di Antonio Corona

“In bocca al lupo!”(non solamente per pudore, si omette la versione con protagonista il… cetaceo).

Quante volte lo si rivolge a una persona cara in vista di un esame, di un colloquio di lavoro, di una partita di pallone, di un evento importante, impegnativo, di una miriade di situazioni analoghe.

La risposta, attesa e scontata?

“Crepi il lupo!”.

Erore(sì, co’ ‘na ere in meno)!

Starebbe infatti prendendo piede… “Viva il lupo!”.

Dal sito Paesaggi d’Abruzzo: “Non tutti conoscono la bellezza del significato del modo di dire in bocca al lupo. L’augurio rappresenta l’amore della madre-lupo che prende con la sua bocca i propri figlioletti per portarli da una tana all’altra, per proteggerli dai pericoli esterni. Dire ‘in bocca al lupo’ è uno degli auguri più belli che si possa fare ad una persona. È la speranza che tu possa essere protetto e al sicuro dalle malvagità che ti circondano come la lupa protegge i suoi cuccioli tenendoli in bocca. Da oggi in poi non rispondete più ‘crepi’ ma ‘viva il lupo!’”.

Sarà…

Ergo, il lupo non ti sbrana.

Insomma, magari a trovarsi tra quei denti aguzzi.

Sarà…

Nel caso di incontro faccia a muso con il selvatico e famelico quadrupede in un bosco, è dunque legittimo immaginare che i suoi novelli aficionado non esiterebbero un istante ad allungare amorevolmente la mano per accarezzarlo financo, con fiducia e piena serenità d’animo, a mettergli in bocca i propri(“di loro essi”, non del lupo!) pargoletti.

E, sempre che non sia ormai già troppo tardi, non a darsela a gambe levate come tutti, invocando mamme e santi.

Di questo passo, prima o poi occorrerà rassegnarsi a rivedere la storia di cappuccetto rosso, della sua… “fortunata” nonnina fino all’arrivo del malvagio cacciatore.

Paese curioso, questo.

Emergenza.

Sempre che si sia disposti a riconoscerne la sussistenza, come e quando è da considerarsi superata?

Così, su due piedi, può incautamente venire da rispondere… :“Risolvendola!”.

Anche qui, erore(sì, di nuovo co’ ‘na ere in meno).

Calma, però, il lupo stavolta non c’entra assolutamente nulla.

L’“arguzia”, piuttosto, risiede nel derubricare l’emergenza a… fenomeno strutturale.

Sorta di magico esercizio di maquillage terminologico impostosi prepotentemente nel dibattito politico.

Ben prima, per esempio, dei recenti, confortanti risultati, che si spera si consolidino, riguardo il contenimento degli approdi alle coste nostrane.

“L’immigrazione? Ma quale emergenza… È un fenomeno strutturale con il quale dovere fare i conti nei prossimi decenni!”.

E amen, pazienza…

Se non fosse, in tal guisa, che le prefetture, già di sé col fiato corto, siano state e siano conseguentemente lasciate a fronteggiare un autentico… fenomeno strutturale epocale con strumenti ordinari e inadeguati; a fare da tetragoni frangiflutti alle veementi indisponibilità e contestazioni di sindaci e territori tanto infuriati quanto solleciti a indignarsi se etichettati di razzismo; ad assicurare – benché peraltro sovente e incomprensibilmente misconosciute – la attuazione, tra mille difficoltà, delle politiche del Governo.

Una azione straordinaria, quella svolta, improba di per sé.

Vieppiù complicata da accordi e protocolli stipulati a livello centrale di (eufemisticamente parlando) problematica applicazione; dal pesante aggravamento di procedure burocratiche che paiono affondare le radici essenzialmente in una preconcetta, potenziale delittuosità a tutti i livelli della massa dei dipendenti pubblici; da disposizioni differitrici di nodi al pettine prossimi a materializzarsi con l’uscita di decine di migliaia di migranti dalle rispettive strutture di accoglienza.

Prefetture sante subito?

Non esageriamo…

Certo però che insolentisce sentire da taluno sostenere che sia stata l’esplosione dell’immigrazione a risparmiare loro, non di rado ingenerosamente prese di mira e persino oltraggiate e sbeffeggiate, l’esecuzione completa di un intonato de profundis(v. prime stesure riforma p.a.).

Singolare, davvero.

Poiché, sommessamente e con il massimo rispetto, dovrebbero essere semmai i responsabili di turno della politica e lo stesso Paese a essere grati alle prefetture per il profondo senso dello Stato, del dovere, l’abnegazione dimostrati concretamente nella corrente al pari di ogni altra occasione.

Senso dello Stato, del dovere, abnegazione, con cui esse hanno contribuito e contribuiscono significativamente a scongiurare crisi acute dagli imprevedibili sviluppi, se è vero che lo stesso Ministro dell’Interno abbia a un certo punto temuto per la tenuta democratica del Paese.

Se qualcosa le prefetture possono temere per il proprio futuro, lo devono viceversa alla impopolarità, loro malgrado accumulata nel frangente.

Come va il p.i.l.?

Non male veramente.

Anno dopo anno, si è passati da un -2,5% circa, a un +1,5%.

Nondimeno, grattando la superficie…

Coprire i 100m. in un qualsiasi tempo, è tanto o poco?

Dipende.

Dipende dal confronto con le performance di altri atleti sulla medesima distanza.

Lo stesso vale appunto per il p.i.l..

Quindi, che valore rivestono quei dati nel confronto con gli altri (specie i maggiori) Paesi dell’Unione?

