di Antonio Corona*

migranti_rotta_balcanicaAl pari dell’aspetto fisico, asciutto.

Diretto, intenso, sobrio, intelligente, sagace, essenziale, determinato, competente, disponibile all’ascolto, aperto al dialogo e al confronto.

Così, il 16 dicembre dello scorso anno, al primo contatto con le OO.SS. del personale della amministrazione civile dell’Interno.

Buon lavoro!, di cuore, al nuovo inquilino del Viminale.

L’esodo dei migranti verso il nostro Paese va fermato.

Costi quel che costi, se necessario con tutti gli inevitabili rischi che ciò comporti.

Pena l’innesco di una possibile emergenza sociale dagli imprevedibili sviluppi.

Ancora di più in ragione delle esperienze maturate in Iraq e Afghanistan appena qualche tempo prima, gravissime le responsabilità di Europa e Stati Uniti negli avvenimenti che in questi ultimi anni hanno funestato Africa settentrionale e medio oriente.

Quando sarebbe stato invece relativamente agevole debellarlo, colpevolissimi i ritardi e le incertezze nella neutralizzazione sin dall’inizio della minaccia dell’Isis, lasciato pressoché indisturbato a ramificarsi, consolidarsi, diventare riferimento e mandante mondiale di tagliagole, assassini, sbandati ed esaltati di ogni dove in cerca di autore, di un terrorismo fin qui dimostratosi sostanzialmente straccione quanto sanguinario e mediaticamente esibizionista.

Scartata a prescindere l’opzione boots on the ground in favore di droni, schegge di reparti speciali e aviazione, strumenti notoriamente complementari e dunque non risolutivi in sé; privilegiate posizioni prevalentemente attendiste; dispiegati enormi e costosissimi apparati di sicurezza, peraltro rivelatisi inevitabilmente vulnerabili(è stato addirittura ucciso un ambasciatore russo in diretta!), a difesa di innumerevoli e perciocché difficilmente (tutti allo stesso modo) difendibili “obiettivi sensibili” nei rispettivi territori.

Delegato ad altri il lavoro sporco in Iraq, Siria, Libia, in un intricato intreccio di alleanze improvvisate e contingenti in cui i componenti della medesima eterogenea “coalizione” possono al contempo essere ritenuti nemici, come nel caso, emblematico, dei curdi.

Così un “Occidente” sorprendentemente poi pronto a reclamare e meravigliarsi della crescente influenza di una intraprendente Russia…

Scivolato precocemente nel dimenticatoio il velleitario e imbarazzante ultimatum con cui Obama intimò ad Assad di astenersi dall’uso di armi chimiche, limite invalicabile oltrepassato il quale, proclamò solennemente il Presidente americano, sarebbe scattata una durissima rappresaglia.

Damasco fece orecchie da mercante, Washington rimase a braccia conserte, come paralizzata, senza reagire.

A superare l’impasse subentrò Putin, che non mancò di avvantaggiarsene.

Similitudini con la vicenda migranti?

Rotta balcanica sbarrata a suon di “civilissimi” euro ad Ankara, con l’Europa a voltare le spalle alle quotidiane violazioni dei diritti elementari della persona perpetrate dalla Turchia (anche) per prosciugare i flussi.

D’altro canto, ai tempi di Gheddafi, la stessa Italia non ebbe forse a comportarsi analogamente purché quel regime dispotico interrompesse, come fece, i flussi di disperati verso le sponde nostrane?

Provocatoriamente quanto si vuole, in precedenti circostanze si è ipotizzato su queste colonne come la riluttante Europa, potendo, non esiterebbe un istante ad affidare il proprio destino a novelle compagnie di ventura.

Una Europa che evidentemente crede di potere esorcizzare i suoi problemi dispensando denari a dritta e a manca, aggrappandosi a ogni possibile giustificazione della propria ignavia.

Per anni ha subordinato la adozione di incisive iniziative in Libia all’insediamento di un governo, legittimo, riconosciuto a livello internazionale.

