di Maurizio Guaitoli

C’era una volta “La Mucca in corridoio”.

Adesso, invece, si intravvedono i… Draghi, molto più ingombranti, in apparenza. La storia ha una testa e una coda, come tutti i racconti(anche politici) che si rispettino.

Com’è iniziata la rivoluzione… gialla?

Aggiungendo un pizzico di polvere da sparo nel calderone immobile e stantio della politica italiana. I veri fuochi di artificio hanno avuto inizio con il successo elettorale di maggioranza relativa della protesta(di massa) anti-sistema, che faceva capo al Movimento anti-leadership di Beppe Grillo e di Gianroberto Casaleggio. Caso più unico che raro, però, a causa della finta retorica del rifiuto originario di qualsiasi alleanza con altri Partiti presenti in Parlamento, il M5S non solo non aveva ottenuto dal Presidente della Repubblica l’incarico al suo leader di formare un governo, ma per di più rischiava seriamente, dopo la lite con Renzi, di vedere neutralizzato il suo rilevante potenziale elettorale(pari al 33% dei seggi parlamentari) e di favorire la formazione di un governo elettorale per la fine anticipata della legislatura. Così nacque con il forcipe il primo Governo Conte gialloverde con la Lega, che sanciva il sodalizio tra populisti e sovranisti e, poi, con un altro triplo salto carpiato mortale, il Conte-II giallorosso con il Pd che snaturava l’intero Movimento in chiave rosa e sinistrorsa.

Che cosa lega le tre fasi del prima, del dopo e il presente di Mario Draghi?

La colla del Potere: questa è la sola risposta plausibile.

Fine della mascherata della democrazia diretta via Rousseau. Abbandono totale delle velleità di anti-leadership a favore del monopolio della leadership e della spartizione del potere a tutto tondo, pur di non andare al massacro delle elezioni anticipate. E, infine, apoteosi del trasformismo assoluto: sedere in Consiglio dei Ministri con gli uomini del… Demonio Berlusconi e con l’odiatissimo ex Governatore della Bce!

Risultato finale?

Volano coriandoli di Movimento Cinque Stelle. Gente che litiga, si separa, intenta cause civili al “Garante” e al “Reggente”. Uno spettacolo un po’ stravagante, con gente che da ogni versante politico registra dichiarazioni da pappagallino ammaestrato, recitandole con voce monocorde(spesso sgradevole) senza la minima passione e sostanza politica. Ed è così che tutto il potere che conta è finito nelle mani di Mario Draghi, grazie all’altro contributore netto della fabbrica della nebbia: quel Pd del dimissionario Nicola Zingaretti che, pur non avendo mai vinto una sola elezione dalla sua fondazione, ha governato più di ogni altro, tranne che nel breve intermezzo del Conte-I. Ovviamente, sempre evitando di fare quelle ultra-urgenti riforme di sistema che riguardano giustizia, pubblica amministrazione, fisco. Tre enormi macigni affidati ora nelle mani di Draghi(i governi tecnici, in fondo, sono lì per fare cose così scomode che nessun Partito vorrebbe intestarsi) che dovrà rimuoverli, senza per questo restare travolto dalle relative macerie.

Intanto, se Atene-M5S piange, Sparta-Pd non ride e dissemina pezzi smembrati di sé tutt’intorno a lei, a cominciare dalle spoglie dell’esausto e nauseato prossimo ex Segretario. Certo, l’epicentro del terremoto si chiama Matteo Renzi, essendo l’affossatore del Conte-II e il promoter del Draghi-I. Ma il toscano machiavellico è un locus e non l’accumulatore di energia. Quel tipo di propulsore risiede nelle grandi cattedrali della massoneria internazionale finanziaria di ispirazione rooseveltiana e keynesiana, come quella dei grandi banchieri centrali, tipo Draghi-Yellen, favorevole ai Quantitative Easing in presenza di crisi planetarie dei debiti sovrani e dei disastri economici provocati dalla pandemia di coronavirus(si vedano in proposito la politica della Bce e della Fed, con migliaia di miliardi di euro e di dollari iniettati nell’economia reale per il sostegno agli Stati e alle famiglie). E, non appena si è profilato il fallimento dell’operazione Recovery Fund(a sua volta finanziata per migliaia di miliardi di euro dall’indebitamento comune dei Paesi Ue, fatto eccezionale per gli standard tardigradi ed egoisti di Bruxelles!), a causa dell’insipienza e dell’incapacità manifesta del Governo assistenzialista “spendi-e-spandi” del Conte-II, è scattata la tagliola renziana dell’ago della bilancia che si è spostato improvvisamente di lato, facendo franare Governo, alleanza elettorale M5S-Pd e tenuta interna dei principali azionisti del Conte-II.

