Prima considerazione.
Per posizione e contiguità geografiche, pur con le controverse vicende che l’hanno interessata e continuano a investire, la Russia può essere considerata facente comunque parte a tutto tondo dell’Europa e, quindi, dell’Occidente?
Nel maggio 2002, l’iniziativa di Silvio Berlusconi a Pratica di Mare, culminata nella triplice stretta di mano con George W. Bush e Vladimir Putin, aveva finalità sostanzialmente propagandistiche o muoveva da questo o analoghi assunti?
Ankara, per effetto anche di un fazzoletto di territorio nel Vecchio Continente, è nella NATO e in attesa di essere accolta nell’Unione: Erdogan, “meglio” di Putin?
Seconda considerazione.
Specie in prospettiva, è plausibile asserire che Europa e Russia attuali possano avere bisogno l’una dell’altra – non in funzione anti-USA, s’intende – nella sfida della globalizzazione e non solo?
In alternativa a Mosca, quale altro Paese, nel mondo, potrebbe svolgere altrimenti lo stesso ruolo: la Cina, l’India, …?
Terza considerazione.
La Russia, nel contenzioso con l’Ucraina – contenzioso che pare in realtà non smettere di abbeverarsi agli orrori perpetrati in quel Paese da Stalin ai tempi della collettivizzazione della agricoltura e alla conseguente “vendetta” di Kiev all’epoca dell’Operazione Barbarossa – ha torto marcio.
Non si entra nel merito della controversia ma, si è convinti, situazioni del genere non vanno comunque risolte con la forza, bensì con la diplomazia.
Inoltre, ogni giorno che passa, oltre alle rovine, aumentano livore e rancore verso il rispettivo nemico di sempre, approfondendo il solco che separa Mosca e Kiev.
Possibile non ci fosse, non ci sia, una soluzione accettabile per entrambe?
A risposta negativa, dovrebbe concludersi che la disputa potrà risolversi soltanto con la sconfitta di uno dei due contendenti.
È verosimile?
Ci si poteva aspettare un ruolo più attivo da parte della comunità internazionale, che scongiurasse il passaggio dalle parole ai fatti e che ora cerchi di porvi rimedio?
Quarta considerazione.
Noi Europei, con tutte le cautele del caso, abbiamo scelto con chi stare nel suddetto conflitto(senza peraltro nessun obbligo discendente da accordi formali, come può essere quello scaturente dall’art. 5 dell’Alleanza Atlantica, Alleanza di cui Kiev, vale rammentare, non fa parte ancora ma alla quale ambisce): per difendere la democrazia, come si sostiene, per esserne i compiaciuti paladini?
E l’Afghanistan, allora, dove eravamo già presenti da un paio di decenni, lasciato poi da solo al proprio destino di punto in bianco, su decisione unilaterale, quasi che Washington avesse urgente necessità di chiudere quel fronte, con le nostre lacrime di coccodrillo copiosamente versate a margine dei quotidiani abominî che lì vengono perpetrati?
Quinta considerazione.
Come si fa a “stare” in guerra, per quanto per interposto soggetto, rimettendo ogni decisione strategica e tattica – segnatamente, riguardo a momento opportuno e modalità per la conclusione del conflitto – ad altri, mentre tutti noi Europei, meri portatori d’acqua, compresi noi Italiani, ci stiamo letteralmente svenando in ragione di una situazione economica che sta da tempo volgendo al peggio, pure in conseguenza del medesimo conflitto russo-ucraino in corso, accompagnata da una politica decisamente restrittiva della BCE?
Sesta considerazione.
È realisticamente immaginabile che la Russia sia disponibile a lasciare tutti i territori, a cominciare dalla Crimea, per i quali è in atto la “vertenza”, con il ritiro delle sue truppe, per non dire con una sconfitta cocente sulla sua porta di casa?
Di questo passo, considerate la determinazione e, al contempo, la comprensibile intransigenza dell’Ucraina, quanto si pensa possa durare ancora la guerra e, contestualmente, la tenuta dello scricchiolante fronte interno, a cominciare da una Polonia non più convinta a fornire nuovi armamenti a Kiev?
E se, Dio non voglia, fosse invece Mosca a prevalere, cosa accadrebbe?
Settima considerazione.
Intanto, mentre qui in Europa ce le stiamo dando di santa ragione tra di noi, ecco Hamas che, dando fondo a ogni strumento, anche di chiara matrice terroristica, attacca Israele, unica democrazia della regione.
Tel Aviv, come dalla stessa ammesso, è stata colta completamente alla sprovvista, impreparata a fare fronte a questa autentica mattanza, con civili, donne, uomini e bambini trucidati alla “Isis-maniera”, o presi in ostaggio(scudi umani?).
Tel Aviv, sì.
