di Maurizio Guaitoli

Avete presente il Montenegro?

Un piccolo Stato che si avvia al fallimento per essersi fatto ammaliare dai prestiti facili di Pechino, che finanzia con trilioni di dollari le sue nuove Vie della Seta, destinate ad avvolgere, come un’invisibile tela di ragno che scorre lungo i paralleli e i meridiani terrestri, tutte le maggiori aree geografiche strategiche della Terra, in cui si sviluppano e si diramano i principali flussi dei traffici mondiali, relativi alla produzione di beni lavorati e agli  scambi internazionali di materie prime. Porti, autostrade, grandi infrastrutture viarie e treni ad alta velocità, sono i nuovi ambasciatori dei fatti concreti, che la Cina intende sublimare al concetto di colonizzazione tradizionale: non armi, né eserciti, ma profonde dipendenze politico-funzionali ed economiche del resto del mondo nei confronti del rinato rosso-celeste impero. Così il Montenegro, pensando di accelerare enormemente il suo processo di sviluppo, si è fatto incastrare da un bel contratto capestro con la Cina, la cui Banca per l’import-export ha finanziato all’85% la prima delle quattro sezioni relative alla costruzione di una grande autostrada di montagna, lunga 165km, destinata a collegare il porto montenegrino di Bar sull’Adriatico con la Serbia, stretto alleato di Pechino nella regione. L’accordo prevede un prestito di 809milioni di euro, con interessi del 2%, mentre il pagamento è ripartito su 20anni e nessuna rata da pagare per i primi sei.

La costruzione è stata affidata senza gara d’appalto alla China Road and Bridge Corporation(Crbc), di proprietà di Pechino e una delle più grandi compagnie di edilizia al mondo che, ovviamente, impiegherà personale cinese nella sua realizzazione! Per contratto, finanziamento e completamento dell’opera sono presi in carico dalla Crbc che, al termine dei lavori, avrà in concessione per 30anni la gestione dell’autostrada stessa. Cosa che consentirà alla Road&Belt Initiative(Rbi), la nuova Via della Seta della Cina, uno sbocco(praticamente gratuito e redditizio) sull’Adriatico! Morale della favola: il Montenegro ha visto decollare il suo debito pubblico dal 63 al 78% e gli occorreranno altri miliardi di dollari, che non ha, per completare un’autostrada inutile: la gestione, infatti, è prevista in pura perdita per gli scarsissimi volumi di traffico coinvolti! Non riuscendo a ripagare il suo debito con la Cina (come del resto è già accaduto in situazioni analoghe a Gibuti, Mongolia e altri cinque Paesi che hanno aderito alla Rbi), il governo di Podgorica ha chiesto aiuto all’Europa. Qualora il Montenegro non fosse in grado di onorare il suo debito, è contrattualmente previsto che la Banca prestatrice prenda possesso a titolo di garanzia di parte del territorio montenegrino. Il che implica una perdita certa(anche se parziale) di sovranità a danno di un Paese povero. Tanto più che per contratto, in caso di dispute legali, sarà competente a dirimere il contenzioso una… corte arbitrale cinese!

A questo punto, ogni persona di buon senso capirebbe che la Rbi rappresenta esclusivamente un ottimo, planetario e redditizio affare per alimentare il progetto di dominio sul mondo del capital-comunismo totalitario cinese, la vera inquietante alternativa al liberismo tradizionale di estrazione anglosassone. Della faccenda sembra essersi accorto, nella sua ultima riunione di giugno, anche il pigro G7 che ha deciso di avviare una iniziativa congiunta per contrastare la mano pesante di Pechino nell’espansione delle sue attività strategiche, a spese dei Paesi in via di sviluppo. La mossa, abbastanza confusa, dei sette grandi dell’Occidente, soffre di uno strategico ù svantaggio iniziale, rispetto al progetto unitario e verticistico della nuova Via della Seta di Xi Jinping. Anche perché, fino a prova contraria, il travolgente sviluppo dell’economia cinese negli ultimi venti anni, per quanto riguarda la raccolta del cotone(di cui la Cina detiene il primato del 22% della produzione mondiale!), si è avvalso del lavoro coatto o forzato nello Xinjiang di milioni di Uiguri, minoranza etnico-religiosa musulmana.

