito medio dove non arrivando più a incrementare il Pil con la produttività lo si fa aumentando il debito pubblico. Al contrario di noi, la Corea invece ha investito moltissimo in ricerca e formazione facendo un salto epocale nella competitività dei settori di punta sui mercati internazionali (…). Applicare un vincolo esterno in democrazia è come imporre a qualcuno un po’ bruttino di dover assomigliare a tutti i costi a Brad Pitt (…). Vedrete, la Germania diverrà un regime del socialismo reale per aver nazionalizzato tutte le banche (…) E dire che la storia del bail-in(che noi potevamo evitare, come sancito dalla Corte Europea) ha molto rafforzato la propaganda 5Stelle (…) Poi, sarebbe un errore abolire l’Antitrust europeo per fare posto ai così detti «campioni»: dobbiamo ringraziare l’Europa per aver impedito la fusione tra Siemens e Alstom che avrebbe creato un monopolista unico nei trasporti. E se crediamo abolendolo di favorire la concorrenza in materia, è bene ribadire che i cinesi non hanno mai partecipato a grandi gare europee per la costruzione di treni ad alta velocità! (…)”.

Per Carlo Calenda, L’Italia è più Paesi in uno. Molto integrata dalla Toscana in su mentre lo è assai poco dalla Toscana in giù. “(…) Non abbiamo capito la profondità del progresso che è andato a mille all’ora mentre l’uomo è rimasto molto indietro e tutto quello che è umano se ne è andato. Ma in questo non siamo i soli: dappertutto i Paesi sono spaccati in due. Abbiamo pensato che progresso e tecnologia auto-risolvessero le proprie contraddizioni. Falso! Esiste un’Europa delle istituzioni, ma occorre di volta in volta essere presenti alle riunioni, ricercare e modulare le alleanze per vincere le battaglie. È vero che gli euroburocrati della bolla bruxelloise sono amanti dell’Europa, non fosse altro per il proprio tornaconto, ma è anche vero che occorre avere un rapporto con Russia e Cina che sono altro da noi! L’Europa resta un ancoraggio dell’Occidente che è un destino che va oltre Trump, anche se il Presidente americano ha fatto bene a sollevare la storia della forbice dei dazi a favore di Ue e Germania. Posso assicurare che nessuno della nostra classe politica conosce a fondo le questioni europee! Finché c’è la Nazione si difende l’interesse nazionale cercando però di affrontare le questioni europee in modo assolutamente non ideologico, anche perché alla prossima crisi rischiamo di restare al palo dato che non c’è più Obama ad aiutare con il suo interventismo. (…)”.

Per Galli della Loggia, il progresso tecnico coincide oggi con il capitalismo stesso da cui, pertanto, occorre prendere le distanze perché sta diventando incompatibile con la società democratica. La rottura Nord-Sud è sempre più evidente dato che tutte le politiche sono dedicate al Settentrione: così il Sud si vendica votando e disseminando le sue mafie al Nord! Per i tedeschi, anche i padani sono dei meridionali e noi non siamo riusciti ad adottare in politica estera un fronte comune con i… “Paesi del Sole(Spagna, Grecia, Portogallo), dato che questi ultimi intendono mantenere un rapporto privilegiato con gli Stati centrali. Così, noi diamo miliardi di euro a Erdogan per trattenere i migranti e fare un favore alla Merkel, senza ricordarci che la Germania ha estratto valore per centinaia di miliardi di euro dall’Europa dell’alta formazione, in quanto un esercito di brillanti laureati si è spostato in Germania per trovare un lavoro qualificato!

Insomma: Europa quanto mi costi! Vuoi andare ancora avanti così?