di Maurizio Guaitoli

A proposito dell’ircocervo M5S-Pd.

Stavolta, non stiamo su… scherzi a parte!

Però, come si dice tra amici, bisognerebbe che qualcuno si facesse… “visitare da uno bravo”, esperto in psicoanalisi.

Prendiamo l’abbaglio del sovranismo salviniano.

Onestamente, come si può scambiare un piranha per un pesce rosso?

Ovvero, come ci si poteva illudere di compagni di strada come i nuovi soci dell’Europa dell’Est che ti fanno grandi sorrisi nelle riunioni conviviali tra sodali ma che poi, quando si tratta di fare i conti veri, come suddividersi fraternamente i migranti dei barconi o permettere a un confratello di sforare sul deficit, per prima cosa pensano ai soldi e a mantenersi stretti i fondi europei generosamente erogati da Bruxelles, anche e soprattutto a spese nostre?

Sulle “invasioni barbariche”(immigrazione dall’Africa, in particolare) chi abita territori interni può edificare comodamente muri, mentre quelli come noi divisi da qualche miglio marino dalle turbolente coste africane e libiche non possono chiudere il Mediterraneo, né sperare in alcun modo nella solidarietà continentale. Questo perché, secondo i suoi detrattori, lo Scorpione di Rignano(reo del doppio salto mortale che lo ha condotto, Salvini dixit, con i suoi cento parlamentari “poltronisti”, a baciare il rospo giallo e benedire la santa alleanza antielettorale M5S-Pd) ha fatto a suo tempo harakiri prendendosi un’enorme massa di potenziali profughi(cosa che ha causato il repentino crollo elettorale del suo Pd!) per finanziare in deficit le sue generose elargizioni ai propri clientes dell’impiego pubblico.

 

Ma, a proposito di miraggi, Grillo e il M5S non stanno messi certamente meglio.

Ha fatto anche un po’ mestamente sorridere la conclamata richiesta iniziale di “discontinuità”(nella politica e nelle nomine) avanzata pregiudizialmente dalla Segreteria Pd, quando per tutti i posti chiave si è assistito a una rincorsa spietata da parte di chi nei Governi precedenti e in quello uscente aveva già occupato ambite poltrone ministeriali. A quanto pare, un accessorio indispensabile che tutti i politici e parlamentari italiani(anche di nuovissimo conio) tengono in tasca, per tirarlo fuori alla prima occasione utile, è quell’utensile svizzero multifunzione in dotazione ai boy scout contenente in un unico set le posate fondamentali(coltello, forchetta, cucchiaio e apri-bottiglia), per sedersi comodamente alla tavola della spartizione dei posti di potere. Già, perché i nomi incarnano i programmi, una volta in possesso della delega ministeriale. Così anno fatto “l’innocuo” Tria sedendo sulla poltrona che fu di Quintino Sella e il suicida hSalvini insediandosi in quello che fu il feudo per eccellenza della Dc al Ministero dell’Interno. Il primo ha tenuto ben stretti i cordoni della borsa del bilancio pubblico(dicendo fondamentali niet a tutti coloro che volevano sforare i parametri di Maastricht), mentre il secondo ha inteso demolire con pervicacia il monopolio delle Ong sull’accoglienza ai migranti, malgrado gli alti lai vaticani e dei benpensanti pariolini, come vantato dalla Lega.

 

Ora, che cosa resterà di quella stagione degli ex innamorati Giggino e Matteo Lo Scuro?

Semplice: il primo ha solo scambiato il “barbaro” del Nord Italia con quell’altro dalle vocali aspirate, cercando di piazzare la boutade di un Giuseppe Conte super partes che, quindi, non può essere considerato in quota stellata. Di quest’ultimo si narra la meraviglia dell’endorsement(ricorretto via Twitter) di Trump che, evidentemente, soffre di amnesia dato che Conte è stato un entusiasta sostenitore sia dell’accordo con la Cina per la partecipazione dell’Italia alla Nuova Via della Seta, sia dell’adesione al Global Compact Onu sui migranti, poi non ratificato dall’Italia per l’opposizione della Lega.

Che cosa perderà irrimediabilmente Di Maio con la sua scelta?

Molto, direi, perché lui farà la fine del grande pesce giallo esotico fagocitato nelle fauci del gigantesco squalo bianco comunista, che non mangia i bambini ma solo i bagnanti incauti che si spingono al largo, abbandonando le acque basse e sicure del contratto di governo. Infatti, a ben guardare, quello strambo tipo di accordo permetteva ai due contraenti di conservare perfettamente intatti i due rispettivi Dna politici: la Lega perseguiva i suoi specifici interessi così come i suoi “contraenti” del Movimento e nessuno pretendeva un’alleanza politica (come fa oggi il Pd) che avrebbe privilegiato il partner più scaltro e più esperto, con l’inevitabile forte perdita di identità del meno dotato.

