di Antonio Corona*

“(…) Piantedosi nel frattempo ha fatto sapere di sentirsi a posto con la coscienza, convinto di non avere commesso reati. È con lui Antonio Corona, presidente dell’Associazione prefetti, che dice di nutrire «massimo rispetto per l’operato della magistratura» ma allo stesso tempo «fiducia che, nel prosieguo della vicenda giudiziaria, sia acclarata la assoluta insussistenza di tali ipotesi di reato». (…) La tecnostruttura del Viminale, insomma, sembra avere deciso da che parte stare: ben venga l’azione della magistratura, ma esiste una sfera di governo, nell’esercizio e nella difesa della sovranità, che va rispettata. (…)”(Grignetti, F., Salvini, dubbi sul reato di arresto illegale-“Dal Ministro non ci fu un ordine preciso”, La Stampa, 28 agosto 2018, pag. 4).

Amen?

Seppur brevemente, l’articolo di Francesco Grignetti induce a tornare su di una questione che potrebbe rivelarsi assai più complessa e delicata di quanto già non appaia.

Una questione soltanto accennata nel richiamato comunicato-stampa di AP – qui in annesso – e meritevole di qualche notazione integrativa, sulla base degli elementi resi noti dagli organi di informazione e al netto di quali che possano essere sulla vicenda specifica le valutazioni di ordine umanitario e politico.

Chi scrive, non è un penalista.

Nondimeno, pare debba doversi logicamente ipotizzare che, a sostanziale fondamento della iniziativa della magistratura inquirente, decisioni e comportamenti assunti nella circostanza da Ministro dell’Interno e vertici del Viminale, siano stati ritenuti non sorretti da alcuna previsione giuridicamente giustificativa.

Quali, vengono immediatamente alla mente, quelle contemplate all’art. 51/1°c., c.p.: “L’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità, esclude la punibilità”.

Una sorta di esimente in bianco, questo art. 51, poiché rinvia ad altra norma dalla quale derivano il diritto o il dovere giuridico.

Una disposizione che ha appunto effetti giustificativo-permissivi, la cui conseguenza principale risiede nella disapplicazione della norma penale incriminatrice.

L’eventuale prosieguo del procedimento penale dovrebbe essere perciò chiamato a stabilire innanzitutto e proprio questo, se cioè si versi o meno nell’ambito di applicazione di siffatta o altra esimente.

Non si spiegherebbero altrimenti capi di imputazione e correlati avvisi di garanzia.

E ciò, evidentemente, a prescindere da ulteriori considerazioni, come quella di considerare Catania quale mero scalo tecnico e non porto sicuro di approdo finale.

Per altro verso, non convince il richiamo a un generico primato della politica, invocato a legittimazione delle decisioni adottate, sebbene a eminente connotazione politica appaiano le vicissitudini dei passeggeri del pattugliatore Diciotti.

Tale primato, infatti, si esplicita piuttosto nelle regole che nelle sedi deputate, in primis le aule parlamentari, la politica decide liberamente di dare e di darsi e che, come chiunque, è tenuta a osservare e rispettare nel perseguimento degli obiettivi che si sia prefissi.

In uno Stato di diritto, va da sé, ciò vale pure per il Governo, un qualsiasi Governo, da non potersi mai ritenere in alcun modo legibus solutus.

Viceversa, è al contempo assolutamente sacrosanto che la magistratura non possa, anzi, non debba, interferire con l’azione politica, ove questa si dipani nel rispetto delle regole.

Tanto premesso, e come possibile conclusione, forte è la suggestione procurata da una ipotesi di riformulazione dell’art. 2 TULPS, rapportata alla peculiarità e al livello inevitabilmente ultra-provinciale delle fattispecie da considerare.

Se non già esistente – ma che, si perdoni, a memoria proprio non sovviene – viene cioè da pensare a una previsione di carattere generale, opportunamente “palettata”, che, in casi di urgenza o per grave necessità pubblica, conferisca al Ministro dell’Interno(o, se si preferisca, all’Esecutivo considerato nella sua collegialità) la adozione dei provvedimenti indispensabili per la salvaguardia dell’interesse o della comunità nazionali.