“Ben fatto, Matteo!”, direbbe qualcuno. Certo, lo scivolone saudita Renzi se lo sarebbe dovuto risparmiare utilizzando meno Ego e più buonsenso. Ma tant’è…

Quello che, invece, va tenuto d’occhio, è proprio Mario Draghi, e per due buoni motivi.

Il primo, è riferito alla leadership futura della Ue(oggi a trazione franco-tedesca), una volta che Angela Merkel si sia ritirata dalla scena politica, alla quale l’attuale Presidente del Consiglio potrebbe sostituire un asse Francia-Italia, che va dal braccio di ferro con Big Pharma e con Big Tech per la tassazione degli immensi profitti delle Major della Silicon Valley, per finire all’ipotesi di una Difesa e di una ricerca scientifica di base comuni, soprattutto nel campo dell’high-tech, dell’automotive e delle biotecnologie.

Il secondo, riguarda la nascita di un catalizzatore, necessitato e indotto proprio dalle modalità di insediamento e di funzionamento del Draghi-I, per la riformulazione dei contenitori politici e partitocratici italiani. Nel frattempo, infatti, la sinistra farebbe bene a tenere nel massimo conto i consigli di Pierluigi Bersani, Gianni Cuperlo e Walter Veltroni per ripartire con un progetto sul modello Ulivo-bis, e mettere così assieme un… campo vasto (tutti agricoltori politici, qui!), riunendo le anime sparse dei partitini di sinistra e un bel pezzo di pentastellati governisti che hanno tutto l’interesse a riconquistare spazi di potere nel 2023. Nel mentre, la Lega di Salvini-Giorgetti sta seguendo un suo percorso inedito per la teorizzazione di un… “sovranismo europeo”! Tutto cambi, affinché nulla cambi. Con buona pace del sovranpopulismo!

E il M5S che fa?

La Balena Gialla. Tenta, cioè, di rifare la Dc attraverso una mera sostituzione di… colori: da bianco a giallo, per l’appunto! Una sorta di pandemia politica, per cui determinate aree, in funzione dell’andamento dei contagi, cambiano colore nel tempo!

Ma, da oggi in poi, che cosa accadrà a un movimento antisistema che, pur di normalizzarsi in versione governativa, abbandona la propria anima alle ortiche?

Il problema che è proprio la leadership storica del Movimento a portare per intero la responsabilità di quanto è accaduto, avendo obbligato il più grande gruppo parlamentare dell’attuale legislatura a digerire ben tre governi non eletti dal Popolo, grazie all’avvallo maggioritario del gruppo di iscritti a Rousseau. Ovvero, quattro gatti se comparati a circa dieci milioni di consensi elettorali ricevuti nel 2018 e, successivamente, soltanto un anno dopo, crollati a metà di quella cifra originaria, in occasione delle elezioni europee del 2019.

Se uno vale uno su Rousseau(ovvero, “una testa, un voto”, fatto quest’ultimo riconosciuto universalmente e non solo sulla piattaforma!), è logico chiedere a Barbapapà Beppe Grillo e all’erede di Gianroberto Casaleggio come mai non si sia pensato e ragionato su di un meccanismo completamente diverso, invitando tutti i cittadini elettori del Movimento a scaricare una applicazione aperta di consultazione on-line, controllata ad esempio da alti magistrati in pensione(una sorta di Authority esterna super partes) per la verifica trasparente degli algoritmi di supporto e di voto, facendo scegliere i quesiti da specialisti di opinion poll ai fini della loro massima chiarezza e trasparenza.