Oggi, lo squalo bianco sta per digerire l’enorme pesce palla velenoso di color giallo pestilenza, rimasticandone addirittura la leadership(Conte, al posto di Di Maio e Di Battista, che però hanno conquistato sul campo decine di milioni di voti contro lo zero tondo-tondo dell’ultimo arrivato!). Molti che avevano scelto Grillo e Di Maio in funzione anti-establishment avranno modo di ricredersi amaramente e di vendicarsi cinicamente alla prossima tornata elettorale utile.

Infatti: che cosa accade quando la politica si allea con l’antipolitica?

Direi, un po’ la stessa cosa quando in fisica una particella incontra la sua antiparticella: le due si “annichilano” all’istante successivo alla loro collisione smettendo di esistere come tali! Il risultato dell’evento è la produzione di una radiazione gamma, o di nuove particelle di cui alcune avranno vita estremamente breve. Ecco: vale lo stesso per la politica. Almeno all’inizio, M5S e Pd coincidevano rispettivamente con l’elemento antipolitico e quello politico. Per ovvi motivi, si erano tenuti prudentemente a distanza, e il Movimento aveva alla fine preferito costruire un’orbita comune tra il suo elettrone stellato e il minaccioso neutrone leghista, più piccolo ma molto più… “pesante”. Il problema, come in fisica, è che il neutrone gioca il ruolo di protagonista nella reazione nucleare a catena. Ognuno vede da sé come il paragone con la realtà fattuale regga alla perfezione.

La domanda vera, pertanto, è la seguente: dato che ambedue sono inevitabilmente destinati a snaturarsi a partire da quel loro innaturale incontro (e questa degenerazione sarà sempre più marcata e profonda con il passare del tempo), che cosa ne sarà dell’uno e dell’altro?

Per capire, ragioniamo sulla loro materia costitutiva.

Il Movimento nasce sul mantra del “Vaffa” populista contro le leadership interne e mondiali, governate da oscure forze massoniche, mentre il Pd è oggi sinergico al sistema dei “Poteri Forti”, anti-populista per eccellenza, globalista, multilateralista, multiculturalista e favorevole da sempre alle frontiere aperte.

Su questi ultimi aspetti, in realtà, è avvenuta la mutazione genetica denunciata da Gianni Cuperlo per cui i progressisti divorziano progressivamente dalla classe operaia e dai ceti impoveriti dalla globalizzazione, per collocarsi stabilmente all’interno delle classi borghesi abbienti e imprenditoriali, contaminandosi per immersione nel sistema delle banche, passo inevitabile dopo il prosciugamento del finanziamento pubblico ai Partiti e il venir meno del generoso sponsor sovietico. In parole povere, il Pd attuale è il risultato del melting pot tra resti della Margherita rutelliana dei democristiani di sinistra e quelli dei sopravvissuti occhettiani alla fine del comunismo sovietico, che nel frattempo avevano sfumato il rosso in rosa socialdemocratico. Il tutto avvenne, però, “senza” che mai i suoi leader facessero abiura né del terrore staliniano e del suo genocidio programmato dei “nemici di classe”, né tantomeno del fallimento socioeconomico del suo modello produttivo e di sviluppo. Invito tutti a leggersi, in tal senso, il monumentale tomo di Le livre noir du communisme-Crimes, terreur, répression, Laffont editore, 1997. Il Pd attuale è di fatto alleato dei Poteri Forti, innamorato dell’America obamiana e clintoniana(nel senso di Hillary, musa  mondiale del politically correct). Il suo Dna anticapitalista si è trasformato in una chimera mondialista impregnata di relativismo culturale, di ecologia e di ideali multietnici. Praticamente, un passaggio indolore da Marx a Cristo facendoli nel frattempo sposare iconoclasticamente a “Mammona”, Dea del Profitto.

Per il M5S il passaggio cruciale è stato la mutazione da Grillo a… Grillo!

Sorta, quest’ultimo, di Guru-Frankenstein isterico e sproloquiante, privato da tempo della sua parte densa e pensante di materia grigia, a causa della scomparsa prematura di Casaleggio senior. Quindi, poiché (giustamente) quando l’anti-establishment si fa establishment prendendo il Potere(che, come noto, “non olet” al pari della Pecunia!), questi due caratteri solo apparentemente antinomici si legano saldamente come  elettrone e protone,  cariche di segno opposto, in  un atomo stabile, che poi si chiama Governo, Bilancio Pubblico, macchina dello Stato, Istituzioni, etc., con tutti i vantaggi irresistibili connessi. Questo perché le sedie delle stanze dei bottoni sono come quella elettrica. Ci sei incollato indissolubilmente anche se sai che qualcuno, prima o poi, attaccherà la corrente: ovvero, alla prima tornata di voto utile, l’elettorato spaventato dalle malefatte del Frankenstein lo spedirà nella soffitta dell’opposizione per un tempo che si prevede assai lungo.

Quindi: meglio togliersi adesso l’appetito, dividendo la tavola con il tuo nemico odiatissimo di sempre che, però, ha la faretra piene di frecce di cui tu sei totalmente sprovvisto per fare breccia in Europa e nell’alta finanza.