Sotto i cui occhi, meglio, sotto il naso e gli occhi dei suoi celebrati servizi segreti, Hamas ha organizzato sapientemente nell’arco di un anno, con l’aiuto o l’approvazione dichiarati pubblicamente di taluni Stati-canaglia, una azione senza precedenti che ha lasciato inorriditi e a bocca aperta il mondo intero.
Non vi è tra l’altro il pericolo che Mosca, per convenienze belliche di riflesso sul fronte ucraino, possa spalancare le proprie braccia(e arsenali) a tali tagliagole?
Ottava considerazione.
Sarebbe stato appurato che Hamas avrebbe introdotto numerose cellule dormienti in
Israele, entrate in azione al momento concordato.
Ora, è ipotizzabile che, se non immediatamente in un prossimo futuro, altre simili “cellule” possano essere infiltrate in Europa per ragioni di certo non commendevoli?
E nell’affermativa, queste stesse cellule, potrebbero prendere anche le medesime rotte dei tanti disperati che approdano numerosi alle coste nostrane o che si avventurano lungo improbabili percorsi terrestri?
Nona considerazione.
È un fatto che questo Paese sia rimasto pressoché indenne dagli attentati di matrice islamica che hanno interessato in un recente passato alcuni Paesi europei.
Al di là della pregevole azione di prevenzione posta costantemente in essere da magistratura e forze di polizia, ciò, senza ovviamente volere per questo colpevolizzare nessuno, è forse stato favorito anche dallo stanziamento o meno di importanti comunità originarie di medesime aree geografiche e culture?
Decima considerazione.
E Roma?
Oggi, con una Italia vulnerabile su più versanti, in primis quello del debito pubblico, ogni giudizio sui governanti di turno va necessariamente rinviato a tempi migliori.
Lo si dice senza alcun retropensiero.
Ben vengano, allora, le foto contrassegnate da sorrisi di interminabili, quanto non di rado inconcludenti, summit europei.
Come pure per il conflitto tra Mosca e Kiev, l’Europa, la grande assente, sta alla finestra nella terribile situazione in cui versano Tel Aviv e la popolazione palestinese bloccata nella striscia di Gaza.
Più d’uno, come tirando la palla in tribuna al grido martelliano di “viva il parroco!”, annette siffatta circostanza alla inesistenza dell’Europa politica.
Magari dipendesse soltanto da questo…
Si prenda per esempio l’esercito continentale, del quale periodicamente tanto si favoleggia.
Se pure si riuscisse a costituirlo, chi deciderebbe poi dove e come impiegarlo?
E con i tempi da Ent(v. Il signore degli anelli, n.d.a.) che abbiamo…
Sarebbe solamente pensabile – come ha viceversa disposto immediatamente Biden quale deterrente nei riguardi degli Hezbollah libanesi – mandare intanto una squadra navale con tanto di portaerei in medio- oriente, dispositivo militare che a breve potrebbe essere vieppiù implementato?
Ma dai…
Ci riempiamo la bocca con gli Stati Uniti d’Europa, ma dimentichiamo che uno Stato autenticamente federale vede fortemente accentrate alcune competenze rappresentate simbolicamente da: la spada(la difesa), la bilancia(la giustizia), la bandiera(la politica estera), la moneta(la politica economica generale).
Ma (ari)dai…
Se non riusciamo neanche a controllare i confini esterni dell’Europa…
Si vis pacem, para bellum, ammonivano i nostri antenati.
Il problema è che, da essere padroni del mondo ante-prima guerra mondiale, ci siamo ritrovati tutti assolutamente ridimensionati quasi senza interessarcene.
Nel secondo dopoguerra, per decine d’anni ci siamo posti al riparo sotto l’ombrello rassicurante degli Stati Uniti d’America, nella convinzione che quel mondo, bipolare, fosse eterno e che l’obiettivo fosse dunque essenzialmente quello di evitare per sempre nuove guerre in Europa – senza peraltro riuscire a scongiurare quella in atto – non spendendo tra l’altro un centesimo per la difesa, ubriacati, come continuiamo a essere, da slogan di stampo ultra-pacifista.
In tal guisa, dimenticando gli insegnamenti dei nostri avi latini.
E così, siamo costretti nella parte degli spettatori, impotenti di fronte a quello che ci accade, costretti sul divano a seguire cosa accade attraverso trasmissioni rigurgitanti chiacchiere a profusione: soprattutto, a fare gli scongiuri.
A ben vedere, forse l’unica, vera risposta che ci si attende agli innumerevoli quesiti, è: l’Europa?
Si è ben consapevoli che si fa presto a suscitare perplessità e interrogativi e che quelle che veramente contano siano le risposte.
Dunque, avanti, largo a critiche, idee, proposte e quant’altro si ritenga.