Da oggi, con ogni probabilità, la navicella dei Cinque Stelle continuerà a perdere pezzi roventi nella fase di rientro a terra, sulla base di un implacabile principio di realtà, provocando rotture definitive e insanabili tra realisti governisti, da un lato, e puristi della prima ora, dall’altro, ben sapendo che molti degli uni e degli altri non ritroveranno più un posto in Parlamento alle prossime elezioni. Questo perché la loro evidente “democristianizzazione”, che passa per un nuovo compromesso storico con la sinistra ultra-governista di Pd e Leu, sguarnisce definitivamente il lato rivoluzionario dell’origine, soprattutto sotto il profilo dell’onestà mille volte rivendicata ma che, tuttavia, nell’atto pratico, è risultata la più grande nemica della competenza. Solo che, la Dc aveva un gene politico completamente atipico, grazie alla trovata geniale di un vero e proprio multipartitismo al suo interno, con una vera sinistra, un vero centro e una vera destra. Per di più, il suo potere reale consisteva nell’essere, come Balena Bianca anti-comunista, un grande attrattore di alleanze a tutto campo rispetto ai partiti minori(escluso il Msi), cosa che le garantiva sempre e comunque il protagonismo politico nella individuazione delle strategie di medio-lungo termine e l’assegnazione dei principali posti di governo, con particolare riferimento ai Ministeri con portafoglio.

A nulla varrà per il gruppo dirigente del M5S l’essersi rifugiato nell’ecologismo a tutto campo della rivoluzione green e dell’economia ecosostenibile, che può fare un buon numero di adepti nei tempi dell’abbondanza, ma essere oggi totalmente rigettata a grandissima maggioranza da chi aveva votato per il Movimento tre anni fa, considerati i grandi sacrifici che attendono i cittadini italiani nelle durissime fasi di ricostruzione post-pandemica, quando risulterà chiaro a tutti che la ripresa economica passa per una forte crescita in recupero del Pil nazionale, e non per una sua… decrescita felice! Ci sarà bisogno, cioè, nell’immediato futuro di classi dirigenti altamente competenti per tutte le fasi operative di gestione ed esecuzione del Recovery plan italiano, beneficiario entro il 2026 delle risorse finanziarie europee messe a disposizione dal Next generation Eu.

Mancando nello statuto del M5S un meccanismo standard in cui viene chiaramente indicata la procedura per l’investitura dal basso di un responsabile politico, come il Segretario del Partito, ancora una volta il destino del Movimento sarà dettato e indirizzato dal suo Garante, che oggi vede nella figura carismatica del centrista “democristianizzato” Giuseppe Conte il soggetto privilegiato che dovrà garantire l’amalgama elettorale, e non solo, con il Pd e la sinistra moderata. Il solo modo che resta al Movimento per creare un’alleanza vincente nella sfida del redivivo bipolarismo che, proprio i Cinque Stelle, nati come terza forza tra destra e sinistra rifiutandole entrambe, avranno in tutti i modi favorito con il Conte-II e la scelta del super-europeista Mario Draghi, l’ex nemico n. 1 del Movimento assieme all’Euro. Ora, se tutto questo più o meno ha un fondamento reale per capire il futuro prossimo che verrà, rimane sospeso l’interrogativo di chi si assumerà politicamente l’onere di farsi carico dell’opposizione alle misure economiche e ai processi di riforma istituzionale, che graveranno sulle ex fasce protette del lavoro pubblico e della rendita fiscale.

La strategia di Draghi è chiarissima: manovrare in libertà con la sua centuria di fedelissimi e silenziosi tecnici, suoi compagni di viaggio da sempre, per la… “messa a terra” delle risorse del Recovey plan, dando spazio contestualmente, a totale copertura delle vere attività di governo, al teatrino innocuo della neo-politica consociativa, alla quale si è volutamente lasciato tutto lo spazio mediatico disponibile per mettere in scena lo spettacolo poco decoroso e un po’ deprimente delle più bieche logiche spartitorie, nel caso recente delle nomine di sottogoverno, così come indicate dai Partiti attuali.

Divisi su tutto, fuorché nell’accomodarsi comunque sia alla tavola sempre imbandita degli incarichi pubblici, anche se, per qualcuno, visto il numero di postulanti, si è trattato dei soliti “pochi, maledetti e subito”.

Perché, in fondo, come dice il motto?

“Franza o Spagna purché se magna!”.