Per intendersi, precisando che – per evitare gli 0,00ecc. e quindi per comodità di lettura – crescita e decrescita, anziché in una realistica unità(1%), nella simulazione seguente sono ipotizzate “a botte” di teoriche decine(10%) percentuali.

Al di là dell’ordine di grandezza impiegato, quello che conta è che la sostanza del discorso non cambi.

Se si parte da una ricchezza pari a 10, scendere del 10% significa attestarsi a 9.

Cosicché, se successivamente da 9 si cresca del 10%, si arriva a 9,9, non si torna di nuovo a 10.

Sempre prendendo a riferimento 10(ricchezza), se si cresce del 10% il risultato è 11.

Prendendo due Paesi che partano entrambi da 10(invero, l’Italia si muoveva da condizioni decisamente peggiori), l’uno che decresca, l’altro che cresca, sempre dell’10% per farla semplice, dopo un anno il primo sarà a 9, il secondo a 11.

Si supponga che, l’anno successivo, entrambi crescano invece del 10%.

Apparentemente, la crescita è la medesima.

In realtà, in termini di ricchezza, il primo si stabilizza a 9,9, l’altro a 12,1.

La forchetta, cioè, è aumentata(da 2 del primo anno è diventata 2,2) e, pure poi nella ipotesi di stessa percentuale di crescita(+10%, appunto), tende a diversificarsi ulteriormente.

Tornando a dimensioni quantitative reali, si rammenti che nella recente recessione l’Italia ha segnato anche oltre -2% anno su anno, mentre altri competitor europei mantenevano il segno “+” e pure ora continuano a registrare tassi(in percentuale) annuali di crescita superiori.

In soldoni?

Aiutano a comprendere in proposito le variazioni percentuali del p.i.l. pro-capite in Europa nel periodo 2007-2016(fonte: elaborazione ImpresaLavoro su dati Eurostat, in Corsera, 22 settembre 2017, pag. 3): Germania, +7,8%; Francia, +0,6%; Irlanda, +31,4%; Svezia, +5,7%, Regno Unito, +1,6%.

Italia?

-9,8%!

Davanti soltanto a Cipro(-12,3%) e Grecia(-24,7%).

La crisi sembra finalmente alle spalle.

Tuttavia, per quanto schematizzato, persino nella fase di crescita il divario di quella nostrana con le più importanti economie del continente tende ancora ad ampliarsi, con conseguenze in prospettiva(indebolimento cronico del sistema Italia) non esattamente strabilianti.

L’Italia sembra un po’ come un pugile notevolmente smagrito, nonché infiacchito dai colpi ricevuti, che, ciononostante, si ostini a restare in piedi e a incrociare i guantoni con avversari nel frattempo invece ben alimentati e freschi di palestra.

Nondimeno, le vicende di Rocky e di Cinderella man infondono qualche speranza.

E meno male che il quantitative easing c’è, così drenando la lievitazione dei tassi di interesse sul collocamento di un debito pubblico attualmente al 132% circa nel rapporto con il p.i.l.(a proposito, che fine ha fatto il “fiscal compact” che lo pretendeva ridotto al 60% in venti anni, al ritmo, per l’Italia, di 45miliardi di euro l’anno, ovvero tre punti di p.i.l.?).

Debito pubblico al cui calcolo, “fortunatamente”, contribuisce da poco anche la ricchezza sommersa(/illecita) prodotta da attività quali prostituzione e traffico di stupefacenti(!).

Il gap prodottosi potrà essere colmato solamente con una imperiosa e duratura impennata dell’Italia, con una crescita, cioè, sensibilmente superiore agli altri Paesi, che permetta di recuperare almeno parte del terreno perduto.

Una necessità, questa, che potrebbe rivelarsi ineludibile e non mera opzione.

Il Papa e i migranti «Giusto chiedersi quanto posto c’è»(Corsera, 12 settembre 2017, prima pagina)

È lo stesso Papa dei ponti da costruire e dei muri da abbattere?

Alcuni si sono convinti per un intervenuto cambio di idea sulla accoglienza indiscriminata dei migranti, altri persino appuntandosi sul petto il merito di siffatta, asserita svolta.

Allo scrivente, che non soltanto su questo ne capisce moltissimo meno di tanti scienziati in giro a emettere sentenze, pare invece che il Papa sia il medesimo e che non abbia maturato un diverso orientamento.

Va da sé che il Successore di Pietro non faccia e non possa fare alcuna distinzione e preferenza tra migranti e indigeni, tra bianchi e rossi, neri, gialli.

Sono tutti figli di Dio, tutti fratelli di una unica grande famiglia, come tali meritevoli ugualmente di una vita dignitosa.

E queste ultime Sue dichiarazioni?

Secondo chi scrive, del tutto a digiuno di possibili retroscena ed elementi che non siano nella disponibilità di chiunque, viene da pensare che, mutatis mutandis, possa avere influito il ricordo di un episodio che si narra accaduto milleseicento anni fa.

“Un giorno, Sant’Agostino in riva al mare meditava sul mistero della Trinità, volendolo comprendere con la forza della ragione.

S’avvide allora di un bambino che con una conchiglia versava l’acqua del mare in una buca.

Incuriosito dall'operazione ripetuta più e più volte, Agostino interrogò il bambino chiedendogli: «Che fai?».

La risposta del fanciullo lo sorprese: «Voglio travasare il mare in questa mia buca».

Sorridendo, Sant'Agostino spiegò pazientemente l’impossibilità dell’intento ma, il bambino fattosi serio, replicò: «Anche a te è impossibile scandagliare con la piccolezza della tua mente l'immensità del Mistero trinitario».

E detto questo, sparì.”.