Biden propone di rispondere alla Cina con una… tripla B(“Bbb”, ovvero Build Back Better, “Ricostruire meglio di prima”), consistente in una sorta di Piano Marshall verde, per rilanciare in chiave egalitaria e green l’occupazione nell’Occidente post-pandemia e nel resto del mondo. Negli Stati Uniti, Bbb si presenta con 7 trilioni di dollari di budget per la ripresa post-covid, da incardinare sui seguenti assi: investimenti in infrastrutture; creazione di dieci milioni di nuovi posti di lavoro nelle energie pulite; sussidi governativi a favore dell’edilizia residenziale, della formazione scolastica, delle imprese e delle cure sanitarie. Tuttavia, il famoso decoupling che intende svincolare l’Occidente dall’eccessiva interdipendenza economica con la Cina, spostando le catene di valore strategiche verso i Paesi del Sud-Est asiatico, come Taiwan e Singapore, non è un obiettivo facilmente raggiungibile nel breve-medio termine, soprattutto per le economie europee che sono meno attrezzate degli Usa nel sistema di supervisione degli investimenti stranieri(e cinesi, in particolare).

Ad esempio, nel 2008 la pandemia mondiale dei mutui subprime ha costretto Paesi profondamente colpiti dalla crisi finanziaria, come la Grecia, ad accogliere a braccia aperte capitali cinesi per l’acquisto del porto del Pireo, che ha consentito a Pechino di penetrare in profondità nei flussi commerciali che attraversano il Mediterraneo. Anche per il futuro, quindi, c’è da aspettarsi mosse a tutto campo da parte cinese per realizzare le vie di mare e di terra previste nel piano megalattico della Rbi, che la debole coesione dell’Occidente non sembra in grado né di contrastare, né di potergli opporre valide alternative. Di conseguenza, i timonieri dei Governi del G7 e del G20 sono avvertiti:senza corrispettivo adeguato non si cantano messe

Del resto, la brutale realtà double face delle nuove Vie della Seta di Pechino è chiara: dietro il lato accattivante della mano tesa si nasconde, come si è visto, un pessimo affare per le economie deboli di quei Paesi che si trovano sulla strada della Road&Belt Initiative e che decidano di sottoscriverne i contratti capestro, accumulando così debiti che poi non riescano più a ripagare. E allora… scatta la tagliola della cessione praticamente gratuita di materie prime e/o di sovranità, su porti(vedi il Pireo in Grecia!), autostrade, ferrovie e… parte del territorio nazionale.

Anche qui: l’Occidente che fa?

Si auto-rappresenta a parole come un vero campione di diritti e di progresso, senza disporre di un qualche strumento appena decente per attenuare, al suo interno, l’esponenziale e sempre crescente disparità di reddito tra i grandi ricchi(che pagano tasse ridicole avendo sede nei paradisi fiscali offshore) e gli estremamente poveri! Per i fatti concreti, del resto, pare che in questo emisfero ci sia sempre tempo!

Si parla in ogni “G-x” di fantomatici quanto probabilmente irrealizzabili Piani Marshall più o meno green, invece di concepire una strategia a medio termine estremamente ambiziosa, contrapponendo alla Belt&Road Initiative di Pechino una visione a medio-lungo termine, che contempli una grande e analoga super-infrastruttura fisica e digitale, per unire la catena montuosa del sistema centrale iberico di Spagna e Portogallo a quella degli Urali, coinvolgendo in pieno la Russia continentale attuale, per poi penetrare in profondità nell’Africa mediterranea e continentale, la terra ancestrale da cui tutti proveniamo. Per i relativi compiti di sviluppo, Ue e Usa dovrebbero costituire un Fondo comune euroamericano ad hoc, con una dotazione di parecchi trilioni di euro, pari almeno al doppio di quelli resi disponibili per il resto del mondo dalle banche di Stato cinesi per il finanziamento dei megaprogetti della R&BI!

Al macro-contenitore progettuale occidentale, così come individuato, va affidato il compito di realizzare grandi vie di terra e di mare e autostrade digitali, con il potenziamento dei porti continentali e la costruzione rapida di strade ferrate ad alta velocità, che eliminino tutto il trasporto intereuropeo su gomma, lento, costoso e fortemente inquinante. Le stesse risorse devono servire a potenziare tutti i porti africani strategici per le grandi rotte commerciali mondiali, in modo da creare un vero contropotere alternativo al dilagare dell’influenza della Cina nella regione. Occorre poi provvedere con la massima urgenza (Covid docet…) a istituire una Agenzia comunitaria di R&D, Research and Development, che metta a fattore comune le migliori risorse scientifiche e intellettuali dell’Unione, in modo da sfidare Asia e America sul 5G, sulle tecnologie informatiche ad alto contenuto di know-how, e sulle biotecnologie avanzate.

Ma serve, innanzitutto, una ferrea volontà politica comunitaria per riportare in patria le produzioni strategiche delocalizzate in Cina, ricorrendo a un’ampia defiscalizzazione del lavoro e dei profitti, attraverso l’erogazione di aiuti di Stato ripartiti secondo le priorità indicate in un programma ad hoc del Consiglio europeo. Se però andiamo avanti di questo passo, se ne riparlerà tra un paio di secoli!