di Maurizio Guaitoli

Non solo di virus si muore!

Dopo mesi di lock-down che hanno causato la più grave recessione (e, forse, depressione) mondiale dopo quella del ‘29, le vittime di oggi e di domani sono e saranno soprattutto gli attori economici, aziende, imprese individuali e familiari, oltre a parecchi milioni di persone con occupazioni precarie e percettori di un reddito volatile che svolgono i cosiddetti lavoretti. Un Paese che si rispetti avrebbe per tutti costoro in mente una strategia, un progetto collettivo che sia l’esatto contrario dell’attuale assistenzialismo contrassegnato da un colossale helicopter-money, con centinaia di miliardi di euro di denaro pubblico preso a debito, per erogare sussidi a pioggia destinati a spegnere il loro effetto contro-recessivo in pochissimo tempo, soprattutto qualora nel prossimo autunno-inverno si riaprisse drammaticamente la partita della pandemia globale.

Occorrerebbe avere invece il coraggio di fare la mossa del cavallo, operando una tabula rasa della follia di decine di sistemi sanitari regionali e delle loro migliaia di centri di spesa locali, che creano sul territorio ogni genere di disparità: dai ricoveri; alle spese fortemente differenziate per l’acquisto di beni e servizi sanitari comuni; alla lottizzazione politica delle nomine di primari, direttori generali, amministrativi e sanitari. Per non parlare poi del reclutamento discrezionale di personale medico e paramedico, assoggettato a regolamenti simil satrapici dettati da faraonici apparati amministrativi delle aassll, che presentano un rapporto sperequato e assurdo tra burocrati e addetti alle cure, da riequilibrare drasticamente con il blocco del turn-over e con il ricorso generalizzato allo smart working nelle Pubbliche Amministrazioni. Serve, quindi, una… reductio ad unum dei centri di spesa in capo a un’Agenzia nazionale indipendente, mentre è da affidare al solo concerto tra Stato e Regioni l’alta programmazione territoriale del nuovo Ssn.

Quale potrebbe essere una prospettiva rivoluzionaria, rispetto a questo inferno di statu quo?

Indico due macro-aspetti per una forte innovazione etica, economica e sociale. Innanzitutto, nella scontata previsione di una moria di piccole imprese a carattere artigianale e con qualche decina di addetti ciascuna, attive in tutto l’indotto industriale e manifatturiero italiano(quelle, cioè, molto sottocapitalizzate e legate a catene di fatturazioni interconnesse poco flessibili a mesi di confinamento), si potrebbe giocare una carta consortile del tipo seguente. Favorire, innanzitutto, il rilevamento di queste attività produttive da parte dei lavoratori addetti, da associare in forme cooperative(diciamo “C”) e conglomerarne le filiere omogenee attraverso un mini Qe interno statale, che offra loro prestiti a lungo termine e a tasso zero di interesse per tutti gli investimenti necessari al recupero e al rilancio delle attività produttive relative. Al contempo, l’intervento pubblico deve poter contestualmente assicurare la costituzione di un serbatoio qualificato e indipendente(diciamo, “S”) di management distinto per filiere produttive, operato attraverso una selezione pubblica per merito professionale e per condotta morale di coloro che ne andranno poi a far parte. La corrispondenza biunivoca poi tra gli insiemi “C” e “S” fa parte di una semplice funzione di scelta da parte dei soci lavoratori(divenuti padroni della propria azienda), con l’accompagnamento della relativa proposta contrattuale.

In secondo luogo, la pandemia, che qualcuno sostiene sia la conseguenza drammatica e planetaria di un virus cinese, ha detto a chiare note (ma vale la pena di ribadirlo) una cosa che era ben nota da tempo: occorre tornare rapidamente indietro rispetto a questa globalizzazione incontrollata, che ha avuto inizio nel 2001 con l’ingresso facilitato della Cina nel WTO(World Trade Organisation) e consentito poi all’economia capitalistica di Stato di Pechino di finanziare in perdita, con parecchi trilioni di dollari statali, la sua irresistibile corsa alla supremazia economica (e politica!) mondiale, grazie al furto generalizzato di know-how occidentale da parte di Pechino e alla sua concorrenza assolutamente sleale, sia sul costo e la sicurezza del lavoro, sia sulla defiscalizzazione dei redditi d’impresa. Fattori questi ultimi che hanno stimolato la migrazione in Cina di interi comparti industriali strategici, europei e americani, provocando come ondata di ritorno la più grave disoccupazione di massa dei ceti operai e di quelli medi occidentali, scivolati progressivamente sotto la soglia di povertà. I mercati sono stati così inondati da un mare di merci di bassa qualità offerti a prezzi stracciati a miliardi di passivi acquirenti in tutto il mondo.

Ora, a mio avviso, l’unico modo di fermare questa offensiva ventennale è di far ricorso a un Qe adeguato per il rientro in Italia e in Europa delle produzioni strategiche, finanziando con aiuti di Stato una forte defiscalizzazione dei profitti e del costo del lavoro relativi, in modo che le imprese interessate, una volta rientrate, possano restare competitive sui mercati internazionali. Le risorse del Qe debbono poi potere erogare finanziamenti anche a fondo perduto, a sostegno della ricerca e sviluppo nei settori scientifici di punta, ai fini dell’innovazione industriale. In contemporanea, occorre lanciare campagne pubblicitarie ad hoc, invitando i consumatori interni a privilegiare i beni merceologici di qualità derivanti da produzioni esclusivamente nazionali, non più condizionate da capitali o da management esteri. L’altra grandissima mossa strategica, alla quale ho più volte accennato, è poi di contrapporre alla Belt&Road Initiative cinese un analogo progetto di grandi infrastrutture integrate interne alla Ue. Intanto, tra Usa, Cina ed Europa è in corso una gara aperta, che definirei come la geopolitica del vaccino, all’interno di un egoistico “si salvi chi può!”.