Condizione infine realizzatasi, e…?

La conclamata irresolutezza continentale ha stavolta trovato comodo scudo in un neo-premier, Fayez Al Sarraj, che vive blindato in una base militare e non si azzarda a mettere il naso fuori della propria mattonella.

Almeno nel breve/medio periodo, quale possa essere – potrà venire da domandarsi – il valore di accordi con un esecutivo del genere…

Allo stato, Tripoli la sua sovranità non riesce a imporla e, semmai ne possieda, deve fare i conti (tra gli altri) con il generale Khalifa Haftar, il cui gabinetto a Tobruk è peraltro riconosciuto soltanto da taluni, nonché con una nutrita costellazione tribale.

Il tema è di non trascurabile rilievo, poiché intanto i flussi di migranti si vanno intensificando.

In teoria, ove la condizione per agire sia la non violazione della altrui sovranità, i suoi riscontrati mancato esercizio o inesistenza – su tutta la(/o parte della) Libia – dovrebbe risolvere il problema alla radice.

Quindi…

Ma purtroppo – soprattutto per noi – e diversamente da quanto avviene in Iraq o in Siria, il vecchio continente, decisamente avverso a diretti impegni, non trova nessuno disposto a combattere e morire in sua vece che non lo faccia già casualmente per interessi in qualche modo convergenti.

E a stringere, al netto di qualche aiuto finanziario e liturgica dichiarazione di solidarietà formale, impedita la rotta balcanica, per sigillare il suo versante meridionale all’Unione è bastevole chiudere le frontiere con l’Italia lasciandola, come si accennerà, da sola con il classico cerino in mano.

Comodo vivere e prosperare per decenni, neanche si fosse figli dei fiori, sotto il confortevole e rassicurante ombrello americano, a esso delegando ogni questione che comportasse dei “costi”.

Gli Stati Uniti stanno ora probabilmente perdendo interesse per il medio oriente, avendo (pare) conseguito l’autosufficienza energetica.

Si vedrà con The Donald, che in campagna elettorale si è premurato di precisare che la NATO non possa gravare cospicuamente e principalmente sugli Stati Uniti, ribadendo al contempo la ferma (si spera…) intenzione di farla finita con l’Isis una volta per tutte.

Non da oggi, domina intanto in Europa una idea di politica estera ostinatamente disgiunta dalla componente e dal deterrente militari, se non in ambito NATO(che meriterebbe un ampio capitolo a parte), benché siano duemila anni che la storia continui a riproporre periodicamente che si vis pacem, para bellum.

Come avvenuto per mezzo secolo a motivo dell’equilibrio imposto dal potenziale distruttivo di Washington e Mosca.

Si spera in un giorno in cui il mondo intero sia definitivamente liberato dalla terribile minaccia della guerra.

Ma cerchiamo almeno di arrivarci, vivi, e di essere presenti.

Energia.

Si dipende alternativamente dai gasdotti algerino e russo, dal petrolio dei Paesi arabi.

Con l’aggravante che mentre in Europa altri non abbiano esitato a percorrere la strada del nucleare, qui, pur con le centrali estere a un passo dai confini, si è scelto diversamente, cestinando, a inizi ‘80 del decorso novecento, anni di straordinarie e avanzatissime ricerche che, nel settore, avevano posto l’Italia nelle posizioni di testa a livello mondiale.

Come fricchettoni, si pretendono telefonini, internet, si disegnano avveniristici futuri tecnologici e tantissimo altro, senza però volere pagare nessun dazio, senza però rischiare alcunché di proprio.

Ci pensino le pale eoliche…

In questo pastone di ignavia e desideri irrealizzabili, la questione migranti.

Stando alle cronache, (almeno in teoria) il piano messo a punto dal Viminale appare decisamente ben fatto e articolato.

Se si fosse all’anno zero, viene però da pensare.

“Ti accolgo in Italia per il tempo necessario a verificare se ne hai diritto e, nella negativa, ti espello”.

Ineccepibile.

