Se la domanda è lecita(a chi si vuole che interessino le farneticazioni di un vecchio trombone andato da poco in pensione?), ancora maggiormente agevole è la risposta(che, infatti, si omette per… “auto-clemenza”).

Ciononostante, vale la pena correre il rischio.

E allora, come ai tempi andati.

Premessa, doverosa.

Quella dell’Interno, pur con tutte le riserve del caso, è e rimane una Amministrazione di punta.

La questione, dunque, consiste tra l’altro, per intuibili motivi, nel consolidare – e, se possibile, migliorare – siffatto status.

Uno dei problemi che più attanagliano la carriera, e non solo, attiene alla scarsa disponibilità di risorse di personale.

Ennesima prova in proposito, il recente interpello promosso dagli Uffici centrali finalizzato a reperire colleghi disponibili ad andare in missione(glub!) a Brescia: ovvero, in una delle piazze più importanti dell’intero Paese(ariglub!!).

È solo uno tra gli innumerevoli esempi, per cui come sorprendersi se quindi vadano deserti gli inviti a ricoprire gli incarichi di capo di gabinetto e, ormai, anche quelli di vicario.

Quale la risposta della Amministrazione?

Immissione di energie fresche(sempre benedette, per carità).

Peccato che gli annunciati, imminenti duecento(giusto?) nuovi dirigenti rivestano la qualifica di viceprefetto aggiunto e, in teoria, fino alla promozione a viceprefetto, siano inutilizzabili nelle aree a questi ultimi riservate.

Con una aggravante: al pari degli aggiunti già in carriera, conseguito il requisito minimo degli anni di anzianità necessari, e senza nemmeno essere sollecitati a chissà quali imprese e sacrifici, saranno tutti direttamente ammessi, a ruolo aperto, al corso-concorso per viceprefetti.

Circostanza da sola, si soggiunge, a fare venire comprensibilmente meno ogni disponibilità verso esperienze lontane e diverse da quelle gradite.

La ragione?

Non ultima, la assenza, per troppi anni, di nuovi concorsi.

Viene allora da chiedersi: si intende continuare con la logica delle inevitabili reggenze – spesso confliggente con i rilievi mossi dai competenti Organi di controllo regionali in sede di registrazione dei relativi incartamenti – o si prende finalmente atto della situazione e ci si comporta di conseguenza?

Ovvero, unificando gli attuali due livelli dirigenziali non generali(con contestuale previsione di opportuni interventi afferenti gli aspetti retributivi) o, in alternativa, consentendo a regime, nei casi di mancanza dei legittimi destinatari, la titolarità anche di aree “di” qualifica superiore, altresì prevedendo che la progressione in carriera sia significativamente determinata dalla rilevanza/qualità degli incarichi ricoperti(in luoghi diversi, beninteso), nonché dalle performance in essi realizzate dagli interessati.

Altro aspetto decisamente qualificante.

Come accaduto pure in occasione delle emergenze covid e alluvionali degli ultimi anni, le prefetture sono state chiamate a svolgere e a interpretare, se non pure a inventarsi, ruoli di primario rilievo.

Oltre ovviamente che sui prefetti, su chi, spesso se non esclusivamente, (le prefetture) hanno fatto affidamento?

Sui vicari e, quando… esistenti, sui capi di gabinetto.

Che, a loro volta, hanno dovuto mediare tra gli impegni correlati alla responsabilità di reggenze(quella di fatto svolta dai vicari riguardo i dirigenti dei servizi finanziari e di ragioneria reclama vendetta!) di vario tipo, da cui erano perciò già abbondantemente zavorrati, e le priorità dettate da virus vari e acque piovane in circolazione.

Senza stare qua a rimuginare sulla funzione di governo in capo alla carriera prefettizia, che peraltro sin da sola lo imporrebbe, si dovrebbero allora trasferire alcune competenze ad altri uffici, preferibilmente esterni.

Non è stato già fatto a suo tempo per gli “invalidi civili”, con soddisfazione, pare, degli stessi interessati che sembra proprio non abbiano avuto alcunché da recriminare al riguardo?

Oggi, il pensiero corre, ad esempio, al contenzioso, almeno a quello originato da atti di altri uffici.

Ognuno degli enti procedenti segua interamente i propri provvedimenti, fino alla decisione finale, in tal guisa evitando che questi approdino poi immancabilmente ai tavoli prefettizi.

I quali tavoli prefettizi, come se non bastasse, svolgono una funzione para-giurisdizionale(nel ricorso al prefetto), “retrocessa” successivamente a quella di “parte”(!!!)(nella eventualità, pressocché scontata, del ricorso al giudice di pace contro i provvedimenti adottati in prima istanza dalle prefetture).

Terzo, e per ora, ultimo profilo.

I dirigenti dei servizi finanziari e di ragioneria sono già di loro in numero inferiore a quello necessario per coprire tutti gli incarichi di pertinenza.

Perché allora non regionalizzarli, raggruppandoli presso le prefetture dei capoluoghi di regione sotto il coordinamento di un loro capo-staff(previsione che già in qualche modo andrebbe incontro alle loro comprensibili aspirazioni di maggiore spazio, se non, per dire, a quelle di accesso a una dirigenza generale nei territori di maggiore rilevanza), con le altre prefetture presenti nella regione con compiti di mero braccio operativo(un po’ come già accade nel rapporto con gli uffici del demanio)?

E perché non sfruttare le opportunità offerte dal lavoro a distanza per consentire al personale contrattualizzato di operare da casa propria per prefetture distanti anche centinaia di chilometri, evitando così deprecate “deportazioni”, in materie che non ne impongano la presenza in loco?

Sia chiaro, niente di nuovo sotto il sole, nel senso che da tempo AP sta proponendo dette ipotesi di lavoro.

Con quali esiti?

Non sembra occorrere… Schopenhauer per addivenire a una qualche conclusione, è sufficiente guardarsi in giro.

D’altra parte, ci vuole un coraggio da leoni per affrontare e fare le cose sul serio.

E se il coraggio non ce l’hai…

Assai più comprensibilmente rassicurante, invece, è rifugiarsi in percorsi ampiamente battuti in precedenza all’immancabile grido del non si è sempre fatto così?, corroborato dal chi lascia la strada vecchia per la nuova… o, meglio, dal celeberrimo aforisma datemi un precedente e rinnoverò l’Amministrazione!).

Procedendo, insomma, come oltre un secolo fa a Verdun, dove a lungo risultò prevalente la convinzione che, alla fine, avrebbe prevalso semplicemente chi avesse avuto a disposizione sempre nuovi contingenti di truppa da mandare a immolarsi.

E che in definitiva, a ben guardare, era in fondo tutta e soltanto una questione di… risorse di personale.

Con l’occasione.

Un sentito “in bocca al lupo!” al Si.N.Pre.F. per la piena riuscita dell’imminente convegno del 22 settembre p.v. a Milano Marittima.

Tema, il coordinamento.

*Prefetto in quiescenza

Presidente di AP-Associazione Prefettizi