Oggi notiamo che il Mondo si sia fermato a causa di una particola virale di qualche centinaio di micron che, però, si riproduce a tempo di record nelle cellule umane essendo dotata di un fattore infettante straordinario, in grado di procurare la più grave pandemia dopo la spagnola del 1918-19, che fece all’epoca qualcosa come decine di milioni di vittime in cinque continenti. Il Coronavirus di Wuhan si è dimostrato meno letale della spagnola soltanto perché l’intero Occidente ha adottato in sua difesa l’antica misura medioevale del confinamento generalizzato, subendone contestualmente tuttavia gli immensi danni collaterali, dato che il virus ha bloccato come una pioggia di finissima sabbia gli ingranaggi della globalizzazione economica. Quindi, poiché l’epidemia prima o poi finirà e con il Covid si troverà a distanza di tempo una qualche forma di convivenza e di equilibrio biologico, di lei rimarrà una coda velenosa che separerà vinti e vincitori dal punto di vista sociale, economico e politico. La Cina li riassume tutti e tre avendone sperimentato per prima gli effetti e ritardato alcune settimane per informarne il resto del mondo con un gioco raffinato di disinformazione, negazione e rinvio che hanno trovato una sponda ossequiosa e efficiente nei vertici dell’Oms, intervenuti con grave ritardo dopo aver in ogni modo sottovalutato l’apparizione in Cina del Sars-Covid-2, di cui fin dall’inizio era stata ben chiara la sua trasmissione da uomo a uomo.

In questo senso, occorrerà un’inchiesta interna all’organismo per capire chi abbia dato per primo l’allerta, dato che esistono due mail concomitanti dirette all’Oms da parte di Pechino e Taiwan, dopo che quest’ultima aveva immediatamente preso la decisione di chiudere i voli e i traffici con la Cina, auto-isolandosi e salvando l’isola dall’epidemia(attualmente, nel suo territorio si registrano appena 429 casi e 6 decessi: un esempio per il resto del mondo!). Tutti ricordano, invece, che fino all’ultimo, per non dispiacere a Pechino, l’Oms ha ritenuto eccessiva e inopportuna la misura della chiusura del traffico aereo(quando invece ha rappresentato il vettore privilegiato per la circolazione mondiale del virus!), lodando al contrario i modi e i metodi con cui la Cina stava affrontando l’epidemia, senza accennare minimamente a quanto accaduto al medico eroe che aveva per primo scoperto il contagio ed era stato costretto come altri suoi colleghi a subire misure preventive di polizia per avere pubblicamente dato l’allarme sui social. Moltissime speculazioni, alcune scientificamente fondate, a seguito di una ispezione dei diplomatici americani del 2018 al laboratorio di Wuhan di livello P4(realizzato attraverso una cooperazione cino-francese, dove si manipolano i virus più pericolosi del mondo, come Ebola, Sars e Aids), riguardano proprio i laboratori sperimentali per la sicurezza biologica presenti nell’area cinese in cui è iniziato il contagio. Anche se il verdetto della comunità scientifica chiarisce che il Sars-Covid-2 è un… prodotto del tutto naturale, il cui animale-serbatoio potrebbe essere il pipistrello (di nuovo!).

Tutto ciò, tuttavia, riguarda il… prima. Il dopo, per tutto il mondo, è fatto di politica e di economia e si traduce in due questioni vitali per la nuova competizione tra Oriente e Occidente.

In primo luogo: chi vincerà la sfida della leadership mondiale tra Usa e Cina?

Secondariamente: come evolverà la Globalizzazione e come si trasformeranno di conseguenza le relative catene di valore integrate? È mai possibile che produzioni strategiche come la fabbricazione dei principi attivi dei principali farmaci e beni sanitari salvavita(antibiotici, mascherine, respiratori, etc.) provengano dalla Cina e che gli impianti occidentali dell’automotive si blocchino perché alcuni componenti fabbricati in Asia non siano più consegnati per il fermo produzione a causa del Covid-2? E che cosa potrebbe accadere un domani se Pechino decidesse di bloccare per motivi politici e di guerra commerciale quelle esportazioni strategiche? Come dovremmo reagire noi, europei e americani, che abbiamo viste terremotate le nostre economie a causa dei lockdown differenziati, che hanno già causato una forte recessione mondiale e, forse, una lunga depressione nelle aree più svantaggiate, mentre la Cina avrà già avviato con alcuni mesi di vantaggio la sua ripartenza, iniettando (prevalentemente a fondo perduto!) l’equivalente di alcuni trilioni di miliardi di dollari nella sua economia di Stato?

Come potremmo mai ritrovare le decine di milioni di posti di lavoro che perderemo a causa dei confinamenti, senza sfidare la Cina con un protezionismo compensativo?

Il confronto tra i sistemi democratici e il sistema dirigista del Partito unico di Pechino avrà come primo campo di battaglia proprio il controllo della popolazione suscettibile al Coronavirus, che la Cina può affrontare senza alcun problema, grazie al suo invasivo Surveillance State digitale, mentre l’Occidente sta andando in ordine sparso, divorato al suo interno dalle dispute più o meno di lana caprina sulla privacy dei dati sensibili sanitari. Ipocrisia massima, questa del Politically correct, visto che il conglomerato Gafa(Google, Apple, Facebook, Amazon) Usa ha già accumulato in un decennio uno sterminato serbatoio di nostri Big Data personali che noi abbiamo loro ceduto senza fare una piega!