Se solo i Paesi di originari partenza o transito fossero disposti a riprendere coloro che tal diritto non lo abbiano, ovvero ciò che puntualmente sovente non avviene.

Il risultato è che si è infine costretti a tenerli sul territorio.

D’altronde, se anche fosse il contrario, al ritmo di diecimila espulsioni l’anno(dati comparsi sugli organi di informazione), quanti anni si metterebbero a rimpatriare – e quanto verrebbe a costare – non meno del 60% degli attuali 170.000(centosettantamila) ospitati?

Il tutto, mentre si susseguono ininterrotti gli arrivi.

Viene in mente Sant’Agostino sulla spiaggia a dialogare con un bimbo(/angelo) intento a svuotare il mare con una conchiglia…

Se pure si dimostrassero concretamente disponibili ai ricollocamenti, gli altri Stati europei si limiterebbero ad accettare tutt’al più i soli rifugiati politici, non anche gli (accertati o potenziali) clandestini.

Che rimarrebbero all’Italia.

Come si ricorderà, condizione preliminare stabilita dalla Unione per i ricollocamenti, è stata la apertura degli hotspot per la identificazione.

Fatto.

E l’Europa?

Cucù, condannandoci in forza di “Dublino” a doverceli riprendere se rinvenuti altrove.

E così, i furbissimi italiani, quelli che si ritengono più svegli e dritti di tutti, sono stati messi nel sacco.

Ci si è lamentati dell’Austria, che come altri si comporta come le conviene(notizie aggiornate sul muro al Brennero?).

Assai poco ci si azzarda a profferire su Ventimiglia.

Nel frattempo gli sbarchi continuano imperterriti, con tutte le navi – comprese quelle militari di altri Stati messe a supporto(!) della difesa(!!) della frontiera sud dell’Europa – a… collaborare nei recuperi sin quasi sulle spiagge libiche, per poi metterceli in conto sbarcandoli nei porti nostrani.

Ma il codice della navigazione, che stabilisce le regole dei soccorsi in mare, non dispone anche, per stabilire il Paese di primo approdo, che si faccia riferimento alla bandiera del natante a bordo del quale si sia accolti?

Non si è forse sufficientemente addentro alla materia e si porgono perciò anticipatamente le possibili scuse.

Dopo l’eventuale esito negativo del colloquio con la competente commissione, il procedimento innanzi l’A.G. si vorrebbe ora esaurirlo al giudizio di primo grado(nonché, viene da pensare, in ultima istanza direttamente in Cassazione).

Senza appello, cioè.

In controtendenza(!) con il d.lgs n. 142/2015 che appena un anno e qualche mese fa, così al contempo recependo specifica direttiva europea, ha di fatto dilatato significativamente i tempi della permanenza nelle strutture preposte(sprar, pochissime, ccaass, tantissimi), precedentemente circoscritta al momento della proposizione del (o allo spirare dei termini per il) ricorso avverso la decisione della commissione.

Motivo?

Non ultimo – congettura – per trattenere nei centri migliaia di persone che altrimenti si sarebbero riversate sul territorio, impattando sulle afferenti comunità.

Insomma, si è comprato… tempo.

Che, prima o poi, si esaurirà.

Si è proprio convinti che (stima prudenziale) il 60% degli interessati ritenuti senza titolo – ma, viene da chiedersi, anche tanti altri muniti di regolare permesso – accetteranno fischiettando di finire per strada, senza soldi e uno straccio di futuro?

I lavori socialmente utili, per dire, sono accettati dalle comunità locali perché gratuiti.

Cosa accadrebbe se si traducessero in qualche modo in attività regolarmente retribuite?

“Prima gli Italiani!”, pare sentire già riecheggiare nell’aere con tutto quel che ne può conseguire.

Finora, se non vi siano stati particolari incidenti, è probabilmente perché un migrante ha decisamente interesse a rimanere accolto nelle apposite strutture.

Chissà se rimarrebbe altrettanto tranquillo quando, per scadenza dei termini e delle condizioni, gli fosse imposto, insieme a tanti altri, di andarsene altrove nelle condizioni dianzi tratteggiate.

