Pietre

DiAntonio Corona

Lug 1, 2019

di Antonio Corona

A firma di Prefetto della provincia di Forlì-Cesena, su il Resto del Carlino-Cesena del 17 maggio c.a..

“”Gentile dr. Chesi,

seguo con interesse, non solo professionale, codesto prestigioso quotidiano, di cui tra l’altro apprezzo le diversificate opinioni.

Traggo spunto per una considerazione una tantum, di carattere assolutamente generale, dalla pregevole rubrica da Lei diretta, Noi Cesenati, del 4 giugno.

 Secondo dati diffusi dal Viminale, dal raffronto primo trimestre 2019/primo trimestre 2018, si assiste, in questa provincia, a una diminuzione del 20% dei reati, risultato peraltro di gran lunga in assoluto migliore a livello regionale.

Ciononostante, osserva una lettrice, “(…) attorno a noi tutti sono pienamente convinti che i reati siano in realtà in aumento e che la nostra situazione sia sempre più insicura. Le forze dell’ordine e i politici dovrebbero tener conto di queste sensazioni.”.

Come possibile motivo, Lei rileva come ciò sia ascrivibile alla “situazione di svantaggio”, da cui parte questo territorio, in ragione dell’incremento di furti del 300% registrato nel decennio 2005/2015.

I miglioramenti conseguiti successivamente, conclude, non sono ancora sufficienti, e dunque poco percepibili in termini di “sicurezza”, rispetto a quel drastico peggioramento.

Beninteso, può darsi che si sia colto pienamente nel segno.

Come contributo alla riflessione, si permetta nondimeno di rammentare, a conforto dei dati in esame, la posizione attribuita, a Forlì-Cesena, da Il Sole24ORE del 7 dicembre 2018, nella Graduatoria della quinta tappa-Punteggio riportato nei sette indicatori di “Giustizia e sicurezza”: 43^ – in ascesa, tra l’altro – su 107, fra le province italiane; 4^, su 9, tra quelle della regione emiliano-romagnola.

Non male, no?

Comprensibile la suggestiva tentazione di una qualche espressione di auto-compiacimento, magari corredata da qualche consunto luogo comune, del tipo “molto è stato fatto, ma molto vi è ancora da fare”, “guai abbassare la guardia!”, “è un punto di partenza, non di arrivo”.

Espressioni che però non mi appartengono e che si lasciano volentieri ad altri.

Non tanto perché, scaramanticamente, nel futuro – nonostante i sacrifici, gli encomiabili sforzi profusi dalle Forze di polizia, che non smetterò mai di ringraziare – anziché migliorare ulteriormente o rimanere perlomeno stabile, la situazione potrebbe mostrare segnali di un qualche peggioramento.

E allora, figurarsi, apriti cielo…

Quanto piuttosto poiché, in questo nostro meraviglioso, amatissimo Paese, quali che siano i risultati conseguiti, sembra vigere una legge, ferrea quanto inesorabile: quella del “sì, va bene… però…”.

Di fronte alla quale…

 Cordialmente.

Antonio Corona””

Insomma, però c’è sempre un… però.

Calano le denunce di reato?

“Sì, però non è in ragione dell’aumentato livello di sicurezza generale, bensì perché i cittadini hanno perso fiducia nella efficacia delle denunce, da cui il calo”.

Aumentano?

“Sì, però non è conseguenza di un rinnovato affidamento della gente nella azione degli organi deputati ma, purtroppo, di una situazione evidentemente peggiorata”.

Come cantava, Antoine?

“Tu sei buono e ti tirano le pietre… Sei cattivo e ti tirano le pietre… Qualunque cosa fai, dovunque te ne vai, tu sempre pietre in faccia prenderai. (…) Al mondo non c’è mai, qualcosa che gli va e pietre prenderai senza pietà! Sarà così finché vivrai, sarà così. (…)”.

Era il 1967.

Mille anni fa od oggi, cambiato qualcosa?

Una delle poche certezze rimasteci, era costituita dai numeri.

Ci si è messi a interpretare (strumentalmente) pure quelli.

Risultato?

Anche i numeri stanno diventando mera opinione.

E sì, perché dipende da come si leggano.

Con l’occasione.

Per il tramite delle Prefetture, Amministrazioni locali hanno o avranno facoltà di accesso ai dati(/numeri…) sulle denunce di reati conservati nel “cervellone” del Viminale.

Mmmh…

Piuttosto: e perché allora, a questo punto, non consentirlo direttamente anziché declassare di fatto gli UU.tt.G. a “stupidi” terminali altrui?

Encomiabile, in vero, l’intenzione di “contrastare” la percezione, singolare stato d’animo per il quale in pieno solleone, sebbene in assenza di alcun elemento obiettivo, ci si convince di una tempesta in arrivo se non addirittura già in atto.

Percezione.

Ovvero, passaggio da ciò che è a quello che si ritiene.

Possibilità di riportarla a ragionevolezza?

Non conforta un(/una) invasivo(/a) dibattito(/polemica) politico(/a) su mass media e social, che si nutre proprio del… “secondo me”.

Comunque sia, i prefetti partono con l’handicap.

In “cronaca”, non vanno i reati non commessi perché prevenuti, vanno quelli consumati.

I quali ultimi, appunto, incidono negativamente sulla percezione, specie poiché spesso è su quei fatti che viene martellata l’opinione pubblica.

Non di rado, a secondo degli umori del momento, si ha come l’impressione di essere attorniati da determinate condizioni di pericolo.

Tizio sbatte contro un palo?

Per giorni si è inondati da notizie analoghe.

Non importa se, a ben vedere, attengano a una manciata appena di episodi a fronte di sessanta milioni di cittadini.

C’è sempre qualcuno, o qualche improvvisato comitato di circostanza, a reclamare con inusitato impeto l’abbattimento indiscriminato di tutti i pali esistenti all’insegna della “emergenza pali!”.

Oggi i pali, domani le buche sulla spiaggia, poi le bolle di sapone che fanno scivolare…

Con correlata caccia aperta a colui(/coloro) che, pur… “deputato(/i)”, non abbia(/abbiano) impedito l’evento(!): “vogliamo giustizia!”.

Con una peculiarità.

Si ha come l’impressione che in questo Paese si stiano progressivamente confondendo ruoli e situazioni.

Per imprudenza, uno scalatore va a sfracellarsi su qualche spuntone di roccia e ci rimane?

Almeno in quota-parte, la responsabilità del decesso può finire con il ricadere su quelli che dovevano assicurare i soccorsi, chiamati sovente, oltre a mettere a repentaglio la stessa vita per imbecillità altrui, a doversi giustificare per primi del proprio operato(!).

Stringendo: la colpa?

Mica tanto dell’avventato alpinista, quanto di chi non lo abbia messo in salvo(!!).

Roma, La Sapienza.

Rave party, per definizione, non autorizzato.

Per parteciparvi, un ragazzo si è reciso l’arteria femorale nello scavalcare una cancellata(chiusa).

Pochi minuti e via, se n’è andato.

Una autentica tragedia.

Non si può morire così e così giovani.

Purtuttavia: finirà con il risponderne l’Università?

Scommesse aperte.

Tornando al punto.

Svolgere fino in fondo il proprio dovere, con passione, consapevolezza, lucidità, al meglio delle rispettive capacità, non ultimo quelle comunicative.

Per il resto, ogni tanto una cantatina con Antoine.

Alle brutte, un bel segno della Croce.