Infine, un consiglio disinteressato a Di Maio e Zingaretti.

Fate come gli imperatori cinesi: munitevi di un “assaggiatore” prima di gustare la minestra! Intanto, avete ragione voi: che sia benedetto il Potere!

Oggi, a Governo già nato, che cosa dicono gli Scacchi?

Per esempio, che il cavallo Di Maio ha saltato tre caselle (Presidenza e Vicepresidenza del Consiglio; Ministero dell’Interno) per finire spiaggiato come una balena gialla sui lidi inospitali della Farnesina. Da lì, la sua scarsissima conoscenza delle lingue e un pregresso di urticanti polemiche nei confronti dei Santi Patroni di Bruxelles, Merkel e Macron, ne farà un reietto gestito amorevolmente dalle balie del Deep State ministeriale e dai guardiani politici, come i suoi viceministri e sottosegretari. Giusta punizione, Grillo dixit, per aver sperperato un inestimabile patrimonio elettorale, lasciandosi dissanguare da quella volpe(finita in pellicceria, Andreotti dixit di Craxi) di Salvini. Così, di quattro incarichi gliene restano nemmeno la metà, dato che Grillo ha implicitamente “elevato” Giuseppe Conte a leader virtuale del Movimento. Già…

Ma i due guru Beppe-Casaleggio jr che ci guadagnano?

Soldi e tanto prestigio, dato che i loro parlamentari rimangono in possesso di palla e gli esponenti grillini di spicco partecipano come soci di maggioranza al sontuoso banchetto di spartizione delle nomine negli enti pubblici. Per non parlare, poi, del retro pensiero del Grillo Furioso, pazzo fuori ma grande calcolatore e stratega dentro, il quale giocherà con la capacità innata del Movimento di rendersi assai poco accountable con i poteri forti d’Europa(che non potranno mandare a casa questo governo per il terrore che torni in forze il sovranismo salviniano!), facendo passare non pochi guai al guardiano dei conti pubblici, guarda caso un navigato politico del Pd.

 

Del resto, nella casella nevralgica di Ministro dell’Interno Mattarella aveva assolutamente bisogno di collocare una personalità di decantazione, con grandissima esperienza, capacità di mediazione, fermezza e attitudine al comando.

Che cosa c’era meglio di un tecnico come la Lamorgese che ha rivestito incarichi ministeriali apicali e prestato servizio in aree “verdi”(Lega), come Prefetto di Venezia e poi di Milano, e per di più in… quota rosa?

Detto fatto. Quindi, l’ala destra è blindata. Rimane sempre in piedi per Grillo-Casaleggio la quisquilia di dover giustificare il doppiopetto di fronte a undici milioni di elettori che li avevano votati entusiasticamente per la loro vocazione antisistema.

Come, tutti costoro, interpreteranno l’attuale trasformismo del Movimento?

Per scalare la montagna del consenso perduto i Cinque Stelle devono puntare a indebolire da sinistra il Pd, riducendo quanto più possibile i margini dell’astensione. Tanto, nei momenti più critici potranno sempre ricorrere alla foglia di fico del voto su Rousseau per coprire qualche scelta scellerata della leadership del Movimento, come si è visto nel voto ultimo sull’alleanza e su Conte. Ma quanto varrà tutto questo lo si vedrà tra appena un mese, quando il Governo sarà chiamato al redde rationem del documento di bilancio, dove non potrà distanziarsi troppo dalle promesse di Salvini di abbassare le tasse. Per non parlare dei decreti sicurezza, acque termali leghiste, sulfuree e ribollenti.

Quindi, tenetevi forte, perché in ogni caso saremo sulle montagne russe della demagogia. Pur di non cadere nel baratro del populismo di ritorno è certo che Bruxelles allenti quanto basta i cordoni della borsa, lasciando ulteriori margini di flessibilità all’Italia che faranno solo crescere il debito pubblico.

E indovinate chi pagherà?

Naturalmente, i giovani di oggi e di domani. Che, però, in molta loro parte hanno votato M5S sulla falsariga di “Uno vale Uno”(ma Di Maio vale di più) in base a un folle principio a-meritocratico, per il quale continuano a essere tutti promossi a scuola per poi presentarsi come disoccupati cronici e riscuotere il reddito di cittadinanza, che ha beneficiato finora solo i navigator assunti a tempo determinato i quali si troveranno a gestire il nulla, dato che il lavoro in Italia non c’è se qualcuno non lo crea investendo e assumendo.

Ma, poi, davvero pensano che il Pd non li inghiotta nelle sue sabbie mobili rinviando alle calende greche la riduzione del numero dei parlamentari, che sconvolgerebbe non poco gli equilibri interni, sparigliando il pacchetto di mischia di deputati e senatori fedelissimi di Renzi.

Il quale Matteo non vede l’ora di ricongiungersi a Calenda e ad altri centristi per fare da terzo incomodo tra i futuri centrodestra(Lega, FdI, Fi, resti del M5S) e centrosinistra(Conte-Grillo e Zingaretti).

Chi vivrà…