Si omettono ulteriori considerazioni su possibili effetti su sicurezza e ordine pubblico non ritenendo questa, almeno al momento, la sede idonea.

Integrazione: si salta a piè pari l’argomento poiché nessuno è in grado di dire in cosa dovrebbe consistere se non, a conti fatti, in un francescano “volemose bbbene”.

Con tutto il rispetto, se si pensa che tutto si risolva con qualche partita di pallone o la conoscenza di spezzoni di lingua italiana…

Accordo con l’ANCI.

Per motivi di spazio e per non abusare della pazienza del possibile lettore, ci si tornerà in altra occasione.

Basti ora rilevare che, in un sussulto di pudore, lo stesso Capo del Dipartimento dell’Immigrazione, rivolgendosi ai Prefetti, abbia sentito il bisogno di appellarsi alla loro infinita comprensione immaginandoseli, nello scorrere il protocollo, a bocca spalancata come Orazio Thelonius Ignatius Crostaceus Sebastian, il granchio della sirenetta.

Un accordo fondato sulla adesione volontaria dei Comuni, con correlata clausola di salvaguardia da ulteriori assegnazioni di migranti oltre il numero fissato, per quanti accedano allo S.P.R.A.R.(Servizio Protezione Richiedenti Asilo e Rifugiati).

Tanto così, cosa potrà accadere ove aderiscano i soli enti locali che nei rispettivi territori abbiano significativi margini di ospitalità, così di fatto limitandoli alle quote concordate, e non anche quelli che, a torto o ragione, ne siano invece privi?

Ancora.

Il piano, ambizioso e complesso, oltre che a una miriade di incognite e variabili, è subordinato alla durata dell’esecutivo che intenda attuarlo.

Perché tanto successo, in Europa e nel nostro Paese, della ricetta elaborata nelle stanze del Viminale, senza tra l’altro alcuna previa interlocuzione con le associazioni rappresentative del personale, almeno  per averne un contributo franco basato su esperienze dirette?

Perché, a ben vedere, non prevede impegni concreti da parte di alcun Paese dell’Unione – se non, al massimo, l’esborso di qualche euro – che in tal modo può argomentatamente mettere la questione in stand by.

In Italia piace perché consente a molti protagonisti della vita politica di ogni schieramento, pur consci della altissime difficoltà, di sventolare sul naso di una inquieta opinione pubblica desiderosa di messaggi di speranza, purché siano, una ipotesi di soluzione a oneri tutto sommato apparentemente trascurabili e sostenibili.

Ipotesi di lavoro, si ripete, ben congegnata, ma a notevolissimo rischio.

Nello scenario tratteggiato, le prefetture, come sempre, svolgeranno fino in fondo il compito loro assegnato, ci mancherebbe, benché, si permetterà, non si scorga cosa sia stato fatto finora per agevolarne in qualche modo e misura il compito.

Semmai, il contrario.

Quelle stesse prefetture che appena fino a qualche mese fa si volevano dimezzate, in prima linea pure nella recentissima emergenza neve e che potranno vedersi puntualmente scaricare addosso (anche) responsabilità non proprie.

Già, i “fusibili” del sistema…

Potrà bastare?…

Concludendo?

O si chiude il rubinetto, in qualsiasi modo e costi quel che costi, con tutti i rischi connessi, o il pavimento continuerà ad allagarsi con l’acqua a potersi infiltrare, minandole, sin nelle fondamenta non tanto delle prefetture, quanto dell’intera società.

Non porre un argine, adesso, può soltanto aggravare una situazione di suo non rosea.

E lo scorrere del tempo non aiuta.

Tanto, con le consuete, assolute sincerità e lealtà.

Tanto, rinviando ai precedenti interventi di questa AP sul tema, rimasti ignorati.

Tanto, con il vivo auspicio che i fatti smentiscano quanto qui tratteggiato.

*Presidente di AP-Associazione Prefettizi