di Antonio Corona

Diverso tempo fa, un autorevolissimo e stimatissimo collega si offrì di intervenire su queste colonne, purché sotto pseudonimo.

Seppure comprendendone le ragioni, la proposta non ebbe però seguito avvalendosi il commento, per precisa scelta, soltanto di contributi a firma… palese.

Tutti conosceranno lo schiaffo del soldato.

Gioco di gruppo, popolare negli ambienti di leva da cui deriva il nome.

Una persona, voltata di spalle, propone all’offesa la mano piegata dietro la schiena.

Ricevuto il colpo, alla “vittima” la successiva individuazione del responsabile tra “indici” a ruotarle vorticosamente attorno.

Decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165(Testo unico sul pubblico impiego):

“Art. 54-bis.(Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti)

1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all’autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, o all’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC), ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell’addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l’identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell’incolpato. (…)”.

Assonanze?

Da subito, a scanso di equivoci(non si sa mai…).

La legge è legge.

Piaccia o meno, in tutto o in parte, la legge va rispettata, applicata.

Se si ritenga che non vada bene, una legge può essere modificata, abrogata, nei modi consentiti persino confutata, non violata.

Ovvero, quello che vale ovviamente pure per la nostrana disciplina del whistleblowing(letteralmente, “soffiare il fischietto”, traducibile in “denuncia” sul posto di lavoro).

Convince il pubblico dipendente che segnali ipotesi di illeciti, un dovere civico.

Convincono le tutele da possibili ritorsioni.

Convince non altrettanto l’identità celata.

La Costituzione sancisce precisi diritti.

La libertà di pensiero, per esempio.

Un diritto nondimeno scolpito sulla sabbia, se ci si astenga dall’esprimerla apertamente per timore di eventuali conseguenze.

Una Costituzione è viva ove tale la rendano i cittadini, non se relegata su di un immaginario comò come vacuo soprammobile istituzionale.

Diseducativo dunque, ad avviso di chi scrive, il messaggio di accusare qualcuno giovandosi della garanzia dell’anonimato.

Improponibili i paralleli con testimoni e collaboratori di giustizia, a costante rischio della stessa vita, loro, e dei propri cari.

Nei sensi appena esposti e qui delimitati, il sistema del whistleblowing può tra l’altro ingenerare e diffondere un clima di sospetto, nocivo all’interno di un qualsiasi ambiente di lavoro che dovrebbe agire come una squadra.

Una cappa di diffidenza che, nell’opinione pubblica, sembra peraltro già avvolgere la generalità dei pubblici dipendenti.

Decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33(Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni), art. 1(Principio generale di trasparenza):

“1. La trasparenza è intesa come accessibilità totale dei dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, allo scopo di tutelare i diritti dei cittadini, promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa e favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche.”.

E l’art. 5, come sostituito dall’art. 6/c.1, d.lgs n. 97/2016:

“2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo (…) chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione (…)”.

Sembra quasi – al netto di troppo spesso enfaticamente dichiarate, “immancabili” eccezioni(che paiono tanto di pura maniera) – che gli uffici pubblici siano covi infestati da nullafacenti e da manigoldi, sempre pronti a tramare e a delinquere nell’ombra, al riparo delle mura degli edifici che li ospitano.

Come si accennava, si fa un gran parlare di etica e di valori.

Assai meno di onore e coraggio, da non assimilare tout court all’eroismo.

Bene, le sanzioni.

Al contempo però alimentando incessantemente – se occorre, rivitalizzando – l’orgoglio di appartenenza a e in una categoria, quella dei pubblici dipendenti, di cittadini chiamati a operare esclusivamente per e in nome del supremo interesse generale.

A proposito di educazione dei figli.

Pedagoghi sconsigliano vivamente di trattare un figlio svogliato alla stregua di un fannullone.

A dispetto delle intenzioni, invece di suscitarne la auspicata, positiva reazione, si rischia di indurlo a comportamenti coerenti con la considerazione che, di lui, a torto o ragione gli si ostenta.

Occorre viceversa stimolarne le migliori risorse.

Dovrebbe costituire prassi svolgere al meglio la propria attività, contribuire a risolvere e superare le criticità.

Come parimenti segnalare, con senso civico, ipotesi di illecito.

Non, viceversa, essere incentivati alla denuncia anonima, così potendosi infine ritrovare ridotti, tutti, a potenziali delatori.

Di questo passo, si faticherà a trovare testimoni(veri…) addirittura di un semplice incidente stradale…

La leva è stata abolita, ai nostalgici, allora, senza rimpianti, lo… schiaffo del soldato.

Un popolo coraggioso, consapevole e responsabile delle proprie azioni, non si perde d’animo, non si abbatte nelle difficoltà, crede in se stesso, si rimbocca le maniche, lo sguardo rivolto al futuro con fiducia e speranza, convinto che un mondo migliore sia possibile.

Su questo si gioca gran parte del suo destino.

Romanticherie?

Chissà…

Sempre che non si oda riecheggiare nell’aere quello che, costretto all’abiura, ebbe a proferire il Galileo di Bertolt Brecht: “sventurato quel popolo che ha bisogno di eroi”.