In poche parole, provvedimenti amministrativi, straordinari, extra ordinem, contingibili e urgenti.

Strumenti di efficacia limitata nel tempo, snelli, agili, flessibili, finalizzati a gestire sul momento situazioni, pure di accentuata valenza politica, impreviste e non previamente normate.

Provvedimenti, beninteso, comunque sottoponibili all’eventuale vaglio di legittimità della magistratura amministrativa.

Provvedimenti che, nel periodo di loro vigenza e ove se ne ravvisi sussistente l’esigenza, permetterebbero inoltre al Governo di assumere iniziative legislative tese a disciplinare la situazione temporaneamente affrontata con l’ordinanza.

Si introdurrebbero così elementi di “relativa” certezza a sostegno di un agire non completamente in balìa di interpretazioni giuridiche, le più varie quanto sicuramente rispettabili, seppure non di rado di confliggente tenore.

È così, si permetta sommessamente di osservare, da cittadino qualsiasi, che il primato della Politica, della Politica con la P maiuscola, trova la sua più alta e nobile espressione.

Attraverso un confronto nelle sedi deputate franco, a viso aperto, appassionato, costruttivo, diretto alla individuazione di soluzioni finalizzate al soddisfacimento dell’interesse generale, consapevole delle correlate responsabilità.

Una Politica, in fine, che non scarichi sulle spalle di Ministri, pubblici funzionari, magistrati di turno, il peso delle conseguenze delle proprie non decisioni.

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi

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Annesso: il comunicato-stampa di AP

“Si apprende dagli organi di informazione che il Ministro dell’Interno, Sen. Matteo Salvini, e il Capo di Gabinetto, Prefetto Matteo Piantedosi, sarebbero indagati per sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio, riguardo i migranti fino a poco fa ospitati nel porto di Catania a bordo del pattugliatore Diciotti.

Massimi rispetto per l’operato della magistratura e fiducia che, nel prosieguo della vicenda giudiziaria, sia acclarata la assoluta insussistenza di tali ipotesi di reato.

Lo si auspica vivamente, non per prendere aprioristicamente le parti dell’uno e dell’altro, o per trovare un qualche spazio in un dibattito, troppo spesso alimentato da meri intenti polemici, dal quale si intende rimanere completamente estranei.

Lo si auspica piuttosto perché, al di là degli aspetti umanitari che interrogano senza sconti sensibilità e coscienza di ognuno, a torto o a ragione potrebbe altrimenti diffondersi la percezione che l’attuale quadro normativo, interno e internazionale, non offra adeguate risposte alla esigenza di garantire la frontiera meridionale marittima nazionale e dell’Unione Europea dalla arrogante prepotenza di quanti non si preoccupano certo di leggi e diritti delle persone, non facendosi scrupolo, per i loro traffici indegni, di usare i migranti, non importa se siano essi uomini, donne, bambini, come autentici scudi umani.

Specie in tal caso, la risposta sta e rimane comunque alla politica, a una politica che non si perda appresso a scaramucce dialettiche e luoghi comuni ma che sappia viceversa individuare, ove ritenuti occorrenti, soluzioni che coniughino il dovere di assicurare la effettiva salvaguardia degli interessi primari del Paese con, in questo caso, la tutela delle persone costrette a cercare lontano dalle proprie case, dai propri affetti più cari, una legittima speranza di dignità e di vita.

Guai a scaricare su Ministri e dirigenti di turno lacune normative e questioni irrisolte nelle competenti sedi, siano esse a Roma, a Bruxelles, altrove.

Ministri e dirigenti di turno chiamati a fare serenamente fino in fondo e al meglio il proprio dovere nei riguardi della intera comunità nazionale, che a tal fine dispongano degli strumenti occorrenti e non siano viceversa lasciati a operare in balia di irrisolte incertezze giuridiche.

È chiedere troppo?

Roma, 26 agosto 2018

Il Presidente di AP-Associazione Prefettizi

(Corona)”